Sono passati ormai quarant’anni dalla loro formazione e sei dall’uscita dell’ottimo “Zero Days”, e per la band fondata e più volte rifondata dal cantante e chitarrista Tommy Victor era dunque il momento – archiviati gli ostacoli pandemici ma anche alcuni piacevoli eventi che lo hanno per sua ammissione coinvolto nella vita privata – di tornare con un nuovo lavoro. Un lavoro creato a quattro mani con il produttore e bassista Steve Evetts (Sepultura, The Dillinger Escape Plan ed altri) che potesse riportare sulle scene una delle realtà storiche del metal industriale americano e non solo (innovatori al punto da ispirare “Machine Head, Static-X, Korn, Nine Inch Nails”, ma anche White Zombie e Pantera), trascendere i generi fondendo ancora una volta “punk, metal, post-punk noise, doom, blues e thrash”, sperimentare senza paure come si conviene ad una realtà da molti definita “rivoluzionaria” e magari restituirci un po’ di quella geometria chirurgica, di quel riffing viscerale e tagliente, che ha permesso al loro “Beg To Differ” (1990) di essere definito un esempio di classic heavy metal perfection ed uno degli album metal più innovativi di tutti i tempi.
Con una line-up completata per l’occasione dal batterista Griffin McCarthy, peraltro già sostituito da Jason Bittner (Overkill) per il prossimo tour europeo con i Life Of Agony, i Prong si presentano dunque con una “The Descent” compatta e tirata all’insegna del thrash moderno sdoganato ai tempi da MTV, ripetitiva e martellante proprio come ce la saremmo aspettata. E, come da copione, del disco traspare subito l’eccellente produzione, con chitarre e batteria tenute in un primissimo piano che – chiedere alle sfortunate parti di basso – non fa sconti: le frequenze agli estremi sono quelle portate maggiormente in risalto, secondo quello schema di equalizzazione a “V” che ha caratterizzato il genere groove/industriale anche dal punto di vista della resa sonora. Caratterizzati da frequenti break che esaltano ulteriormente la dinamica del disco, tutti i brani riescono a coinvolgere più per la potenza dell’impatto ritmico (“Breaking Point”) che non per una qualche ricerca melodica e, al di là dell’indiscussa capacità di innovazione dei nostri, nella prima parte dell’album è soprattutto l’hardcore newyorkese a saltare alla mente. Considerazione interessante perché i Prong, facendo anche leva sulla loro storia e sui suoni esplosivi, riescono nella non-scontata opera di attualizzare un sound ed una scena della quale recentemente si è sentito parlare meno: e invece la libertà espressiva della quale Victor sembra godere anche in questa occasione (“Obeisance” e le sue aperture di stampo progressive), e che in qualche modo esiste nello stesso DNA della sua band, gli permette di infondere nuova vita al classico reinterpretandolo con convinzione (“Light Turns Black” è anche un po’ Testament primi anni novanta) ed inframmezzandolo ad episodi più catchy (“Disconnected” è distensiva e “Non-Existence” semplicemente deliziosa) che danno un contesto, attenuano l’effetto nostalgia ed aiutano l’ascoltatore a mettere a fuoco il tutto.
“State Of Emergency” convince non solo per la notevole energia che il trio è in grado di sprigionare, anche grazie all’eccellente drumming di McCarthy, ma anche per una tracklist furbetta che – se si escludono un paio di episodi forse ridondanti (“Who Told Me”, “Compliant”) – rispolvera il passato senza che tu debba necessariamente pensare agli anni che sono trascorsi, affogare nei rimpianti né sentire da qualche parte la puzza di vecchio. E l’ispirazione con la quale è stata reinterpretata “Working Man” dei Rush, abbassandone la tonalità e rallentandone il ritmo perché rientrasse nei parametri fissati da “State Of Emergency”, sono un’ulteriore riprova della voglia e dell’orgoglio con i quali questo album è stato composto in questi sei lunghi e densissimi anni. Perché, in fondo, nel rimarcare la propria identità, nel ripercorrere i binari del proprio stile e ribadire la forza della propria storia non c’è colpa, né presunzione, né davvero nulla che possa compromettere le sorti di un disco e di un atteso ritorno. Come nella cultura steampunk, i Prong del 2023 raccontano il passato come se il futuro fosse arrivato prima, un artificio che permette loro di suonare un metal che non sapresti se definire vecchio o moderno, superato per la sua testardaggine ritmica o straordinariamente attuale nel suo approccio asciutto, diretto ed esplosivo. Come se dai tempi di “Beg To Differ” fosse cambiato tutto, insomma, o piuttosto non fosse cambiato niente. In ogni caso continuando a solleticarci con un’ambiguità dirompente e che vale ancora la pena ascoltare.

Etichetta: Steamhammer / SPV Anno: 2023 Tracklist: 01. The Descent 02. State Of Emergency 03. Breaking Point 04. Non-Existence 05. Light Turns Black 06. Who Told Me 07. Obeisance 08. Disconnected 09. Compliant 10. Back (NYC) 11. Working Man Sito Web: facebook.com/prongmusic |