Recensione: Katharsis

I Praying Mantis stanno finalmente giovando di quella stabilità in line-up che mai li aveva contraddistinti prima. In seguito all’innesto del chitarrista Andy Burgess, di casa ormai da un quindicennio, “Katharsis” è il terzo disco consecutivo che vede la medesima formazione, con gli ottimi John Cuijpers (voce) e Hans in’t Zandt (batteria) ad affiancare gli storici fratelli Troy.

Il nuovo album della band non poteva allora che beneficiare di questa situazione positiva. Il dodicesimo platter in carriera per i nostri è infatti un lavoro diretto, solare e ricco di canzoni in grado di appassionare fin dal primo ascolto, ma allo stesso tempo sofisticate.

Cry For The Nations” e “Ain’t No Rock’n’Roll in Heaven” sono potenti e corali, la dolcissima “Closer To Heaven” e la seconda ballad “Find Our Way Back Home” risultano invece più intime: il risultato non cambia, però, nel consegnarci pezzi efficaci e di presa assicurata. Da questo punto di vista non fa prigionieri la frizzante “Long Time Coming”, inno alla vita on the road davvero irresistibile.

In generale, tutti i brani dell’album rivelano notevole raffinatezza, cura e attenzioni ai dettagli. Quando poi il minutaggio sale, come nelle ottime “Sacrifice”, “Don’t Call Us Now” e “The Devil Never Changes”, il gruppo mostra un’attitudine al limite del prog.

Katharsis” farà la felicità di tutti gli appassionati delle melodie in bilico tra l’hard rock e l’AOR. Un disco che ci riconsegna ancora una volta i Praying Mantis in ottima forma: sacrosanto riscatto per quelli che per troppo tempo sono rimasti eroi dimenticati della NWOBHM.

Matteo Roversi

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Nerd e metallaro, mi piace la buona musica a 360 gradi e sono un giramondo per concerti (ma non solo per questi). Oltre al metal, le mie passioni sono il cinema e la letteratura fantasy e horror, i fumetti e i giochi di ruolo. Lavorerei anche nel marketing… ma questa è un’altra storia!

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