– Recensione: Equilibrium

Da diverso tempo ormai i Planethard hanno intrapreso un percorso artistico che, oltre a una maturazione naturale delle proprie capacità, ha portato a un’evoluzione netta rispetto all’hard rock classico degli esordi verso un heavy metal più moderno, dinamico e robusto. La sostanza non cambia nemmeno per questo quarto lavoro, che arriva a otto anni di distanza dal precedente “Now” (la recensione) e dimostra, sempore che ce ne fosse bisogno, la piena maturità della band.

Per una volta, però, partiamo dalla fine, per evidenziare come “Equilibrium” si chiuda con il brano “United We Stand“, che ha fatto da singolo apripista. La collocazione a fine album è emblematica, e ci ricorda come, nonostante temi più drammatici proposti all’interno del lavoro, è fondamentale ricordarsi di “restare umani” e di trovare, appunto, la propria forza dal legame con gli altri. In questo modo si spiega anche il titolo del lavoro: bene e male, nel mondo, rimangono in equilibrio, ed è possibile fronteggiare il negativo con il buono che scaturisce dal nostro legame con le persone che ci circondano.

Tutto quello che ci può essere prima, quindi, viene addolcito e stemperato da un vero e proprio inno anthemico alla solidarietà. Andando a ritroso e scorrendo i titoli delle altre tracce, troviamo invece riferimenti all’altro piatto della bilancia, a sentimenti indici di sofferenza a cui corrispondono sonorità altrettanto rabbiose. Le ritmiche veloci, abbinate ai cori a effetto di “Pain“, formano un’amalgama efficace con quelle stoppate di “Never Again” e dimostrano lo stato di grazia complessiva di questo album, che non mostra passi falsi durante il suo sviluppo. “Still Alive” è invece un buon momento di passaggio fra le due anime del disco ed è una sorta di power ballad moderna composta da riff di chitarra abbastanza arrabbiati ma non esasperati, contrapposti a un ritmo meno sostenuto.

Peril momento abbiamo citato alcuni brani, ma “Equilibrium” è attraversato da una scossa elettrica continua, a dimostrazione di come i Planethard siano cresciuti nel corso degli anni e, cosa ancora più importante, siano riusciti a imparare dal proprio passato e a guardare al futuro con occhi consapevoli. La voce del nuovo cantante Alberto Zampolli si presta bene alle variazioni di atmosfera, con una predilezione maggiore verso le parti più aggressive, mentre le chitarre di Marco D’Andrea rimangono una colonna portante sia per la loro solidità che per il gusto melodico. Tutti elementi condensati al meglio anche nel resto dell’album, per esempio nell’intensa “Hikikomori“, dove i cambi di tempo ripetuti esprimono bene l’inquietudine che sta dietro il tema dell’isolamento dal resto del mondo.

Il fulcro principale di “Equilibrium” è quindi l’importanza di saper resistere di fronte a tutto quello di negativo che la vita ci può mettere di fronte, dal dolore alla sensazione di sentirsi dissolvere alla volontà di svanire. Il lavoro finora più completo per i Planethard, che ci auguriamo possa riscuotere il successo che merita.

anna.minguzzi

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E' mancina e proviene da una famiglia a maggioranza di mancini. Ha scritto le sue prime recensioni a dodici anni durante un interminabile viaggio in treno e da allora non ha quasi mai smesso. Quando non scrive o non fa fotografie legge, va al cinema, canta, va in bicicletta, guarda telefilm, mangia Pringles, beve the e di tanto in tanto dorme. Adora i Dream Theater, anche se a volte ne parla male.

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