I Pain non si vedevano in Italia da troppo tempo, così non ci abbiamo pensato due volte prima di segnare la data sul calendario, per poi presentarci al Live Club di Trezzo sull’Adda per questo evento ad alto impatto. A supporto della band capitanata da Peter Tägtgren ci saranno gli eroi del folk metal finlandese, gli Ensiferum, che verranno seguiti poi dagli Eleine e dai Ryujinm. C’è da dire che le band che compongono il bill della serata (ad eccezione dell’accoppiata Ensiferum-Ryujin) sono troppo diverse tra di loro per poter far sì che il concerto possa interessare una determinata fascia di ascoltatori del genere, ed è stato forse questo a scoraggiare diverse persone dall’acquistare il biglietto, lasciando per tutta la serata il locale in carenza di sostenitori.
RYUJIN
C’è un’atmosfera tranquilla sotto il palco, con il Live Club ancora quasi deserto quando i Ryujin fanno il loro ingresso sul palco, aprendo la strada per le band che li seguiranno. Personalmente, non avevo familiarità con la loro musica, quindi mi sono posizionato sotto il palco, curioso di scoprire cosa avrebbero proposto e non ci è voluto molto prima che il mio corpo, muovendosi a ritmo, mi confermasse una piacevole sorpresa. Il loro è un folk metal abbastanza vicino a quello degli Ensiferum, le linee melodiche si intrecciano a cori epici e assoli spinti, contornando la musica con un’esibizione più che soddisfacente. Qualche canzone ha in base delle linee di shamisen, elemento che caratterizza la musica della band donando un tocco di originalità alla musica. La band si ascolta piacevolmente e il brano “Metal Samurai” mi convince appieno, peccato però che il pubblico, sebbene risponda presente alla chiamata della band, sia troppo limitato per dare abbastanza sostegno al gruppo che comunque promuovo senza riserva.
ELEINE
Quella degli Eleine sarà senza ombra di dubbio una visione del pubblico più piacevole rispetto ai pochi volti che i giapponesi hanno avuto sotto il palco qualche minuto prima. Il gruppo svedese c’entra ben poco in questa serata ma, dopo una partenza difficile, riesce a raccogliere consensi da buona parte della platea. Non sono un grande ascoltatore del symphonic metal, ma la loro proposta mi sembra un qualcosa di già sentito, la presenza della frontman con voce pulita che si alterna al cantato graffiante del chitarrista mi porta alla mente quel poco che conosco degli Epica. La cosa non mi fa saltare di gioia, però il mio gusto è qualcosa di personale e oggettivamente va detto, la band si comporta davvero bene sul palco sia in termini sonori che in termini scenici. I brani hanno un bel groove e spingono i presenti ad alzare le mani incitando la band a dar loro di più; ma bene o male, la gettata rimarrà sempre la stessa. Tutto scorre liscio fino all’ultimo brano, che viene preceduto da due minuti infiniti in cui il chitarrista cerca di coinvolgere il pubblico chiedendo loro di cantare. Tra chi ci prova e chi si guarda attorno evidentemente in imbarazzo, il risultato non è dei migliori. Non avranno lasciato il segno, però hanno portato a casa un buon live.
ENSIFERUM
E chi se non gli Ensiferum potevano portare qualche baldo giovane ad avviare la dolce danza del metallo, il moshpit? Torna in Italia dopo poco più di un anno dall’ultima volta la band folk metal per eccellenza, gli Ensiferum, con la propria proposta danzereccia. Petri e compagni partono a tutta birra con “Andromeda“, brano estratto dall’ultimo lavoro in studio, che vede il pubblico cantare assieme alla band il ritornello. I nostri sono impeccabili come sempre, ma serviranno un paio di canzoni a scaldarli per bene per far esplodere la festa comandata dai cinque sul palco. La costante della scarsità di pubblico rimane, ma qualche presente, fregandosene dei numerosi spazi vuoti, inizia a dar vita al pogo, inevitabile quando sul palco a suonare ci sono gli Ensiferum, così tra uno spintone e l’altro si susseguono “Run From The Crushing Tid“, “Twilight Tavern” e “One Man Army”. Il bassista Sami è una macchina da guerra e si impone su tutto il palco con il suo sei corde, e se l’impeccabile Petri non sbaglia un colpo, non garantendo però il massimo in termini scenici, come invece mi è capitato più volte di vedere, Markus ripara spiccando tra tutti, saltellando e muovendosi in strani balli improvvisati, forse un po’ alticcio, ma sempre senza sbagliare un colpo. L’immancabile “Lai Lai Hei” vede il pubblico esibirsi in un coro che compiace la band sul palco, ma non sarà essa a chiudere il live, il compito di mettere la parola fine a quest’esibizione spetterà infatti a “Two Of Spades” il brano Funky-dance-pop-folk estratto da “One Man Army“, che trasforma per un paio di minuti il Live Club in una discoteca per estimatori dei pantaloni a zampa d’elefante. Una garanzia.
Setlist:
- Andromeda
- In My Sword I Trust
- Run From The Crushing Time
- For Sirens
- Twilight Tavern
- Heathen Horde
- One Man Army
- Lai Lai Hey
- Two Of Spades
PAIN
C’è un po’ di amaro in bocca nel vedere che il Live Club non è nemmeno arrivato a metà della sua capienza con gli headliner, ma è troppo tardi per sperare in qualche nuovo arrivo, così, puntuali come da tabella di marcia, alle 21.30 inizia il concerto degli svedesi. I nostri sul palco danno del loro meglio, fugando ogni timore che la mancanza di pubblico potesse scoraggiare la band, così dopo un paio di canzoni d’assestamento, il pubblico inizia a scatenarsi in direzione di Peter e soci. L’elemento che caratterizzerà questo live sono le scenette che vengono trasmesse sullo schermo posto dietro alla band, ove brano dopo brano, si può godere di un film interattivo con un piacevole sottofondo musicale. La band incanta gli spettatori con la propria proposta industrial, inserendo all’interno del concerto qualche piccola, ma simpatica gag, come quella durante l’esecuzione di “Call Me”, brano che “porta sul palco” o meglio, sullo schermo Joakim Brodén, cantante dei Sabaton che come da registrazione canta il ritornello del brano (a scanso di equivoci, specifico che il video era registrato e non live ndr). Non c’è una virgola fuori posto e se i travestimenti dei nostri durante “Party In My Head” fanno sorridere i presenti, “Shut Your Mouth” (che chiude il concerto dei Pain) li porta a intonare la base a mo’ di coro. Il concerto è stato davvero bello, è stato strano ma interessante vedere Peter in vesti del tutto diverse da quelle portate con gli Hypocrisy, ma questo è il bello di questi artisti che riescono a centrare il bersaglio anche cambiando completamente il proprio stile musicale. Concerto perfettamente riuscito e grande ritorno!
Setlist:
- Let Me Out
- End Of The Line
- Nailed To The Ground
- The Great Pretender
- Call Me
- Walking On Glass
- Revolution
- Zombie Slam
- Suicide Machine
- Monkey Business
- Coming Home
- Have A Drink On Me
- Same Old Song
- It’s Only Them
- Bye/Die
- Gimme Shelter
- Encore:
- Party In My Head
- I’m Going In
- Shut Your Mouth