Oranssi Pazuzu: “Valonielu” – Intervista a Ontto

E’ difficile evolvere quando già si è fatto qualcosa di grande. Ed è proprio il caso degli Oranssi Pazuzu, band finlandese che suona un black metal in costante odore di psichedelica, una perfetta, bizzarra, personale combinazione tra il rock acido degli anni ’70 e l’intransigenza sonora della musica estrema. Tutto amalgamato con una naturalezza sorprendente, a voler dire che se si vuole davvero creare una musica nuova e che possa fungere da esempio agli altri, allora bisogna osare, infischiandosene del mainstream. E benché sempre elitari e “per pochi”, gli Oranssi Pazuzu giungono al terzo album, vera summa di un percorso del tutto personale. Il bassista Ontto ci presenta il Demone Arancione.

 Per prima cosa benvenuti sul nostro portale e grazie per l’intervista. Come presenteresti “Valonielu”, il nuovo album degli Oranssi Pazuzu? Pensi che sia un passo avanti nella vostra naturale evoluzione?

“Grazie, il piacere è mio. Possiamo dire che “Valonielu” è una nuova fase nell’evoluzione musicale degli Oranssi Pazuzu. Non necessariamente un passo avanti, piuttosto un differente aspetto dello stesso continuum. Se lo paragoniamo al precedente album “Kosmonument”, questa volta abbiamo voluto fare un disco più corto, che potesse essere contenuto nel formato in vinile. Abbiamo anche voluto concedere più spazio al nostro aspetto progressivo e rock. Ecco perché ci sono un paio di canzoni piuttosto epiche e un uso maggiore dei sintetizzatori. In poche parole il nuovo album è allo stesso tempo più 70’s prog e orientato verso la natura e la psichedelia rispetto alle uscite precedenti.”

In effetti la prima cosa che mi è venuta in mente ascoltando “Valonielu” è stata: “Questi ragazzi sanno davvero chi erano i Pink Floyd!”

“Come ho detto, abbiamo voluto fare una maggiore  ricerca nel versante progressive, ma senza perdere l’immediatezza e la linearità delle parti aggressive. Siamo da sempre la fusione di cose differenti e l’idea fondamentale è quella di avere una nuova reincarnazione in ogni album. Sì, abbiamo ascoltato parecchio i Pink Floyd, dal mio punto di vista sono una delle band più importanti di sempre. Tuttavia, anche i King Crimson e i Can hanno significato molto per noi.”

Se dovessi suggerirvi a un headbanger in cerca di qualcosa di nuovo e interessante, vi definirei “Darkthrone meets Pink Floyd”. Sei d’accordo?

“Certo, se vuoi descrivere la band in modo semplice perché no, soprattutto quando i Darkthrone e i Pink Floyd ci hanno davvero influenzati. Se poi nomini anche gli Hawkwind, ti avvicini ancora di più. Ma non è tutto, naturalmente. Non siamo dei mimi post-moderni che prendono qualcosa da ogni genere “oscuro” nel tentativo di suonare “strani”. La musica deve avere soprattutto un significato. Alcune persone sono perfettamente in grado di capire la nostra musica e altre no, ma quello che conta è che essa abbia un significato per noi.”

Più in generale quali influenze avete e cosa vi ha portato a creare questo ibrido tra metal estremo e progressive rock di matrice seventies?

“E’ solo un mix delle varie cose che ci interessano. Siamo fan del black metal anni ’90 ma anche del prog rock anni ’70, quindi perché non usare questi due ingredienti per creare la nostra musica? Ma naturalmente, ci sono cose che si amalgamano meglio di altre e il trucco sta nel trovare un denominatore comune tra questi generi differenti. Per noi è importante creare ripetizioni ipnotiche e un senso di “catarsi”. Il vecchio kraut rock tedesco era solito utilizzare ripetizioni, lo stesso però facevano i Burzum, ad esempio. E noi costruiamo la nostra versione usando una prospettiva diversa.”

Ci vuoi dire qualcosa sul panorama lirico? “Valonielu” segue un concept di carattere cosmico come i suoi predecessori?

“ “Valonielu” guarda più al microcosmo e alla coscienza umana. Se “Kosmonument” aveva a che fare con il perdersi in una spirale, il nuovo album è più vicino agli schemi di pensiero e ai conflitti ideologici di ognuno di noi. L’idea di base è che il mondo è misterioso. Cerchiamo di dimenticarcene così da preservare la nostra illusione di certezza e salvezza, ma quando abbiamo a che fare con qualcosa che non rientra nella nostra idea fissa di realtà, il collasso illusorio può portare le nostre menti verso difficili dissonanze. L’evoluzione e la religione sono gli altri temi che ruotano attorno a questo concetto filosofico. Ma questa è solo la mia opinione, ognuno potrà interpretare il messaggio dell’album a suo modo.”

“Valonielu” possiede delle atmosfere cinematiche e kubrickiane. Vi piace la settima arte? Avete mai pensato di comporre una colonna sonora?

“Sì, amiamo il cinema. Dal mio punto di vista il mix tra immagini e suoni è quasi magico nelle mani di maestri come Kubrick, Trier e Polanski, per nominare alcuni dei miei preferiti. Una colonna sonora è qualcosa a cui potremmo essere interessati, ma le immagini dovrebbero garantire assoluta libertà di composizione. Non è nei piani futuri, ma non si sa mai.”

Sono curioso di conoscere il significato del vostro nome. Chi è questo “demone arancione” che illumina la vostra strada?

“Io penso che sia il demone del vento, avventuroso e dalla mentalità aperta. Anche se possiede una personalità aggressiva e paranoica e ci sono aspetti nichilistici nella sua filosofia, non è affatto cinico e può essere ispirato dai raggi arancioni dell’energia cosmica o dalla bellezza delle nuove possibilità evolutive. Forse è anche schizofrenico, non lo so.”

Il motto della band è: “Oranssi Pazuzu makes music that invites all the arsonists and smokers to hold hands” (ovvero: gli Oranssi Pazuzu suonano una musica che invita tutti gli incendiari e i fumatori a tenersi per mano). Qual è il suo significato?

“Non è il nostro motto, è solo una frase presa da qualche nostra vecchia web page. Il problema di internet è che poi le cose ti seguono sempre … Naturalmente era soltanto una frase provocatoria che aveva a che fare con i diversi generi che si fondono nella nostra musica. E’ una cosa stupida in realtà, perché sbaglia a dipingere le nostre reali intenzioni, facendoci sembrare degli idioti modaioli, cosa che fortunatamente non siamo.”

Vi piace suonare dal vivo o preferite vedere gli Oranssi Pazuzu come una studio band? E’ difficile riproporre on stage le parti più complesse e psichedeliche degli album?

“Assolutamente live. La musica deve essere presentata dal vivo, il calore umano è troppo importante per noi. In studio puoi usare la tecnologia per sistemare il suono ma in fondo è una cosa simile, ci vuole sempre la mano dell’uomo. Se usi tanti trucchetti da studio, tendi a rendere la cosa un po’ troppo meccanica per i miei gusti. Ad esempio, su “Valonielu” abbiamo registrato i pezzi come se li stessimo suonando dal vivo e poi non abbiamo fatto altro che aggiungere delle sovra incisioni alla base delle canzoni. Così siamo stati in grado di mantenere un feeling live per i ritmi e le dinamiche, ma abbiamo anche ottenuto uno spettro ampio nei suoni delle tastiere e delle chitarre. Diciamo che suoniamo dal vivo in modo abbastanza simile a quanto si può ascoltare sull’album.”

Non ultimo, volete lasciare un messaggio ai nostri lettori?

“Direi: la realtà è complessa, quindi aprite le vostre menti.”

andrea.sacchi

view all posts

Poser di professione, è in realtà un darkettone che nel tempo libero ascolta black metal, doom e gothic, i generi che recensisce su Metallus. Non essendo molto trve, adora ballare la new wave e andare al mare. Ha un debole per la piadina crudo e squacquerone, è rimasto fermo ai 16-bit e preferisce di gran lunga il vinile al digitale.

2 Comments Unisciti alla conversazione →


  1. RC

    “hold hands” significa più correttamente “tenersi per mano” 😉

    Reply

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Login with Facebook:
Accedi