Per ogni band di un certo successo i cambi di formazione rappresentano sempre un momento delicato. Anche se, come nel caso degli Obscura, la presenza di un leader ben definito garantisce la piena continuità con il passato, non è così scontato che le alchimie e gli equilibri che hanno permesso i buoni risultati raggiunti si ripropongano con facilità con l’ingresso i nuovi elementi. Il nuovo “Akroasis” ha però spazzato via tutti i dubbi, portando la formazione di Steffen Kummerer a realizzare, se non il miglior disco in assoluto, almeno un prodotto di pari livello con i due, validissimi, precedenti. Interessante quindi sentire dalla voce dello stesso Kummerer come si sono svolti i fatti e cosa effettivamente è cambiato con l’arrivo di nuovi musicisti e se questa ventata d’aria fresca ha dato sfogo a nuove fonti d’ispirazione. La parola al bravo Steffen quindi…
Ciao Steffen, come stai?
Bene grazie! Sono impegnato con la promozione del nuovo disco, stiamo registrando un paio di videoclip a questo scopo… tutto bene quindi!
La prima domanda parte ovviamente dal fatto che questo disco ha una line-up completamente differente da “Omnivum”, e soprattutto c’è stato l’abbandono di Christian Munzner… ci dici cosa è successo e come questi cambiamenti hanno influito sul risultato finale che possiamo ascoltare su “Akroasis”?
Abbiamo suonato in giro per quasi tre anni in supporto ad “Omnivium” e in questo periodo il nostro chitarrista, Christian, ha cominciati a soffrire di un problema di origine neurologica chiamato distonia focale che rendeva difficile per lui suonare correttamente parti così tecniche e difficili. E a dire la verità eravamo tutti un po’ esauriti da tanta fatica. Eravamo praticamente in tour fin dalla pubblicazione del disco prima, “Cosmogenesis”, che abbiamo interrotto solo per la registrazione del disco. Una routine molto stressante che ci ha letteralmente prosciugati. Anche perché non avevamo raggiunto un punto in cui potevamo permetterci di vivere di sola musica e avere questo doppio impegno, con lavoro da una parte e musica dall’altra, era semplicemente troppo. Così ci siamo presi una pausa di un paio di mesi e quando ci siamo ritrovati abbiamo capito che avevamo idee diverse su come la band avrebbe dovuto proseguire il proprio cammino. In pratica si trattava di decidere se diventare più sperimentali o seguire la direzione che abbiamo ora. Ne abbiamo parlato da persone mature e sia Christian che Hannes (Grossmann, l’ex batterista) hanno deciso di lasciare e io ho cercato di conseguenza altre persone con cui lavorare. Questo però non ha cambiato la nostra direzione musicale: sono rimaste tutte le particolarità che abbiamo sviluppato negli ultimi dodici anni, includendo le personalità dei diversi musicisti che si sono alternati in formazione. La band non è infatti un solo-project, ogni musicista ha portato il suo prezioso contributo, ma in termine di songwriting o di direzione musicale, gli Obscura resteranno comunque nel posto dove sono sempre stati.
Come scegli quindi i musicisti che fanno parte del gruppo?
Sebastian Lanser, ad esempio, è in verità un musicista molto conosciuto qui in Germania. Suona nei Panzerballet, uno specie di funky/jazz/metal band che probabilmente ha raggiunto più notorietà al di fuori dei confini del metal. Io conoscevo bene sia la band che le sue capacità, ci siamo incontrati un paio di volte, lui sembrava interessato e sai come succede… una cosa tira l’altra e oggi trovate Sebastian Lanser sul nuovo disco! Succede tutto molto semplicemente insomma!
Mi puoi dire qualcosa di più del songwriting e della registrazione di questo nuovo disco?
E’ cambiato parecchio dei due dischi precedenti, specialmente da “Omnivium”. Questo perché con il disco prima abbiamo scritto tutto su spartito, quindi ognuno se ne stava a casa propria a scrivere musica e poi ce li mandavamo l’un l’altro con dei midi-file da tirare giù. Non c’è stata quindi nessuno pre-produzione o incisione, così quando ci siamo ritrovati un studio abbiamo notato che alcune cose non tornavano, con un paio di riff che non era possibile suonare, e abbiamo dovuto cambiare all’ultimo troppe cose. Questa volta abbiamo fatto un mezzo passo indietro, combinando le due tipologie. Abbiamo scritto tutto ancora ognuno a casa propria, ma con al chitarra in mano e registrando semplici demo, poi ascoltandoli e riportandoli su spartito. Con tutto questo materiale pronto abbiamo poi lavorato insieme sugli arrangiamenti, trovandoci tre volte prima di andare in studio a registrare. Questo ha fatto alla fine una certa differenza. Quattro canzoni le ho scritte completamente da solo, mentre tre le ha scritte Linus Klausenitzer (il bassista), ma abbiamo coinvolto tutti nel processo di scrittura e alla fine abbiamo arrangiato tutti insieme. Credo che suoni nel complesso più scorrevole del disco prima, lo puoi ascoltare dall’inizio alla fine come un solo pezzo, anche se sono diverse persone ad aver scritto le canzoni. Sono molto contento del risultato e credo che terremo anche per il futuro questo modo di lavorare.
Perché avete scelto proprio “Akroasis” come titolo del disco, credo si tratti di una parola greca che significa “ascoltare”, se non mi sbaglio.
Esatto. E appunto la parola greca per “ascoltare”, ma non era mia intenzione usarla fuori da un contesto. L’intero album è basato su un libro di Hans Kayser che porta appunto lo stesso titolo e che si concentra sulla teoria che ogni cosa che ci circonda sia legata insieme da una specie di relazione armonica. Come, ad esempio, gli alberi crescono, i pianeti si muovono o le galassie si espandono, etc… trovo tutto questo molto interessante… io sono d’accordo con questa teoria. che segue perfettamente tutte le idee e domande che sono venute fuori con i precedenti due lavori. “Akroasis” è in effetti il terzo album di una tetralogia che è cominciata con “Cosmogenesis” e proseguita con “Omnivium”… questa è la versione accorciata della storia.
Cosa mi puoi dire quindi della cover, c’è qualche connessione con quello che mi hai appena spiegato?
Si, certo, assolutamente c’è una connessione. In primo luogo i colori delle cover. Per “Cosmogenesis”, che trattava di quella che puoi definire una creazione, ho scelto il blu, che per me ben rappresenta il freddo glaciale dell’universo, mentre per “Omnivium” (cromaticamente vicina al verde) ero più concentrato sull’idea di rappresentare il processo evolutivo della materia, mentre “Akroasis” parla di come sviluppare una propria coscienza personale. Penso che questo colore così caldo ben rappresenti l’idea del concept, che sento vicino in qualche modo allo scetticismo (crediamo si riferisca allo scetticismo metodologico di Cartesio come sistema adeguato alla ricerca di una verità-Nda). Entrando nello specifico dell’artwork, si possono vedere delle figure geometriche nella parte bassa del disegno che rappresentano appunto quella armonia di cui ti parlavo prima. Si basa anche sul senso della canzone “Fractal Dimension”. Puoi tagliare e ridurre ogni cosa rappresentandolo in forme geometriche, come triangoli, ad esempio. Una tecnica usata ad esempio nelle animazioni 3D. Ci sono anche nel artwork alcune parti prese dalle copertine precedenti, questi per creare appunto un collegamento tra tutti. L’uso stesso dei colori in questa sequenza, in cui uno è all’opposto dell’altro, indica un legame circolare, come una sorta di ciclo vitale continuo. O almeno questa è l’intenzione.
Ascoltando il disco viene da chiedersi se la musica in certi momenti non abbia abbastanza melodia per arrischiarsi ad usare più clean vocals diciamo classiche (non solo quelle con vocoder, alla Cynic). Non avete magari pensato ad una cosa del genere?
E’ una bella domanda, ma per quanto mi riguarda noi siamo sempre e comunque una band che arriva dal death metal, e così vogliamo restare. Ogni tanto abbiamo usato qualche parte in voce pulita, sia nei due dischi precedenti che in questo, ma in generale preferisco usare come alternative le vocals filtrate con il vocoder, questo perché si possono avere molto più variazioni con questo sistema. Senza contare che voglio che tutto quello che facciamo sia comunque riproducibile dal vivo e usare il cantato pulito senza essere un vero e proprio cantante preparato è veramente difficile quando vai in tour. E io non mi posso definire un cantante esperto, ad essere onesti. Lo abbiamo fatto ogni tanto, come in “Ode To The Sun”, e capisco che in alcuni casi la musica si potrebbe perfettamente adattare ad un’interpretazione con clean vocals, ma non credo che sia invece calzante ad una band come la nostra usarle con troppa frequenza. Non la vedo come una scelta che fa parte del concetto generale della band, potremmo magari provare in futuro una sperimentazione del genere in una canzone, ma io immagino gli Obscura come una band legata al death metal.
Cosa mi puoi dire invece sulla promozione del disco? Avete già programmato un tour?
Si, saremo in tour, di supporto ai Death DTA, a partire dalla fine di marzo. La prima data sarà proprio da voi in Italia, a Roma, il 30 marzo. Ci saranno poi un paio di festival europei e abbiamo confermato per un festival a Giacarta, in Indonesia. Come sempre, faremo un tour in giro per il mondo, cercando di suonare dove possibile. Oltre a questo stiamo producendo dei video, il primo è già disponibile, quello per la title track “Akroasis”, sono sul punto di finire anche un video per un’altra canzone, “Ten Sephiroth” e dovremmo farne in seguito un altro paio. Un modo per attirare il più possibile l’attenzione della gente.
Parlando proprio di suonare live. Con tutta l’esperienza che avete accumulato in questi anni mi sai dire se ci sono posti dove la musica degli Obscura ha ricevuto un supporto particolare, ed altre situazioni in cui non avete invece percepito il giusto feeling con il pubblico?
Sai, non c’è una regola, dipende da giorno a giorno. C’è il cliché che in Europa del Sud o in Sudamerica ci sia un pubblico molto caldo e partecipe, ed in genere è così. Ma capita lo stesso anche in Nord America o in Europa centrale. In linea di massima sono contento della reazione del pubblico, ma capita qualche volta dove hai la sensazione che qualcosa non funzioni. Mi viene ad esempio da pensare ad un tour di qualche anno fa con Black Dahlia Murder, The Faceless e Carnifex e in qualche modo abbiamo capita che alla gente che seguiva questo festival non piacesse molto il lato più tecnico e progressivo della musica. Era una folla completamente dedita al metalcore ed era come se ci fosse un anello mancante tra noi e loro. Ma dipende poi da serata a serata. Alcune volte va bene, altre un po’ meno, ma comunque mi piace molto suonare dal vivo… mi diverto in ogni caso!
Come ci hai raccontato prima, ci sarà un quarto capitolo del concept che state sviluppando. State già pensando a questo passo successivo? E cosa accadrà dopo?
Non saprei dirti cosa accadrà dopo il quarto album, ma stiamo già raccogliendo le idee per la realizzazione di questo capitolo finale. Ci sarà un tema specifico dietro, ma non voglio anticipare troppo. Sai, si tratta comunque di un idea molto metal, che è cominciata con la creazione e si concluderà con l’Apocalisse finale, mentre musicalmente dovrebbe essere un disco più orientato allo shred e al neoclassico, con anche alcune parti orchestrali. L’idea di fondo sarà quella e abbiamo cominciato a lavorare sul songwriting da aprile. Al momento ci sono già un paio di canzoni pronte, quindi non dovremmo metterci così tanto tempo come per questo terzo capitolo.
Grazie Steffen, questa era la mia ultima domanda. Quindi se vuoi concludere tu l’intervista con un messaggio per i vostri fan italiani.
Certo! Devo ringraziare tutti per il costante supporto, anche dopo così tanti anni è sempre un piacere venire a suonare in Italia e ci torneremo presto. Se non ci vedrete a Roma a fine marzo, ci sarà sicuramente modo di tornare da voi per ottobre o novembre per un tour da headliner. E ci piacerebbe vedervi tutti davanti al palco!
Grazie a te, Steffen!