Nati sul finire degli anni ’80 con il monicker Sanctuary, la band capitanata dal frontman Warrel Dane pubblicò due discreti dischi di matrice Heavy Metal, prima di decidere di cambiare nome e intraprendere un percorso musicale completamente diverso. I Nevermore – accanto allo stesso Dane troviamo il bassista Jim Sheppard, il chitarrista Jeff Loomis e il batterista Van Williams – danno alle stampe l’omonimo debut album (1995), un EP, “In Memory” (1996), e il fortunato “The Politics Of Ecstasy” (1996), con i quali riescono a farsi notare dal grande pubblico.
Il successo arriverà con “Dreaming Neon Black” (1999), disco dal decadente concept incentrato su un amore che sfocia in un suicidio e nelle conseguenti che si pone chi resta, che lancerà i Nevermore nel pantheon delle metal-band più influenti di inizio secolo. Sotto l’aspetto musicale si registra un’importante svolta: il Thrash Metal dalla forte connotazione tecnica si apre a soluzioni Gothic che, grazie alle capacità interpretative di Dane, riescono a sortire un grande impatto emozionale sull’ascoltatore. Nemmeno il tempo di rifiatare dalla tournée che li vede impegnati in giro per il mondo, che arriva come un fulmine a ciel sereno il disco della definitiva consacrazione, “Dead Heart In A Dead World“.
La capacità compositiva dei Nevermore compie un ulteriore balzo in avanti, estremizzando tutti gli aspetti peculiari dei precedenti dischi e limando alcuni aspetti che rendevano poco accessibile il lavoro della band. Undici brani, poco meno di un’ora di musica marchiata ancora da quel gusto drammatico, cupo e romantico della sofferenza umana, in perenne equilibrio tra sfuriate devastanti e melodie oscure, il tutto suonato con la maestria e la tecnica di musicisti straordinari. Persa la chitarra di Tim Calvert, il peso è sorretto solo dalle spalle di Loomis, il quale sforna una prova superlativa, affiancato da un Dane che, pur senza un concept toccante a supporto, riesco a scrivere testi profondi. Musicalmente il disco è ineccepibile. Si parte con il riff circolare e ossessivo di “Narcosynthesis” per passare alla furia cieca di “We Disintegrate“, non tralasciando la rocciosa “Engines Of Hate” o i momenti più riflessivi come “Evolution 169” o “Insignificant“, brani che si muovono lungo binari che i Nevermore vanno consolidando a ogni prova.
Ma le perle del disco sono altre, e disseminale nella tracklist: dai virtuosismi funambolici di “The River Dragon Has Come” alle eleganti power ballad “The Heart Collector” e “Believe In Nothing“, brani che aprono verso un pubblico più generalista, ma sempre con la stessa classe e ispirazione che pervade i solchi di questo disco. Chiudiamo citando la stupenda rilettura di un classico di Simon&Garfunkel, “The Sound Of Silence“, smontato e ricostruito per trasformarlo in un brano dei Nevermore al 100%, e la perla finale, la title-track, che sublima quanto abbiamo fin qui ascoltato in poco più di 5 minuti, in un’altalena di emozioni e sfumature devastante.
La band non riuscirà, successivamente, a bissare il successo e il picco qualitativo che questo disco è stato in grado di raggiungere, realizzando dischi come “Enemies Of Reality” o “The Obsidian Conspiracy” che mettono in mostra a sprazzi quanto di buono prodotto dalla band. “Dead Heart In A Dead Worl” può essere considerato un classico del Metal del terzo millennio, un album che dopo 17 anni mantiene inalterata la sua bellezza, freschezza compositiva, e rappresenta un riferimento per tutte le band a venire.
Voto recensore 9 |
Etichetta: Century Media Anno: 2000 Tracklist: 01. Narcosynthesis 02. We Disintegrate 03. Inside Four Walls 04. Evolution 169 05. The River Dragon Has Come 06. The Heart Collector 07. Engines of Hate 08. The Sound of Silence 09. Insignificant 10. Believe in Nothing 11. Dead Heart in a Dead World Sito Web: http://www.centurymedia.com/artist.aspx?IdArtist=39 |