Never Obey Again – Recensione: The End Of An Era

Caldamente raccomandati da Scarlet Records ai fan di Evanescence, Halestorm, Linkin Park, In This Moment e Paramore, i Never Obey Again sono un quintetto di musicisti esperti con base a Milano che con “The End Of An Era” giunge alla pubblicazione del primo album, un momento artisticamente importante per un progetto nel quale l’etichetta discografica lombarda ripone grande fiducia. E non meno importante dal punto di vista umano, se – nelle parole della band – questa è finalmente l’occasione di suonare qualcosa che ciascuno di loro possa sentire, dopo esperienze precedenti definite soffocanti, al cento per cento come proprio. Fronteggiati da Carolina “Carol” Bertelegni, singer duttile con esperienze in generi differenti (funky, rock, rockabilly e soul) dall’età di sei anni, i cinque si rivelano da subito amanti dei passaggi atmosferici, creati con l’utilizzo di elementi elettronici che si innestano nelle trame più tradizionalmente modern: è questo il caso di una “The Storm” posta direttamente in apertura, nella quale alle strofe parlate segue un ritornello che dà più spazio alla componente femminile e melodica. In virtù dell’incidere cadenzato che contraddistingue questi primi momenti, si può parlare di un approccio elegante che antepone la ricerca atmosferica ad un impatto che, in altri casi e su altri dischi, si rivela tanto sterile quanto fine a se stesso. Qui il sapore sembra piuttosto quello dei The Gathering, solo più ritmici e strapazzati (“Toxic Feelings”), privilegiando un tono piacevolmente malinconico ed oscuro che la produzione perfetta esalta ulteriormente.

Si tratta di un approccio intelligente e di certo non facile, che rende l’ascolto forse più ostico rispetto a quanto suonato da molti dei nomi presi come punti di riferimento, ma che sulla lunga distanza si rivela vincente: “The End Of An Era” va insomma goduto nei suoi momenti più easy e televisivi (“9:45” o la buona cover di “Zombie” dei Cranberries posta in chiusura) ma anche analizzato alla ricerca delle sue soluzioni e dei suoi incroci, dei piccoli tocchi che richiedono più di un passaggio per essere apprezzati, delle sue diverse e sfuggenti personalità che variano – come succede ai grandi dischi – a seconda del volume, dell’ambiente e dello stato d’animo nel quale gli ascolti. Non siamo al cospetto, è utile ribadirlo, di un disco che conquista per le sue melodie, dal momento che è proprio nei ritornelli che – paradossalmente – emergono i suoi tratti più prevedibili e derivativi: il buono sta invece nelle aperture e nelle dilatazioni (“Take Care Of You”), nelle masse pesanti industriali che prendono forma e si spostano davanti ai tuoi occhi, nei riverberi che ammantano tutto come le dense nebbie del nord, nella continua costruzione e decostruzione che mette a dura prova le saldature delle composizioni (“What If”), nella descrizione di una modernità che spaventa ma che allo stesso tempo ci rende, come dice appunto una delle canzoni maggiormente candidate allo status di singolo, “Stronger”. Come a dire che, nonostante le soluzioni tecniche e tecnologiche che rendono possibile un lavoro come questo, alla fine al centro di tutto (nel bene e nel male) ci siamo sempre noi e le fragilità dalle quali ripartire (“Underdog”).

Come spesso accade nei confronti del suadente linguaggio del marketing, l’affermazione che con i Never Obey Again cominci una nuova era del metal va presa con un misto di bonarietà e sana diffidenza… ma è pur vero che la tangibile sostanza contenuta in queste incisive dieci tracce va ben oltre le parole, la bella copertina ed i proclami. “The End Of An Era” è un disco moderno non perché appartenga al genere modern metal, ma perché contiene una sana dose di sperimentazione e rielaborazione che la modernità provano a capirla e raccontarcela. E’ un disco cantato e suonato con capacità notevole ed esportabile ma anche con quel trasporto e quel messaggio positivo che impediscono alla sua visione contemporanea di farsi troppo dura, sterile o analitica. E’ un disco, infine, di speranza e purezza che pur non offrendo risposte consolatorie né passaggi memorabili dal punto di vista delle melodie, stimola con la sua energia una riflessione ritmata e la presa di una posizione personale nei confronti degli eventi (“Wake Up”). Che tutto questo, e probabilmente altro ancora che sfugge ai primi ascolti, si trovi in un debutto di poco più di mezz’ora, è abbastanza straordinario.

Etichetta: Scarlet Records

Anno: 2023

Tracklist: 01. The End of an Era 02. The Storm 03. Toxic Feelings 04. Take Care of You 05. Stronger 06. Wake Up 07. Underdog 08. What If 09. 9:45 10. Zombie (The Cranberries cover)
Sito Web: facebook.com/neverobeyagain

Marco Soprani

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Folgorato in tenera età dalle note ruvide di Rock'n'Roll dei Motorhead (1987), Marco ama fare & imparare: batterista/compositore di incompresa grandezza ed efficace comunicatore, ha venduto case, lavorato in un sindacato, scritto dialoghi per una skill di cucina e preso una laurea. Sfuggente ed allo stesso tempo bisognoso di attenzioni come certi gatti, è un romagnolo-aspirante-scandinavo appassionato di storytelling, efficienza ed interfacce, assai determinato a non decidere mai - nemmeno se privato delle sue collezioni di videogiochi e cuffie HiFi - cosa farà da grande.

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