Mystfall – Recensione: Celestial Vision

Con la pubblicazione di “Celestial Vision”, album di debutto dei Mystfall, prosegue l’interessante viaggio di Scarlet Records alla scoperta dei talenti della Grecia, un territorio che negli ultimi anni si è caratterizzato per varietà e consistenza. Vero è che per molte di queste band non è facile confermarsi sulla lunga distanza, né stabilire un proprio marchio di fabbrica, ma la scena mediterranea gode di un indubbio fermento che, anche grazie all’interessamento di un’etichetta esperta e rodata come quella italiana, vale certamente la pena incentivare e valorizzare. I Mystfall, nello specifico, sono un gruppo di metal sinfonico con base ad Atene e fronteggiato dalla soprano Marialena Trikoglou (il suo album solista “Vanity” risale a tre anni fa): di formazione recente (2022), i nostri citano tra le proprie maggiori influenze Nightwish, Epica, Within Temptation, Xandria e Two Steps From Hell e propongono per il loro debutto un concept album orchestrale e dal sapore filosofico, tematicamente incentrato sul senso della vita e sulla ricerca del suo significato. La bella copertina realizzata dall’illustratore Sevi Spanou introduce alle dense orchestrazioni dell’opener strumentale “Resisting Heaven”, un assaggio che sembra già racchiudere tutti gli elementi sinfonici, epici e cinematografici che stanno a cuore al sestetto ellenico.

E’ però con l’ingresso della Trikoglou nella successiva “Celestial Vision” che il quadro può dirsi presentato nella sua completezza: dal punto di vista compositivo i Mystfall hanno certamente idee interessanti e spunti eleganti, ma è indubbiamente nella presenza scenica della soprano greca che si individua il centro di gravità di questo lavoro. La sua interpretazione è dotata di buona personalità, soprattutto nel modo in cui le parti operatiche si alternano con altre cantate in stile più contemporaneo: peccato solo per le linee affidate al growl maschile, abusatissime altrove ma qui per fortuna rare, che sporcano senza nulla aggiungere. Il precedente accenno alla densità di questo disco, con un riferimento particolare alle sue orchestrazioni sinfoniche, è quello che – mano a mano che si accumulano i minuti – acquista un carattere così preminente da finire col descriverlo completamente. “Celestial Vision” mette infatti insieme così tanto, in termini di archi, effetti elettronici e cori esplosivi, che il suo messaggio finisce con l’essere esso stesso fagocitato da un’opulenza che, già a metà scaletta, appare sul punto di essere completamente fuori controllo.

E’ evidente, come spesso accade, che anche in questa occasione la componente orchestrale ha preceduto ogni altra considerazione, dando vita ad un insieme di parti stratificate che raramente assumono la forma, per non parlare della godibilità, di una canzone davvero compiuta (“Silence”). E come altrettanto frequentemente succede in questi casi, soprattutto con le band al debutto, invece di trovare rapidamente una soluzione e ricucire, si indugia e si persevera: i sette minuti di “The Balance Of Time” sembrano fatti apposta per riassumere, comodamente in un’unica traccia ad uso del recensore, una serie di sussulti che – nonostante gli sforzi – non trovano il modo di connettersi tra loro per definire un’esperienza che – come quando si uniscono i numeri della Settimana Enigmistica, invece – possa dirsi davvero appagante.

Il disco presenta, al contrario, una serie di spunti che a volte si perdono per strada ed altre finiscono calpestati da tutto l’abbondante resto, rivelando una mancanza di equilibrio che non può non rendere l’ascolto faticoso e poco gratificante. Un limite scusabilissimo trattandosi di un lavoro di debutto, ma che lascia un po’ di amaro in bocca per le doti tecniche che il sestetto dimostra senza sforzo (“Centuries”) e che, forse, gli avrebbero permesso di puntare già in questa prima occasione a qualcosa di meglio pensato, bilanciato e rifinito. Qualcosa di più aperto, materno ed accogliente, e tra le cui trame fosse bello addentrarsi… invece di rimanere schiacciati dallo sterile girovagare di “Moral Compass” o dal peso di una “Kings Of Utopia” che sembra voler anch’essa riunire, in una canzone sola, tutte le indecisioni disseminate qua e là all’interno dell’album. Tra le note più interessanti rimangono in ogni caso gli assoli (belli ed intensi gli scambi tra chitarra e tastiera), la buona personalità delle parti cantate ed alcuni intermezzi strumentali (“Endless”) che, a questo punto non è più una sorpresa, rivelano qual è il terreno sul quale la formazione greca si sente maggiormente a proprio agio. “Celestial Vision” è un biglietto da visita perfetto per presentare, per quanto in forma non sempre lineare, le capacità di una band interessata ad affrontare il problema della complessità sinfonica con gli strumenti a disposizione del metal. Un’operazione per nulla facile e che miete quotidianamente nuove vittime, alcune delle quali illustri, ma che i Mystfall scelgono di affrontare a viso aperto e forti di una miscela di tecnica ed ambizione che potrebbe portarli – chissà – a trovare in futuro una soluzione brillante, che con le sue note sappia anche convincere, coinvolgere e motivare al riascolto.

Etichetta: Scarlet Records

Anno: 2023

Tracklist: 01. Resisting Heaven 02. Celestial Vision 03. Centuries 04. Endless 05. Silence 06. Kings Of Utopia 07. Moral Compass 08. The Balance Of Time 09. Freedom Path
Sito Web: facebook.com/mystfallofficial

Marco Soprani

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Folgorato in tenera età dalle note ruvide di Rock'n'Roll dei Motorhead (1987), Marco ama fare & imparare: batterista/compositore di incompresa grandezza ed efficace comunicatore, ha venduto case, lavorato in un sindacato, scritto dialoghi per una skill di cucina e preso una laurea. Sfuggente ed allo stesso tempo bisognoso di attenzioni come certi gatti, è un romagnolo-aspirante-scandinavo appassionato di storytelling, efficienza ed interfacce, assai determinato a non decidere mai - nemmeno se privato delle sue collezioni di videogiochi e cuffie HiFi - cosa farà da grande.

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