Un debutto che resta uno dei dischi più influenti dell’hard rock a stelle e strisce. Così si potrebbe riassumere la portata immensa del disco di esordio dei Montrose, band capitanata dal chitarrista (ex Edgar Winter Group e Van Morrison) Ronnie Montrose. La band viene formata col bassista Bill Church e al batterista Denny Caramassi, ed è anche il disco che vedrà il debutto dello straordinario cantante Sammy Hagar. Ingaggiati per la Warner Bros, che voleva un gruppo statunitense che uguagliasse i successi delle formazioni hard rock britanniche allora dominanti, e prodotti da Ted Templeman (con un curriculum che fino ad allora vantava nomi come Dobbie Brothers, Little Feat, Van Morrison e Captain Beefheart), i nostri debuttano nel 1973 con un album omonimo che, a dispetto di un successo non immediato, sarà un caposaldo di un’intera scuola musicale. L’apertura di “ Rock The Nation”, col suo riff serratissimo e le aggressive linee vocali di Hagar è sufficiente per chiarire da subito la direzione musicale dell’album: un hard rock potente ma melodico, con una carica innovativa fino ad allora non ancora ascoltata. E la successiva “ Bad Motor Scooter”, in bilico fra hard r’n’r diretto e suoni più sperimentali è un’altra delle cifre stilistiche della band e del suo leader, sempre propenso a trovare soluzioni innovative con la sua chitarra che, ad esempio, lungo il brano imita il rumore del motore d’una moto. Ma uno dei capolavori assoluti del disco è la travolgente “ Space Station No. 5”, aperta da un riff che, pur influenzato dalla zeppeliniana “Comunication Breakdown”, in questa esecuzione risulta per l’epoca modernissimo, pre heavy metal, anche se qua a funzionare a meraviglia è tutta la band nel suo insieme. “ I Don’t Want It” anticipa certi pezzi dei Saxon di quasi una decina d’anni e “ Good Rockin’Tonight” dà una spinta hard all’originale versione di Roy Brown. Il groove cadenzato e il riff hard blues di “Rock Candy” ne fanno un ulteriore grande, intenso brano ulteriormente valorizzato dalle parti di chitarra solista, ma anche il rock blues di “ One Thing On My Mind” ha l’approccio hard sottolineato dalla vocalità di Hagar. La conclusione affidata a “Make It Last” chiude degnamente un album memorabile.
I Montrose, dopo questo esordio a dir poco clamoroso faranno con la stessa formazione il successivo “Paper Money” e dopo il cambio di cantante, un paio di altri dischi, tutti di buon livello ma non all’altezza del debutto. Tutti i musicisti coinvolti in questa band avranno fortuna nelle successive carriere, a cominciare da quella di Sammy Hagar, che certo non ha bisogno di presentazioni, spesso in compagnia con Church e Caramassi, i quali peraltro militeranno in numerose ed importanti formazioni fra le quali Heart, Coverdale/Page, Whitesnake. L’inquieto Ronnie Montrose, formerà gli ottimi ma di scarso successo Gamma, album solisti e qualche reunion dei Montrose con altri musicisti che produrrà un album nel 1987. La formazione originale tornerà solo per il brano “Leaving The Warmth of the Womb” sul disco di Sammy Hagar “Marching to Mars” del ‘97. Purtroppo il grande chitarrista perderà la sua lotta contro un cancro nel 2012.
Il lascito del debutto di questa formazione resta di una portata enorme, con un’influenza fondamentale su tutto l’heavy rock made in USA degli anni successivi, a cominciare dai Van Halen che, non a caso, si faranno produrre i primi dischi da Templeman, ma l’ispirazione a questo lavoro si può trovare in una miriade di altri gruppi, tanto da poter tranquillamente dire che ha gettato le basi per contribuire a definire un’intera scena musicale. Se nell’89 la rivista Kerrang! lo aveva messo al 4° posto fra i migliori album heavy metal di ogni tempo, una ragione evidentemente c’era, per trovarla basta ascoltarlo.