Michael Schenker Fest – Recensione: Revelation

Dopo un tour di buon successo e un album tutto sommato riuscito come “Ressurrection” non c’era forse molto più da chiedere ad un veterano come Michael Schenker, ed in effetti questo suo nuovo “Revelation” poco aggiunge a quanto tutti noi abbiamo apprezzato del progetto “Fest”. Tenendo infatti come punto fermo che il nostro rimane uno dei più grandi guitar hero di tutti i tempi e che bene o male solo sentirlo per l’ennesima volta alle prese con il suo classico rock riffing e i suoi assoli fulminei farà piacere a chiunque lo segue da una vita, rimane il fatto che l’effetto reunion storica dell’album precedente e della seguente turné non si può replicare con la stessa efficacia.

L’unico modo sarebbe stato forse quello di azzeccare un nutrito gruppo di canzoni, sovvertendo la regola che vede i dinosauri del rock/metal alle prese con un passato impossibile da eguagliare… un sogno da cui però la scaletta di “Revelation” ci strappa molto presto, visto che già i primi tre brani sono un buon esempio di manierismo di lusso, che vede si interpreti di valore, ma che in fondo ripropone lo stesso schema a cui siamo abituati. Se sull’album precedente l’alternanza dei cantanti e i cori proposti a più voci avevano regalato quel pizzico di novità che aveva scatenato un po’ di interesse, qui la formula viene riproposta molto simile, anche se rafforzata. Sono infatti un numero maggiore i brani in cui Barden, Bonnet, Wright e Mcauley cantano insieme, ma a parte ciò le tracce scorrono sicuramente in modo piacevole, ma senza lasciare mai la sensazione di star ascoltando quella canzone così unica da diventare un classico.

Qualche bella linea vocale, come in “Sleeping With The Lights On” e “Under A Blood Red Sky” o la presenza di un ennesimo ospite, Ronnie Romero, su “We Are The Voice” ravvivano un po’ l’insieme, ma in fin dei conti l’album uscito giusto l’anno scorso aveva già raccontato più o meno tutto e questo nuovo lavoro esce forse troppo a ridosso per ispirare allo stesso modo curiosità e simpatia. Godibile si, essenziale assolutamente no.

Etichetta: Nuclear Blast

Anno: 2019

Tracklist: 01. Rock Steady 02. Under A Blood Red Sky 03. Silent Again 04. Sleeping With The Light On 05. The Beast In The Shadows 06. Behind The Smile 07. Crazy Daze 08. Lead You Astray 09. We Are The Voice 10. Headed For The Sun 11. Old Man 12. Still In The Fight 13. Ascension

riccardo.manazza

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Incapace di vivere lontano dalla musica per più di qualche ora è il “vecchio” della compagnia. In redazione fin dal 2000 ha passato più o meno tutta la sua vita ad ascoltare metal, cominciando negli anni ottanta e scoprendo solo di recente di essere tanto fuori moda da essere definito old school. Il commento più comune alle sue idee musicali è “sei il solito metallaro del cxxxo”, ma d'altronde quando si nasce in piena notte durante una tempesta di fulmini, il destino appare segnato sin dai primi minuti di vita. Tra i quesiti esistenziali che lo affliggono i più comuni sono il chiedersi il perché le band che non sanno scrivere canzoni si ostinino ad autodefinirsi prog o avant-qualcosa, e il come sia possibile che non sia ancora stato creato un culto ufficiale dei Mercyful Fate.

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