L’occasione dell’uscita del nuovo album dei Metallica è una di quelle per cui servono più punti di vista. Ecco quindi la nostra recensione multipla. Buona lettura!
Ogni volta che i Metallica annunciano un nuovo album, il mondo della musica alternativa si ferma a guardare. Non importa se “i Metallica sono morti dopo Justice” o se “sono l’unica band ancora valida nei Big 4”, Hetfield e compagnia hanno questo potere. Il potere di una band con 40 e rotti anni di carriera, che fa uscire un album ogni quando hanno voglia. Di preciso sono passati 7 anni da “Hardwired… To Self Destruct”, disco che ho consumato. La voglia di scrivere era palpabile e, pur non tirando fuori un capolavoro, la band mi aveva tenuto incollato al lavoro precedente. Per questo mi sono approcciato a “72 Seasons” con cauto ottimismo, conscio che probabilmente avrei ascoltato del buon materiale ma nulla di divino. Posso confermare che le aspettative sono state rispettate alla grande.
L’album si apre con la title track, che a mente ancora calda mi sento di definire una delle mie tracce preferita dell’era Trujillo. Veloce, graffiante, con una buona dose di riffing vecchia scuola ed un ritornello in cui James trasmette tutta la sua rabbia. Sono quasi 8 minuti di pezzo ma volano via senza che l’ascoltatore se ne accorga. Un vanto che non molte altre tracce nel disco hanno, ahimè. Il progetto comunque procede alla grande con “Shadows Follow”, con i suoi grooves schiaccianti conditi da melodie inaspettatamente catchy. La canzone fa per questo disco ciò che “Sad But True” fece per il Black Album: getta i toni. “72 Seasons” è infatti un disco che fa del midtempo il suo forte. Un po’ per esigenza, visto che non è realistico aspettarsi un disco alla Puppets da un quartetto di over-60. Un po’ per intenti anche dichiarati da Hetfield, che etichetta il lavoro come molto scuro sia nelle tematiche che nella scrittura. Immaginatevi un figlio ribelle tra il Black Album e Kill ‘Em All. “Screaming Suicide” passa a pieni voti, forse perché in quanto singolo pre lancio ci ho passato più tempo. Alcune melodie ricordano “Death Magnetic”, ma a sto giro la produzione è cristallina. Forse un po’ troppo, soprattutto per quanto riguardano le batterie palesemente di plastica. Che Urlich abbia effettivamente suonato o meno è lungi da me dirlo, ma c’è una mano di produzione sopra che è pesantissima. Un pro del lavoro in studio è invece che a questo giro il basso di Robert è udibile non solo ai cani ma anche all’uomo. Certo, il suo talento è comunque poco utilizzato come da triste routine, ma almeno si sente la sua mano. E la sua voce, in “You Must Burn!”, che segue “Sleepwalk My Life Away” nella tracklist. Nessuna delle due tracce mi ha colpito particolarmente, se non per la pesantezza dei riffoni in “You Must Burn!” ed il ritornello ear-candy di “Sleepwalk…”. Entrambi i pezzi soffrono di un minutaggio troppo esagerato e di un ammasso di riff che nasconde però poca sostanza. È la storia più vecchia del mondo, i Metallica scrivono tanti riff e a volte non capiscono che forse andrebbero dosati meglio.
“Lux Æterna” ormai la conosciamo tutti, il ritorno di forma che ha fatto così sorridere i fan. Da qui il trittico che mi entusiasma di meno in tutto il progetto. “Crown Of Barbed Wire”, con i suoi richiami all’era di Load, “Chasing Light” con il suo buonismo lirico e “If Darkness Had A Son”. Con il suo… i suoi… nulla, faccio davvero fatica a trovare dei pregi in questa canzone. Dove so che ai due pezzi prima servono solo più ascolti da parte mia, soprattutto per il potenziale mostrato da “Chasing Light”, a “Darkness…” ne ho dati veramente troppi. Poca fantasia nel riffing, poca fantasia nelle melodie, una durata veramente esagerata che mi ha portato alla mente alcuni dei pezzi meno felici di “Hardwired”. Una lode a “72 Seasons” però per avermi riconquistato subito con “Too Far Gone?”, forse il mio pezzo preferito del progetto insieme alla title track. Un insieme di melodie vocali di stampo punk ed un guitar work encomiabile, soprattutto per quelle armonizzazioni da pelle d’oca nel bridge. Anche un assolo che, visto i precedenti, poteva uscire davvero molto peggio. In generale, il livello degli assoli di Kirk è salito rispetto al disco precedente. Non che ci volesse molto, e non che siamo a dei livelli altissimi neanche qui. Però è giusto dare a Kirk quello che è di Kirk. In dirittura d’arrivo, la thrashona e molto godibile “Room Of Mirrors” lascia gli oneri di chiudere a “Inamorata” con i suoi mastodontici 11 minuti di lunghezza. Nonostante l’impatto visivo della doppia cifra che può spaventare qualcuno, la traccia si lascia ascoltare piacevolmente. Uno dei ritornelli più azzeccati negli ultimi anni della band, un sacco di riff divertenti ed un’atmosfera azzeccatissima firmano la fine di tutte e 72 le stagioni.
Poco da aggiungere, i Metallica hanno ancora una volta dimostrato che fanno musica con il giusto spirito. Per una band con la loro carriera, sanno ancora scrivere per divertirsi. Ormai al di sopra di mode e trend vari, il disco ha un sound tutto suo, che onora il passato del quartetto ma ritagliandosi un posto nella discografia con cattiveria e groove spezza-collo. Il mondo della musica alternativa si è fermato di nuovo a guardare, ed ha visto una grande band fare quello che sa fare meglio. (Matteo Pastori)
Degno successore di “Hardwired… to Self-Destruct”, “72 Seasons” è tutto quello che ci si può aspettare dai Metallica nel 2023. Con “Hardwired” non condivide solo la durata di 77 minuti, ma anche il sound a metà tra thrash degli anni ’80 e metal commerciale. Come ben sappiamo, molto è cambiato dai tempi di “Kill ‘Em All”, ma quello che è rimasto uguale è la schiettezza con cui vengono scritti i testi. In “72 Seasons” troviamo un James Hetfield concentrato sul superare i demoni personali piuttosto che seguirne l’esempio, come se fosse appena uscito da una sessione di terapia.
Anche se “72 Seasons” non è un vero e proprio concept album, c’è un tema di fondo che unisce tutte le tracce: i primi 18 anni della nostra esistenza, che definiscono nel bene e nel male chi diventiamo nella vita adulta. Gran parte di quello che succede dopo è una rievocazione o reazione a queste esperienze, o rimaniamo prigionieri della nostra infanzia o ci liberiamo da essa una volta per tutte. L’idea di come le nostre vite adulte siano modellate dai nostri sé più giovani è rafforzata dalla copertina del disco che raffigura una culla distrutta, circondata da pezzi rotti di giocattoli. Ma alla fine di questo viaggio la nostra anima è come ripulita e, senza dubbio, la scrittura e la composizione del disco devono aver aiutato anche James Hetfield, che appare visibilmente più sano rispetto a come lo ricordavamo nel 2019 e rinato anche dal punto di vista sentimentale dato che dopo il divorzio con la storica moglie Francesca Tomasi ha da poco annunciato sui social l’inizio di una nuova storia d’amore.
A livello di sound, invece, “72 Seasons” attinge da “Hardwired”, dalla coppia “Load/Reload” e dal celebre “Black Album”, i riff creano un’atmosfera oppressa e ogni tanto esplodono in sezioni più armoniche. Kirk Hammett, più in forma che mai, ci regala alcuni assoli incredibili come quello di “If Darkness Had a Son” e rubare la scena in “You Must Burn!” e nella conclusiva “Inamorata” (no, non ho dimenticato una “n”, si chiama proprio così). Altrettanto presente è il basso granitico di Rob Trujillo che si impone prepotentemente in apertura a “Sleepwalk My Life Away” e che crea una base solida in tutte le tracce. “72 Seasons” ha molti momenti trash, come le più veloci “Screaming Suicide” e “Room of Mirrors”, oppure la compatta e riuscitissima “Lux Æterna”, ma anche dei momenti in cui il ritmo rallenta, come “Crown Of Barbed Wire”, molto in stile “Load” e la già citata “Inamorata”, un colosso da 11 minuti che a tratti ci ricorda il dinamismo di brani come “The Unforgiven III”, ma che, almeno ad un primo ascolto, non riesce a conquistarci completamente.
Certo, non sarebbe un nuovo album dei Metallica senza una lamentela sulla produzione. La cosa buffa è che, a differenza di “St. Anger”, in cui si criticava il rullante che suonava come un bidone della spazzatura, in “72 Seasons” si critica l’inaspettata precisione di Lars Ulrich e non sono mancati subito i dibattiti tra i fan che pensano sia coinvolta una programmazione della batteria. In ogni caso, ogni membro dei Metallica offre il suo contributo in maniera equilibrata, tutto risulta coerente e ben amalgamato. Questo perché, dopo più di 40 anni di carriera, sanno benissimo chi sono e cosa possono offrire al panorama musicale nel 2023. Se siete nostalgici del suono grezzo dei primi album, allora “72 Seasons” non farà per voi perché James Hetfield e compagnia non stanno cercando di riconquistare gli anni ’80 o di superare i loro capolavori indiscussi, ma piuttosto stanno consolidando la loro personalità immediatamente riconoscibile continuando in parte a sperimentare. “72 Seasons” è un album solido e compatto, con riff potenti intermezzati dal tocco di Hammett che salva anche i brani più ripetitivi. Quello che manca però, a mio avviso, è una ballad o un pezzo più struggente sullo stile di “Fade To Black” e “No Leaf Clover”. In ogni caso, questo è il suono di una band che si diverte, che sa come scrivere un riff e una canzone, mentre abbraccia la propria eredità di maestri del metal. “72 Seasons” è album molto sicuro, che evita alcune delle insidie del passato, ma che allo stesso tempo non riesce totalmente ad accendere il cuore. Solo il tempo ci dirà quale sarà il suo destino all’interno della discografia dei colossi del thrash metal. (Roberta Rustico)

Etichetta: Blackened Recordings Anno: 20023 Tracklist: 01. 72 Seasons 02. Shadows Follow 03. Screaming Suicide 04. Sleepwalk My Life Away 05. You Must Burn! 06. Lux Æterna 07. Crown of Barbed Wire 08. Chasing Light 09. If Darkness Had a Son 10. Too Far Gone? 11. Room of Mirrors 12. Inamorata Sito Web: https://www.metallica.com |
Manca la passione, la rabbia vera. I riffs sono di una povertà disarmante. Come per molti miei coetanei, i Metallica sono stati una leggenda fino a Justice. Dopodiché il dollaro ha preso il sopravvento e la loro creatività è andata a farsi benedire.
dai il black album è gigantesco
(in reply to )a me sembra reload parte seconda, death magnetic l’ultimo colpo di coda
Non vi accorgete di un gran disco nemmeno quando ce l’avete sotto il naso. Questo 72 Seasons è il loro migliore dal Black Album. La titletrack, Shadows Follow, Crown of Barbed Wire (che sembra uscita da una collaborazione con Jerry Cantrell…), If Darkness Had a Son…Inamorata…la produzione poi è qualcosa di grandioso. I suoni della batteria sono assurdi. Li davo anche io per morti…invece…