Messa – Recensione: Feast For Water

Con il debut album “Belfry” (2016), i veneti Messa avevano già messo in luce molte buone idee, sviluppate con rinnovata inventiva nel secondo capitolo “Feast For Water”. Il four-piece riunisce musicisti provenienti da panorami diversi e la cosa può avere dato una spinta a creare una simile combinazione di elementi che si incontrano in armonia nel denominatore comune del doom.

Ma i Messa non sono soltanto doom metal, la loro rilettura delle sonorità sabbathiane comprende anche elementi ambient, jazz, blues e un tocco di malinconia southern gothic del tutto particolare. L’intro ambient “Naunet” è l’ideale apertura di “Snakeskin Drape”, un brano dai ritmi ricorsivi e distorti che alternano una melodia epica e di presa tessuta dalle chitarre di Alberto Piccolo e Mark Sade (anche istrionico bassista) a oniriche parentesi blues in cui saremo cullati dalla voce sensuale ma potente di Sara.

La produzione ruvida e riverberata si rivela una scelta vincente, ottima per preservare il gusto vintage che emerge dai solchi del disco. Proseguiamo in un viaggio che fa proprie reminiscenze seventies miste a una musicalità attuale che non si limita affatto alla mera riproposizione. “The Seer” fa salire sugli scudi le percussioni dal flavour tribale di Mistyr, apertura di un brano che ospita il sinistro fantasma dei Sabs. Si continua alla grande con “She Knows” e “Tulsi”, due pezzi legati da un finale/incipit elettrificato. Il primo contempla numerose parentesi jazzate, mentre Sara declama con eleganza un refrain di grande presa. “Tulsi” possiede un’anima decisamente orientata al metal, quasi estremo, con le accelerazioni delle chitarre e il ricorso a brevi parti di voce in screaming. Qui entra un sax che, sognante e notturno, funge da controaltare alle parti dissonanti della canzone.

“Feast For Water” è un ascolto in cui si rincorrono emozionalità e inquietudine; in “White Satin” (seguita dalla outro strumentale “Da Tariki Tariqat”), respiriamo atmosfere lynchiane, tra pennellate progressive e un graffiante dark/doom dai ritmi pressanti e dronici che accompagnano la voce della front-woman, ancora capace di distinguersi.

Un eccellente compromesso tra la ripresa delle sonorità d’antan e la volontà di dire la propria in un panorama sempre più saturo. Bravi davvero, i Messa.

Voto recensore
8
Etichetta: Aural Music

Anno: 2018

Tracklist: 01. Naunet 02. Snakeskind Drape 03. Leah 04. The Seer 05. She Knows 06. Tulsi 07. White Stain 08. Da Tariki Tariqat
Sito Web: https://www.facebook.com/MESSAproject

andrea.sacchi

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Poser di professione, è in realtà un darkettone che nel tempo libero ascolta black metal, doom e gothic, i generi che recensisce su Metallus. Non essendo molto trve, adora ballare la new wave e andare al mare. Ha un debole per la piadina crudo e squacquerone, è rimasto fermo ai 16-bit e preferisce di gran lunga il vinile al digitale.

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