Recensione: Songs Of Love & Death

E’ molta la curiosità attorno al progetto Me And That Man, two-piece che unisce le forze di due personalità musicali ben distinte e (quasi) agli antipodi, ovvero Nergal (lìder màximo dei Behemoth) e il cantautore anglo-polacco John Porter.

I Me And That Man nascono come un ensemble totalmente estraneo al mondo del metal (con il quale le continuità sono solo di carattere emozionale) e abbraccia derive blues rock malinconiche dal profondo feeling western, con quella vena southern gothic che ricalca le sonorità attualmente percorse, ad esempio, da Chelsea Wolfe e dai King Dude. L’ascolto di “Songs Of Love & Death” (chiaro il riferimento al celeberrimo “Songs Of Love & Hate” di Leonard Cohen) riserva però continui rimandi ad artisti come Nick Cave, Tom Waits, lo stesso Cohen e al Johnny Cash introspettivo della maturità.

“Introspettivo” è un termine che calza a pennello a “Songs Of Love & Death”, un disco che di certo non introduce novità di rilievo in questo mondo musicale, ma riserva canzoni piacevoli, a volte ballad, altre più dinamiche dimostrazioni di questo modo di intendere il rock. Sempre sotto un cielo plumbeo. Il sound volutamente sporco e riverberato dell’album ci trasporta in questa dimensione dove Nergal libera energie nascoste attraverso dei brani spesso ricorsivi ma dotati di una efficace melodia portante, siano esse nell’ottica della nostalgia acustica o di una elettrica canzone blues.

L’edita “My Church Is Black” mostra il lato oscuro del duo e le labili ma esistenti continuità all’universo del metal estremo con il testo “eretico” di Nergal. Le note sono lunghe e malinconiche, i cori e un’armonica solitaria rafforzano il brano. Le successive “Nightride” e “On The Road” propongono invece un sound più tipicamente rock, secco e desertico, che esce dalla chitarra elettrica. Bravo il nostro Nergal in queste vesti inedite, con il suo crooning pieno e lamentoso.

Il disco si muove poi tra ballate, ad esempio “Cross My Heart And Hope To Die”, che ancora ci riporta al mood lacrimevole dell’ultimo Johnny Cash, la particolarissima “One Day”, orecchiabile e solare nell’utilizzo dei cori gospel e ancora “Ain’t Much Loving”, che riprendendo il groove noir di “My Church Is Black” va a chiudere idealmente il disco in modo circolare. Spazio anche a del buon rock semplice, sincero e con un forte feeling sixties come “Better The Devil I Know”, “Magdalene” e “Shaman Blues”.

“Songs Of Love & Death” non è certo quell’album che ti aspetteresti da Nergal, ma si avverte quanto sia sincero e venga dal cuore. I Me And That Man non sono dunque una semplice alternativa ai Behemoth ma una realtà distinta che potrebbe raccogliere consensi anche al di fuori del pubblico di riferimento.

Andrea Sacchi

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Poser di professione, è in realtà un darkettone che nel tempo libero ascolta black metal, doom e gothic, i generi che recensisce su Metallus. Non essendo molto trve, adora ballare la new wave e andare al mare. Ha un debole per la piadina crudo e squacquerone, è rimasto fermo ai 16-bit e preferisce di gran lunga il vinile al digitale.

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