Marillion – Recensione: Marbles

‘Marbles’ è il disco che visse tre volte.

La prima come atto di fede chiesto dai Marillion ai propri fan.

Ovvero: voi pagate, neppure poco, in anticipo e noi promettiamo di scrivere grande musica in totale indipendenza artistica.

La seconda come doppio CD in edizione limitata, con sciccosissimo booklet fotografico allegato, per i fedeli di cui sopra. (Ora è disponibile, sempre e solo attraverso il sito della band, anche in confezione meno sfarzosa & costosa)

Ovvero: la qualità la offriamo ma costa, baby.

La terza come album ‘depurato’ di quattro episodi, destinata ai ‘normali’ negozi di dischi. Preannunciato da un’abile campagna di marketing e coordinazione dei fan (sempre loro) che hanno risposto all’appello comprando in massa il singolo ‘You’re Gone’ e trascinandolo di conseguenza nella top ten britannica.

Ovvero: dopo anni, i Marillion di nuovo nel radar dei mass media generalisti.

Ironico che questo avvenga con la produzione di Rothery&Co. più difficile da approcciare dai tempi di ‘Brave’, all’incirca.

Un disco bello, un concept, maturo (chi associa il concetto di ‘maturità’ a quello di ‘noia’ è un fesso) e di ampio respiro. Non un capolavoro assoluto come ‘Brave’, ma riuscito. Con un’alternanza di pezzi lunghi e complessi, che lavorano per accumulazione successiva di elementi e strati sonori, ed episodi più stringati sconfinanti nel pop di prima classe.

Nel senso buono.

Materiale da cui emerge la passione per Beatles e Pink Floyd (‘Neverland’) o magari per degli XTC in ritardo con la dose di Prozac (‘Drilling Holes’) senza dimenticare che, soprattutto dopo l’ingresso di Steve Hogarth, i Marillion una loro identità precisa la hanno saputa sviluppare senza infilarsi in qualche nicchia nostalgica.

A proposito dello splendido cantante è doveroso sottolineare che la sua prestazione, unita alla solita sequela di testi chirurgici nella precisione con cui rappresentano emozioni di perdita e speranza e malinconia, è da pelle d’oca.

Riguardo il lato pop di ‘Marbles’, le melodie azzeccate dell’elettroacustica ‘Don’t Hurt Yourself’, della moderna (nella produzione vagamente elettronica) ‘You’re Gone’ o della notturna e distesa ‘Angelina’ (graziata da un gustosissimo assolo in vena gilmouriana da parte Rothery) dimostrano la perizia artigianale del combo nel circuire l’ascoltatore meno avvertito senza scadere nel banale. Dimenticatevi della vecchia ‘No One Can’, se ancora vi perseguita.

Tutto questo basterà a portare di nuovo fama e gloria ai Marillion riscopritori della perduta arte delle biglie?

Citando il titolo di una delle tracce omesse nella versione retail, ‘l’unica cosa imperdonabile’ è che il concept nel suo complesso rimarrà inaccessibile tramite le reti di vendita tradizionali.

Tenendo però conto che le canzoni assenti sono in genere tra le meno eterodosse rispetto al sound marillico, chi volesse avvicinarsi al combo inglese per la prima volta attraverso l’edizione dietetica di ‘Marbles’ probabilmente potrà farlo evitando di affrontare troppo presto inutili pregiudizi.

Ascolto ed esperienza emotiva consigliati.

Voto recensore
8
Etichetta: Intact / Edel

Anno: 2004

Tracklist: 01.The Invisible Man
02.Marbles I
03.You're Gone
04.Angelina
05.Marbles II
06.Don't Hurt Yourself
07.Fantastic Place
08.Marbles III
09.Drilling Holes
10.Marbles IV
11.Neverland
12.You're Gone (Single Mix)

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