Lycia – Recensione: Casa Luna

“Una musica oscura, a tratti spalancata e allo stesso tempo chiusa su sé stessa; un muro di suono che si disintegra in una foschia ambient di ritmi letargici e accordi stanchi del mondo”.

Così il filosofo Eugene Thacker descriveva le sonorità dei Lycia durante un’intervista di qualche anno fa, e mai definizione fu più azzeccata. La band, nata come progetto solista di Mike VanPortfleet nel lontano 1988, è orgogliosamente sopravvissuta alle mode musicali e ai cambi di line up, coltivando il valore della propria autenticità. Ad oggi ne fanno parte stabilmente Tara VanFlower, presenza stabile da oltre vent’anni, ed i ritrovati John Fair e David Galas. Oltre a un nutrito ed affezionato seguito nella scena underground, fra gli ammiratori più illustri dei Lycia ricordiamo Trent Reznor e Peter Steele, che a metà degli anni ’90 li volle in tour coi Type O Negative.

L’11 giugno vedrà la luce “Casa Luna”, nuovo EP della band nonché seguito ideale di “In Flickers”, uscito nel 2018. Lo stile è ancora una volta inconfondibile: una dark wave elegante ed eterea, permeata dalla languida malinconia di suoni ora morbidi ed avvolgenti, ora cupi o affilati con rasoi. La bravura di VanPortFleet e soci sta soprattutto nel creare veri e propri scenari visivi, magistralmente costruiti grazie al sapiente utilizzo di tastiere e synth, ad un caratteristico riverbero di chitarre variamente stratificate, e non da ultimo al riuscito matrimonio (per altro non solo artistico) fra la voce limpida e melodiosa della VanFlower e quella roca e decisamente più dark di VanPortfleet.

Nel nuovo EP trovano spazio due pezzi recuperati da un demo del 1989 e ri-arrangiati per l’occasione. Il primo, “Except”, è un brano sospeso e sognante; il secondo, “Galatea”, si presenta tanto danzereccio quanto intriso di malinconia, con la promessa intrinseca di fare faville nei dancefloor dei principali goth club del globo. In entrambi suona forte e chiara l’influenza di band come Clan of Xymox e Dead Can Dance, soprattutto nell’uso ben calibrato di synth e drum machine.

Lenta ed ipnotica è “A Quiet Way To Go”, la canzone con cui la band ha deciso di aprire il disco. L’atmosfera è più che mai ovattata e vagamente sinistra, mentre VanPortfleet sussurra in loop un unico verso, quasi come fosse un mantra per accogliere lo spleen e cullarlo con sé. Si spinge più verso l’esplorazione dell’elettronica “Salt & Blood”, brano che deve molto all’eccellente interpretazione della VanFlower, mentre “Do You Bleed” nasce proprio dall’esigenza della cantante di cimentarsi in un pezzo più heavy, caratterizzato per l’appunto da un suono più grezzo e pesante rispetto agli standard della band. C’è un qualcosa di spagnoleggiante nella chitarra di “On The Mezzanine”, uno dei pezzi più riusciti di “Casa Luna”, che con i suoi tre minuti scarsi costituisce un perfetto manifesto dell’inconfondibile stile onirico dei Lycia.

Sarebbe scontato consigliare l’ascolto di questo disco in una giornata fredda e piovosa, osservando magari le vite degli altri scorrere fuori da una finestra. Dategli una possibilità in un giorno qualsiasi, mentre vi sentite frastornati da voi stessi e dai vostri pensieri: non vi porterà certo a una soluzione, ma vi darà dimostrazione di come, dalla malinconia, spesso possa nascere qualcosa di buono.

Etichetta: Avantgarde Music

Anno: 2021

Tracklist: 01. A Quiet WayTo Go 02. Do You Bleed? 03. Except 04. On The Mezzanine 05. Galatea 06. Salt & Blood

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