Recensione: Lux Mundi

Eravamo curiosi di capire quella che sarebbe stata l’ulteriore evoluzione stilistica dei Samael, dopo il sentito ritorno alle sonorità primigenie con l’album “Above”, inquadrato dalla band come una sorta di anello mancante tra “Ceremony Of Opposites” e “Passage”. Ebbene, senza perdersi in calcoli empirici e nemmeno nella volontà di stupire ad ogni costo, “Lux Mundi” si accosta proprio alle sonorità di “Passage”, evolvendole di un ulteriore gradino e rivelandosi la naturale prosecuzione di “Above”. Aspettiamoci dunque un utilizzo della componente black costante, con brani che spesso fanno della velocità il loro punto di forza, unita come di consueto alla voce di un Vorph che punta in modo deciso sulla potenza. Accanto a quest’anima, ecco intervenire parentesi sinfoniche e brevi contaminazioni di musica elettronica a fungere da ricamo ma perfettamente incastonate nell’alchimia di ogni pezzo. In questo senso colpiscono subito nel segno “Luxferre” e la tonante “Antigod”, senza dubbio efficaci nella loro muscolarità, ma per ascoltare ciò che di meglio i Samael di oggi hanno da offrirci, bisogna attendere “Of War”, “Mother Night” e “Sol Invictus”, gemme di rabbia primordiale che smussano gli angoli intorno a pregevoli passaggi di tastiere e momenti di incantevole melodia, melodia che riprende e ridipinge in un contesto attuale, le atmosfere siderali di “Eternal”. Non c’è altro da aggiungere, se non che “Lux Mundi” vince per l’ottimo gusto delle composizioni e una varietà naturale che esula da ogni forzatura. Un disco da avere.

Andrea Sacchi

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Poser di professione, è in realtà un darkettone che nel tempo libero ascolta black metal, doom e gothic, i generi che recensisce su Metallus. Non essendo molto trve, adora ballare la new wave e andare al mare. Ha un debole per la piadina crudo e squacquerone, è rimasto fermo ai 16-bit e preferisce di gran lunga il vinile al digitale.

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