Lu Silver (al secolo Luca Donini) è un batterista e cantautore di Rimini che, dopo le prime esperienze in cover band hard e classic rock che risalgono ai primi anni novanta, ha successivamente partecipato a progetti originali (Strange Here, Thee Hairy Fairies, Small Jackets), collaborato con Paul Chain, supportato in tour New York Dolls e Hellacopters e dato finalmente avvio ad una carriera più personale con la The Lu Silver String Band ed il suo progetto interamente solista. Ed è proprio presentandosi con il suo nome d’arte che l’artista romagnolo, dopo la pubblicazione del disco di debutto “Lu… Voices, Harmony, Silver Strings” nel 2013 torna oggi con “Luneliness”, gioco di parole chiaramente ispirato al tema della solitudine, dell’esplorazione interiore e del nostro rapporto con l’isolamento. Una solitudine che gli artisti conoscono e spesso ricercano, uno stato dell’essere che a volte salva e purifica, ma che quando è imposto (dal lockdown che tutti ricordiamo) può assumere i connotati di una costrizione soffocante, crudele ed insopportabile. “Luneliness” diventa allora un lavoro di intensità e spessore particolari, perché se da un lato racconta per immagini le intersezioni complicate tra privazione ed ispirazione artistica, dall’altro vede la partecipazione di diversi musicisti ospiti – quasi una decina – la cui presenza rappresenta uno spiraglio ed una possibile via d’uscita dalle quattro mura che nel recente passato hanno delimitato la nostra stanza, e la nostra vita sociale.
Caratterizzate da strutture semplici, quasi a non volerne compromettere la purezza del sentimento, le dieci tracce contenute in questo nuovo lavoro sono piccoli e delicati riquadri di vita quotidiana che – proprio attraverso la linearità apparente del rock acustico – raccontano il momento, colgono il passaggio, respirano e si rincorrono in una bellissima tensione orchestrale che cresce con il passare dei minuti. Trombe, percussioni e hammond si aggiungono poco a poco, come acquerelli, restituendo il senso di una girandola paesana e di un’orchestrazione che ha davvero il senso di unione, condivisione, mano tesa. Traccia dopo traccia, si avverte così l’importanza della connessione umana con le persone, i luoghi ed a volte le cose: nel modo in cui Lu ricorda e descrive si avverte uno sguardo rivolto al futuro che è risposta, reazione e rivalsa, quasi a sottolineare la forza della musica quando si tratta di unire, connettere e ripartire. Un messaggio positivo, dunque, e mentre il vinile continua a ruotare (perché “Luneliness” è disponibile anche in questo formato, che con il rock acustico va concettualmente a nozze), davanti ai nostri occhi comincia a comporsi un quadro che passa con tutta la leggerezza del quotidiano dallo struggente (“All My Fault”) al vivido, dal languido (“Always The Same”) al ritmato (“I’ll Always Be The Man From Yesterday”), sempre interpretato con una passione autentica ed un talento da cantautore vero che coinvolge e suggerisce sottovoce, senza graffiare.
Dal rock degli anni settanta ad alcune piacevoli aperture di richiamo country (“I’m Losing You”), le ventiquattro ore di “Luneliness” sono un viaggio nel microcosmo dei sentimenti, fotografato dal punto di vista di un artista che nella musica trova senso di scopo, relazione, emozione e salvezza. E tra un ascolto e l’altro si ha la sensazione che dentro al disco succedano cose spettacolari ma non spettacolarizzate: il passare del tempo (“Day After Day”), il mistero del sentimento, il senso della perdita… ma anche il piacere di ritrovare un’amicizia, di condividere un sorriso, di prendere quello che viene con uno spirito che per chi compone e progetta è raramente di passiva e sterile rassegnazione. Al contrario, dalla sua bella copertina (realizzata dall’artista e cantautore Conny Ochs) alla misura con la quale è interpretato, “Luneliness” offre quel tipo di esperienza nella quale tutti possono riconoscersi, per la sua capacità di descrivere in versi quella dimensione umana e universale che va oltre lo stile, il look ed il linguaggio. Meno etereo e sperimentale di un Adam Darski, deliziosamente più prossimo e terreno come una vecchia canzone dei Mr.Big, dei Pink Floyd o dei Cream, questo disco coglie il dettaglio intimo della nostra stessa esistenza, quello con il quale l’isolamento ci ha rimesso forzatamente in contatto e che al suo interno racchiude l’energia per cantare, finalmente insieme, una bella canzone nata sulle colline romagnole.