Lost Society – Recensione: If The Sky Came Down

Ennesima controversa fatica per i Lost Society, formazione finlandese dalle radici puramente thrash. Che i quattro non fossero più i ragazzini di “Fast Loud Death” (2013) si era capito da un po’, soprattutto dopo il loro disco spacca-masse del 2020, “No Absolution”. Quest’ultimo però mi ha sempre lasciato un senso di maturità compositiva che mancava nelle sfuriate dei primi anni, facendomi apprezzare la nuova direzione intrapresa dalla band. Un mix di Trivium, Children Of Bodom, qualche punta di nu metal e tanta precisione esecutiva hanno reso “No Absolution” uno dei lavori più godibili del gruppo. “If The Sky Came Down” continua sulla falsa riga del progetto precedente, puntando su ancora più influenze derivanti dal metal di stampo moderno, che sia core o simili. 

L’album si apre con prepotenza grazie all’impatto sonoro di “112”, pezzo che conferma le buone impressioni che “No Absolution” mi aveva lasciato, e con un ritornello spaventosamente catchy. “What Have I Done” segue la scia del pezzo precedente, rallentando un attimo ma sfoggiando una ragionata sensibilità compositiva. Le sopracitate influenze nu si fanno sentire in “(We Are The) Braindead” e “Stitches”, che personalmente mi fanno tornare in mente quelle compilation in cui passavi dagli Slipknot ai Linkin Park senza farti troppe domande. Seriamente, “…Braindead” forse oltrepassa la linea tra inspirazione e pseudo-plagio. Poco male, il pezzo fa onore alla sorgente da cui attinge a piene mani e da fan dei 9 dell’Iowa mi sono comunque trovato a casa per quei 3 minuti.
Sfortunatamente, più ci avviciniamo alla seconda metà del disco e più lo stesso inizia a peccare di interesse. Dopo la ragionata power-ballad che è “Awake”, le successive “Underneath”, “Creature” e “Hurt Me” mi hanno lasciato poco con il loro alternative un po’ troppo canonico. Se c’è una cosa che comunque mi ha tenuto incollato al progetto con il sorriso è la produzione cristallina del tutto. Anche nei pezzi meno eccitanti, c’è sempre una nota di basso, un synth o magari un solo di chitarra che splende e si fa ascoltare grazie ad un lavoro dietro ai suoni in linea con i grandi del genere. Molto moderno come concezione, ma praticamente impeccabile nell’esecuzione. È la title-track a riprendersi l’attenzione anche a livello compositivo, per poi lasciare il posto alla splendida closer “Suffocating”, che tra un arpeggio di piano ed una percussione che riverbera nell’aria, sfoggia tutta la crescita canora di Samy. Decisamente la sua performance migliore in 13 anni di band, con un controllo vocale eccellente ed un timbro super personale e contagioso. Ovviamente va fatto un plauso anche al guitar work generale, che sicuramente mostra meno i denti rispetto al periodo più thrash del quartetto ma si mette comunque in mostra alla stragrande. Non mancano assoli che, visto il calibro dei chitarristi, sono sempre azzeccati. 

Insomma no, “If The Sky Came Down” non è un disco thrash. È invece la prova che se una band ha talento, è sprecata nel limitarsi alle etichette che le vengono imposte. Personalmente preferisco tutta la vita un disco interessante ma con tendenze più pop come quest’ultimo, piuttosto che un lavoro canonico e noiosetto ma abrasivo come ciò con cui la band si era presentata nella scena. I Lost Society sono una macchina carica di idee e, piano piano, lo stanno dimostrando anche a chi da subito ha dubitato delle loro potenzialità. Peggio per chi preferisce vivere aggrappato ad un ideale di ciò che la musica dovrebbe essere, senza aprire la mente a ciò che la musica invece è.

Etichetta: Nuclear Blast Records

Anno: 2022

Tracklist: 01. 112 02. What Have I Done 03. (We Are The) Braindead 04. Stitches 05. Awake 06. Underneath 07. Creature 08. Hurt Me 09. If The Sky Came Down 10. Suffocating
Sito Web: https://lostsocietyfinland.com

Matteo Pastori

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Nerd ventiquattrenne appassionato di tutto ciò che è horror, bassista a tempo perso e cresciuto a pane e Metallica. La musica non ha mai avuto etichette per me, questo fa si che possa ancora sorprendermi di disco in disco.

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