Ed eccomi nuovamente al cospetto dei Long Distance Calling band di cui ho commentato tutte le uscite discografiche qui su Metallus e che seguo dall’esordio “Satellite Bay” per il modo originale con cui ha sempre approcciato la materia musicale. Ai tempi non era sicuramente abitudine diffusa come oggi presentarsi sul mercato proponendo musica strumentale a connotazione post rock e dobbiamo riconoscere che i tedeschi, tra alti e bassi, sono sempre stati tra gli interpreti in assoluto più interessanti di questo genere con ben più di un’escursione in ambito metal e prove dal vivo davvero coinvolgenti (come testimonia il recente live “Stummfilm – Live From Hamburg”).
La loro capacità innata di far vivere all’ascoltatore esperienze quasi tangibili solo grazie a progressioni di suoni perfettamente congegnate è ancora oggi il loro punto di forza e anche questo “How Do We Want To Live?” si va ad inserire senza remore nella discografia del quartetto di Münster con il compito di risollevare il livello qualitativo che si era mostrato un po’ in fase calante col precedente “Boundless”.
I Long Distance Calling sembrano trovare nuova linfa dalla sperimentazione sui suoni di chitarra e dall’utilizzo dell’elettronica: “Curiosity (Part 2)” mette in risalto proprio questa simbiosi tra uomo e macchina, tra partiture rock ed effetti sonori. In alcuni passaggi si cerca di integrare le due anime mentre in altri si va ad agire proprio sugli strumenti (vedi la batteria nella prima parte di “Hazard”).
“Voices” mostra echi degli Alan Parsons Project per poi esplodere in una traccia rock prima sinuosa e poi più aggressiva senza tralasciare le sperimentazioni sonore di cui sopra; le stesse prendono il controllo in “Immunity” con synth alla Tangerine Dream che fanno da colonna portante del pezzo mentre le chitarre della coppia Jordan/Füntmann si rincorrono nelle loro derive alternative a volte all’unisono (ritmicamente) altre differenziandosi tra arpeggi e lead… gran pezzo!
In “Beyond Your Limits” torna a farsi sentire un cantante in un pezzo dei Long Distance Calling, dopo gli interessanti esperimenti del passato. Questa volta dietro al microfono troviamo Eric Pulverich dei Kyles Tolone che i nostri hanno scoperto per caso ma che hanno subito ritenuto fosse una voce che potesse dar risalto alla loro musica: coinvolgente la prova del suddetto cantante e una composizione in linea con l’ottimo livello dell’album in questione.
Il tema lirico (dato da interludi parlati presenti nelle canzoni) del lavoro gira intorno all’intelligenza artificiale, al progresso tecnologico, al distanziamento dalla realtà e fa riflettere l’ascoltatore soprattutto alla luce dell’epidemia che ci ha coinvolto. Il culmine di questo concept è raggiunto proprio nella conclusiva “Ashes” che chiude in maniera soffuso l’ennesimo centro dei tedeschi.