Recensione: Boundless

Tornano all’origine i Long Distance Calling, vale a dire a musica totalmente strumentale e legata a riff muscolari sapientemente mixati ad atmosfere dal taglio psichedelico con particolari rimandi all’esordio “Satellite Bay” (che è stato abbastanza di recente tributato in toto con una serie di concerti); viene abbandonata quindi la via percorsa su “The Flood Inside” e “TRIPS” perché i nostri hanno chiaramente dichiarato di trovarsi più a proprio agio in questo assetto a quattro, senza l’apporto di alcun vocalist per non perdere la naturalezza dei momenti più ispirati.

Delle percussioni tribali e un riff proto metal introducono “Out There” dove però una delle due chitarre dona una linea melodica liquida anch’essa di stampo settantiano; il pezzo comunque sembra non decollare a dovere e non è forse il miglior ritorno che potessimo presagire perché i Long Distance Calling ci hanno abituato a pezzi in crescendo di tutt’altra fattura; di un altra pasta e con un altro grado di trasporto “Ascending” che si caratterizza per un bel finale corale.

Riteniamo in generale “Boundless” uno dei lavori meno riusciti dei nostri nonostante i tedeschi abbiano cercato di recuperare la formula a loro più congeniale; l’album non riesce mai a stupire come fatto in passato a causa di una ricerca armonica decisamente meno sviluppata e anzi parrebbe quasi involuta; ci provano “Weightless” e “Skydivers” ha recuperare un po’ di qualità (cosa che alla band non ha mai difettato) ma ci sembra di poter affermare che ciò non basti a raggiungere il livello a cui i quattro di Münster ci avevano abituato.

Come per ogni lavoro con dinamiche sufficientemente ricercate il maggior numero di ascolti porterà ad una miglior comprensione del songwriting più scarno attuato dal gruppo però al momento di andare online prevale la leggera delusione per un gruppo che ci ha regalato in passato alcuni splendidi momenti di musica.

Alberto Capettini

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Fan di rock pesante non esattamente di primo pelo, segue la scena sotto mentite spoglie (in realtà è un supereroe del sales department) dal lontano 1987; la quotidianità familiare e l’enogastronomia lo distraggono dalla sua dedizione quasi maniacale alla materia metal (dall’AOR al death). È uno dei “vecchi zii” della redazione ma l’entusiasmo rimane assolutamente immutato.

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