Ancora alle prese con la sbornia di capodanno, inserito nel lettore il nuovo cd dei Lancer, ho creduto di essermi risvegliato nel 1987 e non nel 2017. “Mastery” suona, infatti, in tutto e per tutto come un lavoro degli Helloween dell’era “Keeper”, mescolando bordate speed e vocals acute, a passaggi strumentali davvero vicini ad hit come “Save Us”, “I’m Alive” ed “I Want Out”. Ma già lo sapevamo qual era la filosofia della band svedese, che già ci aveva fatto storcere il naso con il superfluo “Second Storm“. Eppure la Nuclear Blast ha concesso loro l’occasione della vita, mettendoli sotto contratto per questo terzo disco. Misteri del music businnes.
Rispetto al suo predecessore, “Mastery” gode almeno di una buona produzione, cristallina e potente, che valorizza soprattutto le ritmiche delle song. Lo si comprende ascoltando l’opener “Dead Raising Tower“, song al fulmicotone di scuola tedesca, dotata di un ritornello anthemico. I Lancer preferiscono i tempi veloci, anche se non mancano un paio di episodi più ragionati, in cui si odono tastiere in sottofondo ad accompagnare cori e controcanti, come nel singolo “Iscariot“. Il cd prosegue lungo questo, prevedibile andamento, senza sussulti, senza un pizzico di novità rispetto al solito canovaccio, con il volenteroso Isak Stenvall a cercare tonalità sempre più alte ed i suoi compagni di viaggio a svolgere il compitino.
Il 2017 non è certo iniziato sotto la stella del power. “Mastery” è un disco mediocre, che mai ci saremmo aspettati da una label cosi importante come la Nuclear Blast, che può vantare un roster da urlo. Attendiamo fiduciosi i prossimi mesi, nel frattempo rimettiamo i Lancer nel dimenticatoio.