L.a. Guns – Recensione: Renegades

Gli L.A. Guns sono sicuramente una delle band che hanno maggiormente incarnato lo spirito del rock’n’roll e fra i più grandi esponenti dello sleaze rock provenienti dal Sunset Strip. Purtroppo sono anche quelli che hanno raccolto di meno rispetto ai colleghi più illustri quali Motley Crue e Guns N’ Roses, pur avendo anche loro tutte le carte in regola per fare il gran botto che si meritavano. La loro carriera è costellata da svariati cambi di formazione e addirittura lo sdoppiamento in due band dallo stesso nome, una capitanata da Phil Lewis e il ritrovato Tracii Guns, e questa, in cui ci sono Steve Riley alla batteria, Kelly Nickels al basso, Scott Griffin alla chitarra e Kurt Frohlich alla voce. Nickels è stato un componente originario degli L.A. Guns sin dal debutto nel 1988, mentre Riley si è unito al gruppo per le registrazioni del secondo disco, “Cocked And Loaded”.

Ascoltando questo “Renegades” emerge in modo prepotente il sound della band degli esordi, con quel groove stradaiolo ed inconfondibile, e se chiudiamo gli occhi veniamo catapultati in uno degli storici club losangelini dove l’alcool e la dissolutezza la fanno da padrone. Il sound è diretto e senza fronzoli, meno moderno rispetto a quello proposto dagli ultimi lavori dell’altra omonima formazione e farà felici i più nostalgici amanti delle pistole di L.A. L’iniziale “Crawl” è una vera bomba, street rock malizioso che cattura dall’inizio con la chitarra di Griffin in evidenza, accompagnata dalla solida sezione ritmica di Riley e Nickels e quel “na na na na” ripetuto e ruffiano che si stampa in testa all’istante, a cui segue la più sorniona “Why Ask Why”, mentre con la viziosa “Well Oiled Machine” si propone il connubio vincente macchine veloci e procaci ragazze in una corsa folle e degenerata sulla Route 66.

Lost Boys” è una delle composizioni migliori di questo album, trascinante e anthemica al punto giusto ed ideale per essere cantata in sede live, seguita dalla più rilassata ballata “You Can’t Walk Away” e dall’ipnotica “Witchcraft”. Orecchiabile e contagiosa risulta “All That You Are”, dal ritmo spavaldo e sfrontato, invece la ballata acustica “Would” smorza un po’ la tensione prima delle ultime tracce, la titletrack dal retrogusto ottantiano che rimanda perfino ai  The Cult dei tempi d’oro e l’indiavolata “Don’t Wanna Know”, sporco e sculettante sleaze rock all’ennesima potenza. Con “Renegades” i nostri non hanno la pretesa di inventare nulla di nuovo, ma in queste dieci composizioni dimostrano tutto il loro valore e bravura e la voglia di recuperare le proprie radici e di riuscire a intrattenere l’ascoltatore per tutta la durata dell’album. Non entreremo nel merito su quale delle due formazioni con lo stesso nome sia la migliore, perché entrambe sono valide, e poi perché scegliere se possiamo gustarcele entrambe?

Etichetta: Golden Robot Records

Anno: 2020

Tracklist: 01. Crawl 02. Why Ask Why 03. Well Oiled Machine 04. Lost Boys 05. You Can’t Walk Away 06. Witchcraft 07. All That You Are 08. Would 09. Renegades 10. Don’t Wanna Know
Sito Web: https://www.laguns.net/

eva.cociani

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Amo la musica a 360 gradi, non mi piace avere etichette addosso, le trovo limitanti e antiquate, prediligo lo street, il glam e anche il goth, ma non disdegno nulla basta che provochi emozioni. Ossessionata dalle serie tv, dalla fotografia, dai viaggi e dai live show mi identifico con il motto: “Live the life to the fullest”.

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