Il 25 giugno è stato il battesimo anche per il nostro paese del festival creato dagli Slipknot, all’Arena Parco Nord di Bologna in una rovente giornata in cui si andranno ad esibire otto band di svariati generi. Andiamo a capire nel dettaglio com’è andata.
DESTRAGE
Al mio arrivo, per le 11.45 circa, erano ancora tantissimi in attesa di poter entrare nonostante i cancelli fossero aperti dalle 10 come indicato sulle varie comunicazioni ufficiali. Questo lunghissimo e melenso controllo ai tornelli per scovare anche la più piccola e letale crema solare porterà i Destrage a suonare di fronte a circa un centinaio di persone. Io stesso ho potuto vedere solo le ultime due canzoni, che tutto sommato mi hanno dato l’idea di quanto avevo già visto al Dissonance qualche giorno prima: carichi e capaci di intrattenere il “poco” pubblico che era riuscito a sorpassare i controlli. Peccato perché alle mie spalle nell’attesa ai tornelli in molti erano abbastanza arrabbiati nel perdersi la loro esibizione.
Setlist:
01 – Symphony Of The Ego
02 – Destroy Erase Transform Sublimate
03 – Italian Boi
04 – Purania
05 – Everything Sucks And I Think I’m a Big Part of It
BLEED FROM WITHIN
Subito dopo di loro gli scozzesi Bleed From Within, che colgono l’occasione del Knotfest Italy anche per presentare una nuovissima canzone, “Killing Time”. Oltre a ciò, oggi è anche la loro prima data del tour estivo europeo, quindi il livello di performance è davvero alto e coinvolgente. Il loro metalcore negli anni si è fatto molto apprezzare, infatti l’ultimo album, “Shrine“, è stato un successo, molti dei presenti sono perfettamente a conoscenza delle canzoni e la band apprezza l’accompagnamento del pubblico. Non a caso Scott a fine performance, con “The End Of All We Know” si lancia sul pubblico avvolto nella bandiera italiana. Bel gesto, bel concerto e probabilmente fino a sera una delle esibizioni più cariche in generale. Assolutamente promossi, ma su questo non avevo dubbi avendoli già visto in passato un paio di volte e, come detto da loro stessi a fine set, attendo fiducioso il prossimo disco.
Setlist:
01 – Stand Down
02 – Pathfinder
03 – Levitate
04 – Killing Time
05 – I Am Damnation
06 – The End Of All We Know
NOTHING MORE
Gli americani Nothing More sono un po’ la nota fuori scala di questo festival, la proposta è la meno estrema musicalmente, ma non emotivamente. Se da un lato ci troviamo ad ascoltare un rock piuttosto radio-friendly (come ammesso dallo stesso Mark nell’intervista fatta insieme nel pomeriggio), si sono fatti comunque apprezzare per la loro energia che hanno trasmesso dal palco.
Jonny (voce nda) canterà a torso nudo e a piedi scalzi, pronto a scaternarsi nonostante ci sia una temperatura simile a quella solare, ma non si fa assolutamente fermare da nulla e scarica sulla folla un pathos meritevole dei nostri applausi. I loro singoli probabilmente non hanno avuto lo stesso successo come in USA, ma brani come “Go To War” o l’opener “Spirits” sono stati accolti a gran voce e come successo poc’anzi con i BFW anche Jonny si lancia sul pubblico a fine esibizione. Dopotutto mi sento di dargli piena sufficienza e magari qualcosina di più, certo è che il loro posto in un festival come questo non è adatto, meglio al Rock Am Ring o se fosse ancora in vita il glorioso Heineken Jammin Festival. Magari di supporto agli Alter Bridge? Chi lo sa…
Setlist:
01 – Spirits
02 – Tired Of Winning
03 – Don’t Stop
04 – Jenny
05 – Let ‘em Burn
06 – Go To War
07 – Ocean Floor
08 – This Is The Time (Ballast)
LORNA SHORE
Il momento più atteso dopo quello degli Slipknot è sicuramente lo spettacolo dei Lorna Shore. Ormai sono sulla bocca di tutti, anche di chi non ascolta metal, e oggi hanno un palcoscenico nettamente più importante di quello dello scorso anno al Dissonance di Padova. Nel momento in cui si sentono i primi echi che precedono “Sun//Eater”, gli americani salgono sul palco nell’approvazione generale, tutti quanti in trepidante attesa di poter godere appieno dei pig squeal brutali di Will Ramos, icona della nuova ondata death-core mondiale. Suoneranno ben sei canzoni dal loro ultimo “Pain Remains”, diventato subito iconico e pietra miliare del genere, con i singoli più famosi come “Cursed To Die” o “Into The Earth”. Ma i suoni estremi, i bassdrop e la batteria martellante mettono a durissima prova l’impianto dell’Arena Parco Nord, che nella zona pit sfocerà in un’acccozzaglia indistinguibile di bassi. Bisogna uscire e recarsi leggermente più indietro per poter comprendere bene cosa stiano suonando, ma per chi è sotto palco non frega nulla di ascoltare la musica: vogliono solo sentire Ramos grugnire sulle note di “To The Hellfire” ed esaltarsi con lui, visibilmente entusiasta di un pubblico così accogliente, con alcuni presenti con ustioni di terzo grado dovute dal sole.
Esibizione sicuramente di prim’ordine e di pregio, non hanno mancato le aspettative e non vediamo l’ora di rivederli questo autunno all’Alcatraz di Milano.
Setlist:
01 – Sun//Eater
02 – Cursed To Die
03 – To The Hellfire
04 – Into The Earth
05 – Pain Remains I: Dancing Like Flames
06 – Pain Remains II: After All I’ve Done, I’ll Disappear
07 – Pain Remains III: In A Sea Of Fire
I PREVAIL
C’è una prima volta per un festival come questo in Italia, e c’è anche la prima data di sempre nel nostro paese per gli americani I Prevail, che ci regalano una performance fantastica, acclamati da tanti loro seguaci. La proposta è un mix di diverse cose, dal metalcore, al nu-metal, che ha permesso loro di crearsi una buona nomea pure qui da noi. Il loro inizio è esplosivo, con canzoni come “Bow Down”, “Body Bag” e “Self-Destruction”. Com’è ovvio che sia, metà del concerto è incentrata sul loro ultimo disco, “True Power”, ma gli I Prevail riusciranno a pescare un paio di singoli anche dal loro primo album, con “Come And Get It” e la famosissima “Scars”. Ma i momenti più degni di nota sono quando suonano due cover: la prima è “Chop Suey” dei System Of A Down, utilizzata come intro per uno dei loro ultimi singoli, “FWYTYK”, e l’altro invece quando ci sparano senza preavviso “Raining Blood”, che anticipa “Judgment Day”. Chiudono il tutto con “Gasoline”, il loro singolo di maggior successo. Di sicuro hanno fatto una bellissima figura e avranno guadagnato nuovi fan. Spero dunque di poterli rivedere presto.
Setlist:
01 – Bow Down
02 – Body Bag
03 – Self-Destruction
04 – Bad Things
05 – Come And Get It
06 – FWYTYK
07 – Breaking Down
08 – Hurricane
09 – There’s Fear In Letting Go
10 – Deep End
11 – Judgment Day
12 – Choke
13 – Scars
14 – Gasoline
AMON AMARTH
Ho visto gli Amon Amarth in tutte le salse possibili, e con questa esibizione il mio conteggio sale a sei volte. Mi perdonerete quindi se ho approfittato degli svedesi per prendermi una pausa e mangiare qualcosina senza la calca tra una band e l’altra. Oltre al fatto che le loro ultime uscite discografiche le ho trovate un pochino ripetitive, togliendomi un sacco di interesse rispetto a quanto ne avevo fino a “Twilight Of The Thunder God“, che fortunatamente suoneranno oggi. Ma nonostante ciò, quello che è fattuale è l’esibizione con un palco scenograficamente secondo solo agli Slipknot, che se avessero usato fiamme vere invece del fumo sarebbe stato definitivo. Infatti il loro concerto, con le classiche battaglie e i Drakkar ti attraggono a tal punto che è impossibile distogliere lo sguardo anche con alle spalle mille loro concerti. Difficilissimo non esaltarsi con “Pursuit Of Viking” o con le bestemmie di Johan tra un brano e l’altro. La risposta del pubblico è totale, completamente in mano alla band, che detta tempi e poghi sparsi anche fuori dal Golden Pit. Alla fine, nonostante volessi prendere una pausa, non sono riuscito a non tornare sotto palco per goderne anche io, è come un’attrazione magnetica la loro. In totale dieci canzoni di puro divertimento, che confermano come, nonostante gli anni, band come loro siano irraggiungibili per le nuove leve. Su una cosa però mi soffermo con una lacrima che mi scorre lungo il viso: me li ricordo sedici anni orsono mentre eseguivano l’head-banging tutti in sincrono per un intero concerto, mentre ora faticano anche semplicemente a farlo. Il tempo passa signori, anche per i guerrieri vikinghi, skåll!
SETLIST:
01 – Guardians Of Asgaard
02 – Raven’s Flight
03 – The Pursuit Of Vikings
04 – Heidrun
05 – Deceiver Of The Gods
06 – Put Your Back Into The Oar
07 – The Way Of Viking
08 – Shield Wall
09 – Raise Your Horns
10 – Twilight Of The Thunder God
ARCHITECTS
L’improvviso addio di Josh Middleton alla chitarra poco prima del festival mi aveva fatto storcere un po’ il naso, e penso che la motivazione mi sia stata data proprio questa sera: l’esibizione più moscia del festival. Probabilmente il repertorio che portano gli Architects questa estate non era stato condiviso in pieno, complice anche un super atteso album dei Sylosis per settembre, ma fatto sta che ci troviamo davanti gli inglesi nuovamente orfani di un chitarrista carismatico. Al suo posto il tecnico della chitarra storico della band, Martyn Evans che però manca di presenza sul palco.
Ma torniamo al concerto: partono in quarta con “Nihilist”, cosa che speravo dal profondo del mio cuore mentre guidavo questa mattina, ma vocalmente parlando Sam Carter non è sul pezzo. Le successive “Black Lungs” e “Doomsday” confermano quanto ipotizzato alla fine della prima canzone: visibilmente stanchi. Non so se sia stata colpa delle temperature o di un tour che è iniziato ormai un mese fa, ma è tangibile quanto sia mancata energia sullo stage. L’ultimo album se non viene suonato al 100% dal vivo non si può apprezzare, e se anche il nostro caro Sam prova a invocare i circle pit su circle pit, non sono sentito incluso nel loro set.
“deep fake” o “Royal Beggars” senza energia sono canzonette da radio, ed è proprio in quel momento che decido di lasciare il Golden Pit per mettermi seduto comodo sulla collina. Deluso dall’esibizione salvo solo il momento in cui viene invitato sul palco Scott dei BFW per suonare “Impermanence“, e la differenza sia di voce che di coinvolgimento da parte dei due frontman è papabile. Uno ha fame di stare sul palco, l’altro meno.
Un gran peccato, ma mi ero preparato: dal video ufficiali dell’Hellfest non mi erano parsi molto in forma, ma speravo di essere smentito, anche perché in passato i loro concerti li ho sempre messi come tra i migliori dell’anno. Speriamo in futuro che si possano riprendere.
Setlist:
01 – Nihilist
02 – Black Lungs
03 – Doomsday
04 – Disclosure Is Dead
05 – Giving Blood
06 – tear gas
07 – deep fake
08 – Royal Beggars
09 – Dead Butterflies
10 – Impermanence
11 – Little Wonder
12 – Meteor
13 – a new moral low ground
14 – when we were young
15 – Animals
SLIPKNOT
Gli Slipknot sono diventati una leggenda vivente per tutti coloro che hanno tra i trenta ed i trentacinque anni, e per le nuove generazioni sono fonte inesauribile di ispirazione: ma cosa ci è rimasto di loro? Forse non è il momento più adatto per imbastire un discorso simile, ma con l’uscita dal gruppo di Sid e il Clown che giustamente è tornato a casa per stare insieme a sua madre, il tutto perde ancora più fascino. Bello il concerto, bella la scenografia e performance come sempre di alto livello, ma palco praticamente identico a quanto visto l’anno scorso al Castello Scaligero di Verona con una setlist leggermente differente: “The Heretic Anthem” e “Snuff” suonate dopo tanto tempo.
Salgono sul palco con un quarto d’ora di ritardo, giusto per farsi attendere e acclamare, ma accendono gli animi subito con “The Blister Exist”, seguita da una più recente “The Dying Song (Time To Sing)”, per poi tornare agli albori con una fantastica “Liberate”. Tanto di cappello stasera per suonare ben sei canzoni dal loro album omonimo. Ma, come detto poche righe sopra, il delirio è partito in modo incontrollato proprio durante “The Heretic Anthem”, canzone che i fedelissimi aspettavano da anni di poter ascoltare di nuovo dal vivo, con il classico “six six six” cantato a squarciagola da tutta Bologna. Dopodichè si torna sui classici binari fino al momento romantico della serata con “Snuff”, che personalmente non ho mai capito cosa avesse di particolare. Anzi, sapete che vi dico? Una gran rottura, come spaccare un concerto con una canzone del genere, anche perché hanno dovuto eliminare dalla setlist “Before I Forget”, e mi volete dire che preferite una canzone melensa al posto di una come “Before”? Fortuna vuole che dopo una tale agonia ci piazzino subito “Purity” e “People=Shit”. Prima di prendersi cinque minuti di pausa per suonare anche “Surfacing”, concludendo con “Duality” e “Spit It Out” e salutando il pubblico e la prima volta del loro festival nel nostro paese.
Prima di concludere il report vorrei fare un paio di commenti. Il primo riguarda come al solito la lentezza e l’insensata testardaggine da parte del reparto sicurezza di voler proibire confezioni di creme solari superiori ai 100ml, bottiglie d’acqua (considerate come armi nucleari) e in alcuni casi anche cibo portato da casa. Questo non solo ci fa fare brutte figure con tutti coloro che vengono dall’estero e che hanno normative molto più intelligenti, ma rallenta in modo esagerato le tempistiche dei controlli. Non abbiamo raggiunto i pessimi risultati dell’anno scorso a Verona quando, mentre suonavano gli Slipknot, c’era ancora gente in attesa fuori, però è inaccettabile e incomprensibile tutta questa lentezza e severità nel proibire cose che non si portano per diletto ma per necessità (qualcuno si ricorda gli spray anti zanzare per il concerto degli Iron Maiden all’Ippodromo Snai di Milano qualche hanno fa? Roba da pazzi). Come sono assolutamente fuori da ogni logica i pezzi degli stand gastronomici, che sono aumentati di due euro rispetto all’anno scorso. Mangiare equivaleva a quasi la metà del biglietto, probabilmente alcuni non sono a conoscenza che c’è gente che non guadagna tremila euro al mese. Ultimo ma non ultimo: ottima iniziativa l’acqua gratis, un po’ meno avere solo due “water-point”. Organizzazione non è solo avere una line-up bella da proporre, ma è anche essere dalla parte del consumatore.
Setlist:
01 – The Blister Exist
02 – The Dying Song (Time To Sing)
03 – Liberate
04 – Yen
05 – Psychosocial
06 – The Devil In I
07 – The Heretic Anthem
08 – Eyeless
09 – Wait And Bleed
10 – Unsainted
11 – Snuff
12 – Purity
13 – People = Shit
14 – Surfacing
15 – Duality
16 – Spin It Out
