Un approccio moderno e tagliente alla materia hard rock, i King Kobra firmano con questo comeback omonimo un assalto sonoro non privo di ammiccamenti all’AOR diretto e più muscoloso. E proprio quando ciò accade, tradendo le loro radici ben piantate negli stilemi ottantiani, i nostri danno il meglio di sé: è il caso dell’agile “Live Forever”, che sembra uscita dal repertorio di Joe Lynn Turner, e della successiva title track, maestosa e d’impatto come solo una volta si aveva il coraggio di fare.
Una marcia in più per questo gradito ritorno è garantita da Paul Shortino, che si occupa con grinta e passione delle incombenze dietro al microfono. La presenza alla batteria del fondatore della band Carmine Appice garantisce la consueta potenza, e quella degli altri tre che formavano la line-up originale (David Michael-Philips e Mick Sweda alla chitarra, Johnny Rod al basso) si traduce in amalgama e divertimento che traspare nota dopo nota. Rispetto al debutto dell’84, in pratica, l’unico assente è Mark Free, che proprio con i King Kobra aveva cominciato a farsi conoscere: Shortino si muove su coordinate molto diverse, è vero, ma proprio per questo funziona, sopperendo con la grinta allo splendore vocale di Free.
Pur cedendo a qualche filler, l’album è decisamente sopra la media grazie ad un flusso costante di energia e di passione che fa passare sullo sfondo l’età anagrafica dei protagonisti. Assolutamente entusiasmante con il suo chorus “in-your-face” “Top Of The World”, esempio fuori dal tempo di come si scrive un perfetto pezzo di arena rock, e gioca sulle corde delle emozioni istintive pure la ballatona “Cryin’ Turns To Rain”, mentre nel crepuscolo elettroacustico di “Fade Away” Shortino dimostra tutta la sua classe, andando a colorare di brivido un brano altrimenti ordinario.
Una bella sorpresa ritrovarli ancora in forma, ventisette anni dopo l’esordio. Hard rock ruggente e di classe come fa sempre bene ascoltare.
Voto recensore 7,5 |
Etichetta: Frontiers Anno: 2011 Tracklist: 01. Rock This House |