Killer Kings – Recensione: Burn For Love

Dalle parti di Frontiers quella instaurata tra il singer Gregory Lynn Hall (101 South) ed il chitarrista Tristan Avakian (Red Dawn, Queen Extravaganza) la chiamano alleanza musicale, e se per alleanza si intende “un patto di unione in vista del raggiungimento di scopi comuni, simili o addirittura identici” la definizione – che per una volta sostituisce gli abusati “progetto” e “supergruppo” – appare tanto calzante quanto benvenuta. Se però anche voi non conoscete le band nelle quali hanno in precedenza militato Gregory e Tristan… beh, benvenuti nel club. Si tratta in ogni caso di formazioni che hanno pubblicato dischi a cavallo del duemila, spaziando dignitosamente dall’AOR all’hard melodico, e nelle quali il cantante ed il chitarrista si sono distinti per le capacità tecniche che entrambi portano in dote: il primo è infatti un session vocalist con diversi album di musica cristiana all’attivo ed un tour con gli Heaven & Earth in qualità di bassista; il secondo, invece, è un professionista a tutto tondo con esperienze in ambito compositivo e teatrale, tanto in veste di autore che in quella di produttore. Affiancati da Alessandro Del Vecchio al basso e tastiere e da Nicholas Papapicco alla batteria i due, che a Frontiers deve essere sembrato interessante mettere insieme, propongono una cinquantina di minuti di rock un filo più melodico di quanto l’arrembante copertina non lascerebbe presagire.

Con influenze che è più facile intravedere tra le sponde americane di Survivor, House Of Lords e pure Kane Roberts, “Burn For Love” è uno di quei dischi a loro modo disarmanti, tanto si mostrano in pace con se stessi e con i propri limiti. Al contrario di artisti meno convinti che finiscono con lo strafare quando materiale ed ispirazione non sono tutto ‘sto granchè, i Killer Kings assemblano con una nonchalance leggera e gioiosa riff insignificanti (“I Will Be Stronger”), ritornelli che definire solo già sentiti nemmeno renderebbe l’idea, una produzione priva di sussulti (vedi l’orchestrazione povera di “In A Different World”) che non fa nulla per sottolineare almeno i momenti più interessanti e quella dimensione da contratto ma con dignità con la quale abbiamo ormai imparato a convivere. Senza tralasciare, dulcis in fundo, una delle parabole più discendenti di sempre per descrivere la qualità degli ultimi tre o quattro brani in scaletta, che davvero sembrano essere stati realizzati in una drammatica apnea di idee, di entusiasmo e di sostanza. Nonostante lo scarso appeal di queste premesse, è bene ribadirlo, “Burn For Love” ed il suo corredo di titoli scontati si lasciano ascoltare che è (quasi) un piacere, proprio grazie all’atmosfera sempre distesa (“Higher”), all’interpretazione pulita di Lynn Hall e ad una manciata di assoli di chitarra (“Another Night, Another Fight”) che avrebbero forse meritato una ribalta maggiore per strappare l’album da quell’oblio che, dopo ogni “oh ooh oooh”, sembra volerlo accogliere con le braccia un po’ più spalancate. Willkommen, eh.

Burn For Love” è un disco che delude due volte, sia per la distillata pochezza dei suoi contenuti che per l’incapacità di raggiungere punti bassi al punto da renderlo veramente unico e memorabile. E’ impossibile dire se i risultati attesi dalla casa discografica siano stati raggiunti con l’incisione di queste undici tracce e se questa alleanza musicale abbia davvero fame di un seguito: tuttavia, nel suo scorrere placido e noncurante (“Phoenix”), che sembra trascendere la qualità e la natura dei singoli brani per rifarsi ad un Nulla più alto ed insondabile, c’è la stessa ingenuità zen con la quale il malcapitato insetto si avvicina alla pianta carnivora nei documentari di National Geographic, attirato dai suoi profumi ed incantato dalla promessa di una colorazione sgargiante. E, soprassedendo sulla fine ingloriosa, hai l’impressione che tutto sommato le cose non gli siano andate nemmeno così male, nel momento in cui è andato incontro al proprio destino felice e senza minimamente immaginare. Allo stesso modo, come i micromondi raccontati su Quark, il debutto dei Killer Kings possiede una consistenza sabbiosa e sfuggente, una modestia gentile e ragionata (“Two Ships”), una noncuranza ostinata al punto da diventare reazionaria, grazie alle quali la velocità con la quale questo album si dissolve nell’aria e nella memoria diventa essa stessa metafora di molte cose. Monito buono per tutte le stagioni e spettacolo al tempo stesso magnifico, misterioso, crudele.

Etichetta: Frontiers Music

Anno: 2022

Tracklist: 01. Burn For Love 02. I Will Be Stronger 03. Higher 04. In A Different World 05. Another Night, Another Fight 06. Phoenix 07. Two Ships 08. Losing Me 09. Do Or Die 10. The Pains Of Yesterday 11. Ain’t No End In Sight
Sito Web: facebook.com/KillerKingsRock

Marco Soprani

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Folgorato in tenera età dalle note ruvide di Rock'n'Roll dei Motorhead (1987), Marco ama fare & imparare: batterista/compositore di incompresa grandezza ed efficace comunicatore, ha venduto case, lavorato in un sindacato, scritto dialoghi per una skill di cucina e preso una laurea. Sfuggente ed allo stesso tempo bisognoso di attenzioni come certi gatti, è un romagnolo-aspirante-scandinavo appassionato di storytelling, efficienza ed interfacce, assai determinato a non decidere mai - nemmeno se privato delle sue collezioni di videogiochi e cuffie HiFi - cosa farà da grande.

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