Avevamo trovato i Katatonia immersi nella solitudine di un isolamento che fino a poche settimane sembrava potesse esistere solo nelle loro canzoni. “Dead Air”, live registrato in studio, nelle condizioni obbligate dalla pandemia, è una testimonianza imprendiscibile del lockdown, al pari dell’altrettanto doloroso “Idiot Prayer” di Nick Cave. A quasi tre anni da “City Burials”, che precedeva di appena poche settimane la data dello show di “Dead Air”, il nuovo “Sky Void of Stars” prosegue sul cammino di un lento ma costante recupero delle sonorità elettriche del passato prossimo della band, innestandole in un songwriting ormai consolidato. Intendiamoci: parliamo di maturità, non certo di routine.
È comunque difficile entrare con orecchie distratte dentro quello che sin dalla copertina appare come un monolite cupo, insidioso. Le melodie si disvelano timide dopo ripetuti ascolti, le canzoni sembrano nascondere il loro enorme potenziale in termini di orecchiabilità, la sezione ritmica si accoda, e spesso asseconda, la narrazione di un Jonas Renkse mai così a proprio agio con il microfono. Ci vuole attenzione, infatti, per godere del refrain di una “Austerity” che si dibatte tra tempi diseguali, per apprezzare fino in fondo il wall of sound elettrico di “Birds”, che di “Sky Void of Stars” è stata anche singolo apripista o addirittura per digerire le sfumature Ulver di una “Drab Moon” che nella prima parte procede quasi sospesa in un liquido amniotico di arpeggi e suoni elettronici.
Quando i ritmi rallentano ad emergere sono le capacità di scrittura di Renkse: ecco allora “Opaline” con i suoi sintetizzatori Depeche Mode ed un ritornello che, diamolo per certo, sarà protagonista dei sing-a-long nei concerti, la cupa rassegnazione di “Author” contrapposta alla limpidezza pop di “Atrium” (altro vertice assoluto dell’album), fino ad una “Impermanence” che sfida i Soen nel campo a loro più congegnale, quello della ballata epica.
Capace di procedere per cinquanta minuti senza mostrare il fianco ad un cedimento (attenzione all’incedere trionfante della bonus-track “Absconder”), “Sky Void of Stars” è il capolavoro della maturità dei Katatonia, una sorta di greatest hits completamente inedito (al pari di “Obsidian” dei loro colleghi di viaggio Paradise Lost), che sosterà per mesi nello stereo, senza perdere un grammo di malinconia e desolazione. Insomma, quello che si dice un acquisto gelidamente consigliato.
