Kamelot: Live Report della data di Milano

Giunti in Milano in ritardo sulla tabella di marcia non riusciamo ad assistere allo show degli Epica, la nuova band in stile Nightwish/Edenbridge che grazie a tour come questo (Black Halo tour 2005) si lancia in modo definitivo a livelli internazionali.

Il concerto in terra italica del trio di gruppi Epica-Kotipelto-Kamelot inizia infatti molto presto per dar spazio a tutti i musicisti. Quando il gruppo capeggiato dalla rosso crinita Simone Simons conclude il proprio set si assiste ad un cambio-palco veloce per lo spettacolo della band solista di Timo Kotipelto.

La line-up del finlandese è formata da professionisti che non lesinano ottime prestazioni. Purtroppo si segnala come i brani dei due dischi solisti di Timo vengano snobbati un po’ dagli astanti, che si esaltano con grande energia solo per l’esecuzione delle song degli Stratovarius (gruppo principale del singer finlandese), soprattutto per ‘Black Diamond’, che viene suonata alla fine del set.

Kotipelto dimostra ancora una volta di essere un frontman estremamente professionale, trascinando per quanto possibile i fan e offrendo un’ottima prestazione, senza sbavature e con profusione di chicche interpretative.

E’ quindi il turno dei grandi Kamelot, che vengono accolti calorosamente da un pubblico non molto numeroso ma totalmente affascinato dalle melodie suadenti ed eleganti del gruppo americano.

Ad aprire le danze abbiamo l’opener di ‘Epica’, ossia la veloce e potente ‘Center Of The Universe’, che viene subito seguita da un altro cavallo da battaglia della band, ossia la power velocissima ‘The Shadow Of Uther’, che viene cantata in gran parte anche dagli spettatori… confermando la fama, in italia, di un album come ‘The Fourth Legacy’.

A questo punto comincia a prendere il largo la classe suprema della band, che propone i brani più ricercati dalla carriera legata solo agli ultimi quattro album da studio, visto che i primi tre lavori vengono totalmente ignorati.

La preparazione dei singoli musicisti risulta semplicemente professionale ed estremamente godibile; da segnalare, in tal senso l’apporto del tastierista Oliver Pilotai, che accompagna i Kamelot in questo tour e che dimostra di essere un’arma vincente per la band. Le sue tastiere donano profondità e ampiezza armonica ai brani del gruppo. Peccato soltanto per la serata non felicissima di Roy Khan, che interpreta “alla grande” i brani più intricati e drammatici dei Kamelot, ma non riesce a centrare molti dei tanti acuti che sentiamo nei dischi da studio.

La versione live di ‘Night Of Arabia’ dona enormi emozioni e Roy dimostra di essere un abile istrione coinvolgendo il pubblico che canta, appassionato, l’intero ritornello. La stessa magia investe un brano come ‘The Edge Of Paradise’ nonché il lento ‘Wander’, che viene introdotto da Khan con il consiglio di tenere a portata di mano il proprio accendino (in realtà la sala era quasi piena di non fumatori e difatti l’effetto “fiammelle” richiesto dal singer non viene ottenuto…).

I Kamelot però, uniscono alla perfezione l’aspetto più intimistico e profondo all’energia di un metal passionale che vede la propria realizzazione in brani potenti e pulsanti come ‘Soul Society’, che viene eseguito con piglio deciso, oppure le mitiche ‘The Fourth Legacy’ e ‘Forever’, che vengono cantate in coro da gran parte del pubblico.

Nel prosequio del concerto si ritagliano un assolo sia il batterista (fenomenale in questa serata milanese) Casey Grillo che il tastierista Oliver Pilotai, anche se nella parte conclusiva dello show tutti i membri della band vengono presentati con una breve introduzione strumentale.

I Kamelot hanno però ancora diverse sorprese da proporre, prima fra tutte l’esecuzione di ‘The Haunting’, brano da cui, come ricorda al pubblico Khan, è stato tratto anche un videoclip. Appena inizia il brano entra in scena Simone Simons, singer degli Epica, che accompagna Roy alla voce (come del resto accade nell’album in studio). L’effetto sul pubblico è notevolissimo e l’interpretazione dei due cantanti sa coinvolgere alla perfezione, grazie anche ad una gestualità che permette di aggiungere al fascino esecutivo anche l’attrattiva teatrale.

Altri momenti particolarmente riusciti sono legati all’esecuzione di ‘the Black Halo’ (perfetta) e della ballad ‘Don’t You Cry’; per l’occasione rimangono sul palco soltanto il chitarrista Thomas Youngblood che imbraccia una chitarra acustica, il tastierista Oliver e Roy Khan, che canta larga parte del toccante lento in cima alla scalinata sinistra del Rolling Stone, catturando da vero protagonista, l’attenzione di tutto il pubblico. Lo scrosciare di applausi conferma quanto sia stato apprezzato questo brano acustico.

A questo punto lo show sembra essere giunto al termine e i nostri escono dalla scena ma ritornano ben presto per eseguire, in due bis, ben quattro brani, fra cui spiccano la maestosità cupa di ‘March Of Mephisto’ e la classica eleganza di ‘Karma’, che scatena gli animi ai massimi livelli di coinvolgimento.

Le luci si spengono in modo definitivo su un lungo ed intenso show che ha visto l’esibizione di una band di giovani promesse, di un professionista che sta togliendosi diverse soddisfazioni e di un gruppo in forma eccelsa, che potrà donare moltissimo al mondo metal.

leonardo.cammi

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Bibliotecario appassionato a tutto il metal (e molto altro) con particolare attenzione per l’epic, il classic, il power, il folk, l’hard rock, l’AOR il black sinfonico e tutto il christian metal. Formato come storico medievalista adora la saggistica storica, i classici e la letteratura fantasy. In Metallus dal 2001.

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