Si ritorna sempre con piacere al Lo-Fi, locale di culto di Milano che ospita spesso gruppi interessanti (soprattutto di nicchia) e come in questo caso addirittura la calata in Italia di tour strutturati comprendenti più band. È stato proprio il caso dello scorso sabato, dove sulle assi del locale abbiamo potuto assistere alla prima data italiana del tour di Intronaut, Shining e Obsidian Kingdom, coadiuvati nei cambi palco dalle fulminee esibizioni dei nostrani Selvǝ ed il loro post black apocalittico dalle sporadiche concessioni melodiche.
Alle 21h30, in perfetto orario salgono sul palco gli Obsidian Kingdom, per la prima volta del nostro paese nonostante abbiano già realizzato due album come “Mantiis” (splendido per chi scrive) e “A Year With No Summer” (meno riuscito sempre per lo scribacchino di turno); è un piacere ritrovarli nello stesso stato di forma col quale li avevo ammirati l’estate scorsa in occasione del Be Prog! My Friend festival di Barcellona nonostante continui a ritenere i pezzi dell’ultimo album inferiori alle gemme del debut. Non è un caso che durante l’esibizione, con suoni che purtroppo hanno leggermente penalizzato la chitarrista Eaten Roll I, abbiano spiccato pezzi “Haunts Of The Underworld”, “Last Of The Light e “Ball-Room” risalenti ad un periodo dove il loro post-metal dai toni psichedelico/progressivi sembrava essere più ispirato. Probabilmente i più convincenti del lotto presentatosi al Lo-Fi.
Gli Shining stanno percorrendo una parabola artistica strana; gli ultimi lavori “One One One” e “International Blackjazz Society” infatti, pur essendo ancor più intransigenti da un punto di vista strumentale, cercano un approccio più accessibile dei ritornelli andando un po’ a snaturare la sana pazzia degli esordi. L’assatanato Jørgen Munkeby si divide tra scream lancinanti, chitarra ritmica e sax presentando alla festante platea i loro pezzi più noti come “I Won’t Forget”, “Fisheye”, “The One Inside”, “House Of Control”, “Last Day” fino alla conclusiva “The Madness And The Damage Done”; ottimo l’apporto dell’ex Leprous e Ihsahn Tobias Ørnes Andersen alla batteria per quelli che si sono dimostrati i più magnetici della serata nonostante un buona dose di furbizia nel ricercare il consenso del pubblico tramite abili mosse on stage.
Aspettavo con impazienza di poter vedere finalmente gli Intronaut dal vivo essendo da tempo irretito dal loro post prog metal, con alcune divagazioni desertico/psichedeliche (alla Mastodon) nonostante un approccio vocale rivedibile. E non si può negare che i nostri siano dei “manici” notevoli sui rispettivi strumenti, soprattutto merita una nota di merito la sezione ritmica composta da Joe Lester e Danny Walker che senza mai guardarsi sciorinano una prestazione davvero sopra le righe tra svisate fusion e rullate interminabili (benché il copione ritmico si ripeta in parte).
“Digital Gerrymandering”, “Sul Ponticello”, “The Direction Of Last Things” e “The Welding” sono i punti più alti di un’esibizione forse troppo statica e a tratti noiosa nonostante dinamiche notevoli e una spiccata musicalità di fondo; certo è che dagli autori di un trittico come “Valley Of Smoke”, “Habitual Levitations” e “The Direction Of Last Things” sarebbe lecito aspettarsi un maggior livello di comunicabilità e performance.
Tutto sommato comunque, gran serata di musica e horns up per la programmazione sempre mirata del locale milanese.