Diciamolo subito: l’unica vera notizia riguardante “Into The Storm” è che al fianco di Axel Rudi Pell per la prima volta dopo anni non troviamo il mostruoso Mike Terrana seduto sul suo bel seggiolino a suonare la batteria, ma il comunque non certo scarso Bobby Rondinelli. Per quanto riguarda invece l’impasto sonoro, la scelta dei suoni, l’incastro delle melodie, il gusto dei ritornelli, l’impatto della chitarra solista, etc… tutto rimane perfettamente in linea con quanto ogni conoscitore della band può attendersi di ascoltare.
La discriminante quando si va ad analizzare un’uscita come questa si ferma quindi più che altro ad una questione personale di apprezzamento delle singole tracce, visto che muovere una qualsiasi critica formale ad una band tanto rodata e professionale è praticamente impossibile e che allo stesso tempo andare ad inventarsi una qual si voglia gloriosa riuscita per una formazione che ha scelto ormai da anni di percorrere un sentiero completamente prevedibile appare altrettanto poco credibile.
Purtroppo in questo caso ci tocca far quelli a cui pare non andar mai bene nulla, visto che ci era piaciuto il precedente e più grintoso “Circle Of The Oath”, ma questo “Into The Storm” davvero non va giù, almeno non per intero. Come accade ormai troppo spesso nelle ultime uscite le composizioni vengono frenate infatti di una struttura esageratamente bloccata su schemi ripetitivi e anche la perfezione vocale di un sempre grandioso Johnny Gioeli fatica a far emergere dalla mediocrità song troppo lunghe e noiose come la stessa title track o la ballata scontatissima “When Truth Hurts”.
Il problema maggiore è però che anche i brani più azzeccati e brillanti, come “Tower Of Lies”, la suadente “Touching Heaven” o la bella, ma fin troppo Rainbow/Purple, “Burning Chians” tendono ad addormentarsi nel finale, denotando carenza di vero grip emotivo.
Si sente onestamente la mancanza di brani più veloci e trascinanti, che magari saranno altrettanto poco originali, ma sicuramente potrebbero dare una sferzata gagliarda all’insieme. Così come gli inserimenti solisti di Axel Rudi Pell difettano troppo spesso di quel gusto più sbrodolato che sarà tacciabile di esser troppo derivativo, ma di sicuro diverte molto di più di tutto questo ordine formale a tratti davvero snervante.
“Into The Storm” procede così con passo claudicante verso una metà che non può essere una vera sufficienza, almeno non se teniamo conto della grande qualità che contraddistingue i musicisti coinvolti nel progetto e che siamo ampiamente sicuri poter fare meglio. Questo invece ci pare essere il classico disco di routine che potrà forse piacere comunque ai fan più accaniti, ma davvero a nessun altro.