E’ passato solo qualche mese da quando parlavamo di “The Age of Fear” e auspicavamo un ritorno con un vero full length dei genovesi Necrodeath: subito accontentati. “Idiosyncrasy” si presenta diverso da quanto fatto fin’ora dalla band già nella veste grafica , con un artwork che riprende senza nasconderlo l’immaginario creato dal regista Quentin Tarantino con il film “Le Iene”. Si presenta inoltre diverso anche scorrendo velocemente la tracklist con i sette brani dell’album intitolati semplicemente “Part I”, “Part II”, ecc. in quanto l’intero lavoro non è altro che una lunga suite di quaranta minuti, un esperimento che in pochi si sarebbero aspettati da qualsiasi band thrash metal.
Fortunatamente i Necrodeath non fanno il passo più lungo della gamba, osando fin dove è possibile, ma senza stravolgere il proprio trademark. Infatti, nonostante le premesse, il sound della band resta fermamente ancorato al thrash metal che li ha resi celebri in Italia ed in Europa. Questo non vuol dire però che “Idiosyncrasy” ci propini la solita minestra, tuttaltro, dal momento che la band ha lavorato molto sulla struttura dei brani, rendendo inaspettatamente godibile e mai pesante un’unico lungo brano di metal estremo. Tutto ciò è senza dubbio possibile grazie ad una maggiore ricercatezza nei numerosi passaggi strumentali dell’album frutto anche del grande talento di Pier Gonnella alle chitarre, mai così in evidenza come in questo album.
Le varie parti dell’album alternano velocemente sfuriate thrash, complicate sezioni strumentali spesso venate di jazz (Part II) ma anche momenti più sulfurei ed atmosferici dal tocco melodico e barocco (Part III) in cui Flegias si erge a narratore demoniaco. Data la struttura dell’album, non emerge un “brano” più efficace rispetto ad un altro e questo forse è anche il limite più grande del lavoro; sicuramente si sente la mancanza di una “I.N.R.I.”, tanto per restare nel passato prossimo discografico dei Necrodeath. Nonostante ciò, “Idiosyncrasy” è un lavoro che sorprende, sicuramente di non facile assimilazione nei primissimi ascolti, ma abbastanza accessibile nella sua durata contenuta per essere apprezzato da ogni thrasher che si rispetti e, perchè no, anche da qualche ascoltatore solitamente più interessato a lavori maggiormente “tecnici” e progressive. Esperimento riuscito e, se ce ne fosse stato bisogno, conferma della grandezza di una band da sempre sottovalutata.