Clisson, ore 10.30.
Finalmente, dopo un burrascoso e indecente viaggio pieno di ritardi e problematiche varie, giungo a Clisson, piccola cittadina situata nella regione dei paesi della Loira, che dal 2006 ospita uno dei più prestigiosi festival europei, l’Hellfest. Questa 15esima edizione è sulla carta un evento unico: per la prima volta infatti, il festival è stato diviso in due episodi separati, la parte 1, (tenutasi qualche giorno prima del mio arrivo in loco) e la parte 2, quella per la quale oggi sto scrivendo. Il mio arrivo è accompagnato da una leggera brezza che contrasta parzialmente il calore del sole, non si sta male, specialmente se consideriamo che la settimana prima il termometro segnava 40 gradi. Scatto un paio di foto, cambio il biglietto e senza perdere tempo mi dirigo a montare il mio riparo per la notte, dando qua e là qualche occhiata in giro per trovare possibili punti di interesse. L’area concerti sarebbe stata aperta solo nel pomeriggio, quindi decido di godermi le varie proposte da parte dei venditori presenti all’Hellcity Square; dall Extreme Market ove prevalgono i venditori di dischi e di t-shirts, allo stand della ESP guitars and basses company, ove ho avuto l’opportunità di provare alcune delle chitarre in esposizione. Giunta l’ora dell’apertura dei cancelli, mi dirigo in quello che per quattro giorni sarà il mio terreno di battaglia.
UFO
Il sole di poche ore prima si è già tramutato in pioggia quando gli inglesi UFO fanno il loro ingresso sul Mainstage 1 dell’Hellefest, proponendo
come antipasto della loro scaletta “Mother Mary“, brano accolto a gran voce da tutti i presenti. La setlist odierna si focalizzerà (come negli ultimi live) su vecchi cavalli di battaglia composti prima degli anni 2000 e sarà
accompagnata per tutta la sua durata da suoni eccellenti. Sebbene la performance esecutiva sia buona, la pioggia sembra rallentare leggermente lo spirito grintoso che gli inglesi hanno sempre dimostrato di avere. In tutta onestà infatti questo risulta per me essere il loro live meno coinvolgente tra quelli visti fino ad adesso e rimarrà tale fino a “Rock Bottom“, che fortunatamente riaccenderà l’anima rock dei nostri, portandoli a far divertire i fans come sanno fare da molto tempo. Lo show si chiude sulle note della loro hit più conosciuta, “Doctor Doctor“, ed è qui che finalmente viene sfruttata anche la “prolunga” del palcoscenico, facendo sentire gli spettatori più vicini in qualche modo ai musicisti. Un live che sebbene non possa essere incoronato come sublime rimane molto gradevole.
INSOMNIUM
Ci spostiamo ora sotto lo stage “The Altar” (posizionato all’interno di un grande tendone), dove durante queste giornate di musica troveranno accoglienza band dallo stampo più estremo. Gli Insomnium sono una delle Melodic Death Metal band finlandesi più conosciute ed apprezzate in tutto il globo. Il loro show all’Hellfest avrebbe dovuto portare in Francia quel “vento gelido” che viene liberato ad ogni loro malinconica nota, ma così non è stato; anzi, dopo l’entrata in scena sulle note di “Kaleria“, il pubblico è impazzito, facendo partire un circle pit che, alternato a piccoli wall of death, ha scaldato l’atmosfera circostante in pochissimi secondi. I finlandesi apprezzano e si vede, il pubblico dà loro la carica giusta per tenere in piedi lo show con grande energia. Il reparto chitarre “comandato” da Markus Vanhala (che come sempre porta con sè un “pezzo” degli Omnium Gatherum) non sbaglia un colpo, facendo si che ogni fraseggio o assolo sia chiaro e preciso. I brani scelti dalla band originaria di Joensuu fanno tappa in numerosi lavori pubblicati durante la loro carriera, lasciando però un spazio riservato all ultimo full lenght, “Heart Like A Grave”. Si susseguono successivamente anche brani che hanno fatto la storia del gruppo scandinavo, come “Unsung” e l’immancabile “While We Sleep“, brano che vedrà “volare” numerose persone sopra la mia testa. Gli Insomnium chiudono alla grande il loro show lasciando i fans più che soddisfatti e dopo un brevissimo ringraziamento, scompaiono nel backstage permettendo agli addetti il compito di preparare il palco per la band successiva.
HELLOWEEN
Sono le 21.40 e tutti sono in trepida attesa delle zucche amburghesi, che stranamente non saranno gli headliner (almeno sulla carta) per questa
prima giornata di festival. Fortunatamente il cielo si è nuovamente schiarito e il meteo è dei migliori per affrontare un assedio di power metal tedesco. Cala il sipario e dopo brevi istanti che lasciano la sola batteria di Daniel Loeble al centro della scena, entrano i nostri “custodi delle sette chiavi”, che partono subito con il loro cavallo di battaglia “Eagle Fly Free“, brano che viene intonato da parte di tutti i presenti. La setlist scelta è totalmente piacevole ed a differenza di quello che pensavo inizialmente, non vede come protagonista principale l’ultimo lavoro della band tedesca “Helloween“, ma un mix tra quelli che sono stati i lavori bene o male migliori del gruppo. Dopo l’acclamata apripista partirà infatti una deliziosa “Dr Stein“, seguita poco più avanti da un meddley di “Metal Invaders/Victim of Fate/Gorgar/Ride the Sky”, firmato Kai Hansen.
Quello degli Helloween è come sempre un concerto molto piacevole e capace di mettere tutti di buon umore; l’esecuzione dei brani proposti
è impeccabile e i suoni sono ben tarati. Ottima la performance di Andi Deris che, come al solito, si giostra sul palco con grande entusiasmo e carisma, senza dare mai cenno di stanchezza. Kiske non male, ma non eccelso per quanto riguarda la resa canora. Squisito anche il comparto scenico, che non pecca in nulla, i colori vivaci che “fuoriescono” dal palco, illuminano il circondario ormai spento dal sole calante e un maxischermo costantemente attivo, anima i vari brani uno dopo l’altro. Il concerto ha tutte le carte in regola per essere il “Top Show” della giornata, ma manca ancora qualcosa, ovvero una chiusura memorabile (che non tarderà ad arrivare). Ecco infatti che, dopo una breve uscita di scena, i nostri tornano sul palco per l’encore, l’ultimo brano della serata, “I Want Out“. Palloni giganti a tema “zucca” vengono lanciati su di un pubblico ormai in estasi, che non perde occassione per intimare gli ultimi cori sulle note della sublime canzone, Kiske incoraggia i presenti ad urlare il più forte possibile
e ferma la musica per sentire la sola voce del pubblico ripetere più volte “I Want Out”. Coriandoli bianchi, plettri lanciati verso il pubblico e gli ultimi crowd surfers che arrivano a “destinazione”, finisce così un altro live degli Helloween.
RISE AGAINST
L’orologio segna quasi la mezzanotte e, dopo un breve break per reidratarmi, raggiungo la “Warzone“, dove sono iniziati i preparativi
per il prossimo show, quello dei Rise Against.
I Rise Against sono la prima band di questa giornata che non ho effettivamente mai visto dal vivo e, seppur li conosca da diverso tempo
(avendoli apprezzato molto in passato), sono abbastanza scettico su quella che sarà la loro performance. Inizia lo spettacolo, la platea è illuminata dai numerosi televisori posti sul palco che richiamano l’ultimo lavoro in studio,
“Nowhere Generation“, e io impaziente, non vedo l’ora che la band parta con il primo brano. Non posso non essere piacevolmente sorpreso quando le mie orecchie riconoscono quei famosi bicordi che introducono “Prayer Of The Refugee” e da lì, il concerto prende una piega totalmente diversa da come l’avevo immaginato. La scaletta, abbastanza corta, include vecchi classici come “Collapse (post-America)“, “Satellite” e “Re-Education“, ma lascia anche spazio a qualche novità, come per esempio la titletrack dell’ultimo lavoro, “Nowhere Genration“. Purtroppo non si passerà da album antecedenti al 2008, con una scaletta così ben allestita non mi sarebbe dispiaciuto sentire una vecchia gloria come “Give It All“, ma posso comunque ritenermi soddisfatto. La band americana suona egregiamente i brani proposti, ed un ottimo Tim McIlrath dà il meglio di sè in quella che posso ritenere essere una performance più che soddisfacente.
Quest’ultimo non manca di ricordare ai presenti gli ideali della band, e incoraggia l’Hellfest a continuare a divertirsi in questa grande festa, che è una celebrazione della musica ed una celebrazione del ritorno della musica live. Il pubblico accoglie con piacere le parole del cantante e senza esitazione continua la sua danza violenta che accompagna la band sin
dalle prime note distorte di questo live. I nostri concludono la loro performance con la famosissima “Savior“, per poi ringraziare i presenti ricordando il prossimo appuntamento che vedrà la band tornare a suonare in Francia. Un live veramente prezioso, con ottimi suoni ed un’ottima performance da parte dei Rise Against, felice di essermi sbagliato.
WARDRUNA
Il mio corpo è distrutto, ma nulla può vietarmi di vedere un ultimo concerto. Così, scoccata l’una del mattino, mi siedo sul prato che circonda il Mainstage 1 e mi lascio cullare dalla magia dei suoni antichi.
Quello dei Wardruna può essere paragonato più a un viaggio che ad un concerto, il popolo dell’Hellfest apprezza i brani, ma se li gode in silenzio, applaudendo diligentemente solo alla fine dei questi. Non ci sono interruzioni o spiegazioni, c’è solo un incantesimo, che forza tutti a non distogliere gli occhi dallo stage principale, merito anche di un’ottima scenografia. Le luci soffuse creano un’atmosfera unica, rilassante ma allo stesso tempo tetra. Questo live mi affascina sempre di più; non avevo mai visto i Wardruna dal vivo in quanto su disco non mi hanno mai fatto veramente impazzire, però sono senza ombra di dubbio sorpreso e stregato e man mano che si arriva verso la chiusura dello show, mi chiedo come abbia fatto tutto ciò a durare così poco. Il concerto si chiude con una grande ovazione da parte del pubblico, una perfetta chiusura di serata che fa ben sperare per il giorno seguente.