Hardline – Recensione: Life

Non c’è alcun dubbio che avere tra le proprie file un cantante come Johnny Gioeli vuol dire essere già oltre la metà della strada necessaria per tirare fuori un album come si deve. Il resto deve arrivare ovviamente dalla professionalità della produzione e dell’esecuzione, nonché dalla qualità del songwriting. Può sembrare una banalità, ma molto spesso non è così facile ritrovarsi in mano un album capace di far combaciare tutti gli elementi al meglio, specialmente in un genere come l’hard melodico, spesso costretto dentro canoni ben riconoscibili e con alle spalle una storia tanto ricca di album eccellenti da rendere veramente complicato aggiungere qualcosa di significativo. In questo caso però ogni tassello si incastra alla perfezione e i nuovi Hardline, ormai in gran parte definibili una band con base italiana, vista la presenza di ben quattro musicisti di casa nostra, rinnovano una formula trentennale, riportandoci ai bei momenti in cui il genere sfornava continuativamente gemme di stupenda brillantezza (tra cui il debutto dei nostri, l’irraggiungibile “Double Eclipse”).

Life” conferma il momento di grazia del magistrale Gioeli, che già aveva fatto bene nella ritrovata accoppiata con Castronovo e nel suo album solista di pochi mesi fa. Con gli Hardline emerge invece il lato più hard rock del nostro, senza tralasciare le cromatura brillanti che rimandano al sound tipicamente class di fine ottanta. Salta fuori così una scaletta senza vuoti, che intrattiene dalla brillante “Place To Call Home”, alla bellissima acustica “My Friend”, passando per brani hard come “Story Of My Life” o “Out Of Time” e una veramente riuscita cover di “Who Wants To Live Forever”. Da sottolineare come la qualità della produzione sia davvero al top, ancora una volta merito della ormai accertata abilità di Alessandro Del Vecchio in materia. Inappuntabile anche il team dei musicisti, con un plauso particolare a Mario Percudani, impegnato a sostenere in modo del tutto convincente un ruolo che è stato di chitarristi non da poco come Josh Ramos e, soprattutto, Neal Schon.

A far bella figura sono però soprattutto le canzoni, alla fine vere protagoniste della scena, visto che, oltre a quelle già citate ad esempio, ci sono almeno un paio di singoli dall’appeal notevole, come “Page Of Your Life”, ricca di emozione e cantata splendidamente (manco a dirlo), ma anche “Take A Chance”, caratterizzata da un chorus sbarazzino e ottima per viaggiare d’estate con i finestrini abbassati. Chiaramente in uscite come questa l’elemento old fashion svolge un ruolo primario, visto che nulla di quello che viene proposte si pone la benché minima intenzione di rivedere gli schemi di gioco. Il fascino di “Life” sta però proprio qui: è un album che si dimostra efficace nel riportare la mente a quella età aurea a cui, bene o male, tutti i fan del genere guardano ancora con nostalgia.

Voto recensore
8
Etichetta: Frontiers Records

Anno: 2019

Tracklist: 01. Place To Call Home 02. Take A Chance 03. Helio’s Sun 04. Page Of Your Life 05. Out Of Time 06. Hold On To Right 07. Handful Of Sun 08. This Love 09. Story Of My Life 10. Who Wants To Live Forever 11. Chamaleon 12. My Friend

riccardo.manazza

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Incapace di vivere lontano dalla musica per più di qualche ora è il “vecchio” della compagnia. In redazione fin dal 2000 ha passato più o meno tutta la sua vita ad ascoltare metal, cominciando negli anni ottanta e scoprendo solo di recente di essere tanto fuori moda da essere definito old school. Il commento più comune alle sue idee musicali è “sei il solito metallaro del cxxxo”, ma d'altronde quando si nasce in piena notte durante una tempesta di fulmini, il destino appare segnato sin dai primi minuti di vita. Tra i quesiti esistenziali che lo affliggono i più comuni sono il chiedersi il perché le band che non sanno scrivere canzoni si ostinino ad autodefinirsi prog o avant-qualcosa, e il come sia possibile che non sia ancora stato creato un culto ufficiale dei Mercyful Fate.

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