Questo disco è la dimostrazione di come il dolore e la sofferenza possano dare vita a qualcosa di positivo, nonostante tutto. Non si può parlare di funzione consolatoria dell’arte, perché a volte non basta neanche quella; questo disco è una continua espressione di un sentimento quasi distruttivo, ma nonostante questo, o forse proprio per questo, è uno dei dischi più belli dei Savatage. Per certi aspetti è un disco unico, ad esempio per la partecipazione di Alex Skolnick, che nei suoi riff pesanti si accompagna alla voce di Zachary Stevens, che mai come in questo caso riesce ad esprimere angoscia e male di vivere, e anche l’unicità è un tratto che conferisce maggiore particolarità al disco.
Pesa naturalmente su tutto questo la morte di Criss Oliva, uno di quegli episodi che lasciano sconcerto e rabbia in chi si ritrova ad assistere impotente alla perdita di una persona cara, specialmente quando questa ti lascia senza avere potuto fare niente per impedirlo. L’espressione massima di questo sentimento è espresso nella conclusiva ‘Alone You Breathe’, che richiama in certi momenti altri brani dei Savatage ed esprime una sorta di saluto in grande stile. Tutto il disco è comunque denso di richiami, più che alla morte, all’impotenza, al senso di inadeguatezza di fronte a cose più grandi di noi, per cui si può fare poco. Non si spiegherebbero altrimenti ‘Nothing’s Going On’, ‘Handful Of Rain’, ‘Castles Burning’ e ‘Watching You Fall’, con il loro parlare di anime piangenti, di notti che scorrono lente, apparentemente senza fine, uomini privati del loro onore, di amori distruttivi e di Dio che non interviene a riparare i torti subiti.
L’unica nota meno pesante è ‘Chance’, un lungo pezzo che inizialmente doveva fare parte di “Streets” e che poi venne riutilizzato in questa situazione, per il quale, leggende narrano, ci fu bisogno di un’intera settimana solo per registrare le voci sovrapposte del finale (idea ripresa anche in album successivi, ad esempio in “Dead Winter Dead”).
Un disco, quindi, forse non facile da ascoltare, proprio per il suo carico di sentimenti pesanti da affrontare; superato l’impatto iniziale, scesi a patti con questo, lo si apprezza maggiormente, e anzi ci si chiede come mai sia uno dei dischi meno conosciuti dei Savatage, quando invece meriterebbe molta più attenzione di quanta non ne abbia ricevuta nel corso degli anni.
Etichetta: Atlantic Anno: 1994 Tracklist: 01. Taunting Cobras |