Come ho ricevuto la mail con la possibilità di intervistare uno dei protagonisti indiscussi della scena di Göteborg non ho esitato a chiedere uno slot per Oscar Dronjak. Leggenda vivente, per me, che ha generato il Göteborg Sound (Qui potete leggere il nostro Special) e tantissimo altro. Ne ho approfittato per chiedere qualcosa ovviamente dal passato, senza dimenticare il disco in uscita degli Hammerfall.
Hur mår du (come stai in svedese ndr)? Questo è il mio benvenuto per l’intervista!
Grazie! Tutto bene in quel di Göteborg (in svedese ndr). Molto eccitato per il disco in uscita, due mesi che aspettiamo questo momento quindi non vediamo l’ora.
Parliamo del nuovo album. Molto bello, con riconoscibilissimo il marchio di fabbrica Hammerfall ma allo stesso tempo con novità interessanti. Cosa dobbiamo aspettarci?
È il nostro dodicesimo album in 25 anni ed è venuto molto bene. Personalmente ha le stesse sensazioni del nostro debutto, stessa energia di allora mettendocela tutta in studio. È un ottimo album heavy-metal con tanta passione.
“Venerate Me” vede la partecipazione di King Diamond. Come è nata l’idea della collaborazione?
Ovviamente noi siamo dei fan di King Diamond e non avremo mai pensato di poterlo avere come ospite. Sai sono quelle cose che dici mentre sei in studio: “sarebbe davvero bellissimo avere la voce di Diamond in questo pezzo”, ma finisce lì. Una sera però Pontus Norgren (produttore e chitarrista Hammerfall ndr) lo chiama, in quanto è il loro ingegnere del suono da qualche tempo, e gli chiede se sarebbe mai stato nostro ospite e subito accetta volentieri la proposta. È pazzesco, lui per noi è stata una fonte inesauribile di ispirazione in tutti questi anni, poi si sa, i rapporti tra Svezia e Danimarca sono amichevoli essendo paesi scandinavi. Avrei sempre voluto una sua partecipazione come fan in nostro album o anche in un piccolo pezzettino in un brano ed eccoci qui!
Invece “Brotherhood” è un inno all’amicizia che unisce te e Joacim. Quanto è influente questo clima disteso e sereno nella band?
C’è sempre stata un’ottima alchimia tra me e Joacim ma negli ultimi 2 anni il nostro legame si è rafforzato ancora di più. Gli chiedo sempre feedback su ogni cosa che scrivo e lui fa lo stesso con me inviandomi i testi e le melodie che gli vengono in mente. È un modo di scrivere molto bello ma soprattutto produttivo per la band in quanto ci fa sentire coinvolti al 100% in quello che facciamo, e non so se tu ci puoi credere o meno ma noi 2 scriviamo musica da ormai 26 anni e mi sembra incredibile. E durante tutto questo tempo non abbiamo mai avuto grossi problemi, magari qualche minima discussione ma niente di serio in quanto sappiamo bene che dal nostro lavoro dipende tutta la band.
Personalmente ho trovato particolarmente bella “Live Free Or Die”, me la puoi descrivere?
Musicalmente parlando ci ho lavorato per un paio di anni. Ho creato l’intro che poi è diventato anche il ritornello, costruendo man mano tutto il pezzo come faccio solitamente. Però ti posso dire che questa in particolare è il caso in cui mi piace molto la prima bozza e poi col lavoro nel corso del tempo esce ancora meglio, soprattutto con i primi demo in studio e le tracce vocali di Joacim. Sicuramente è una delle tracce portanti del nuovo disco.
Quanto ha influito la pandemia nella stesura del nuovo album?
Allora ti posso dire che il song-writing per questo album è iniziato molto prima della pandemia. Non so se te lo ricordi ma noi siamo riusciti a concludere il tour Europeo nel 2020 e come siamo tornati a casa, circa il 28 febbraio, l’Europa ha iniziato a chiudersi e i primi siete stati voi se non mi sbaglio. Quindi noi siamo stati fortunati a concludere tutto quello che avevamo in ballo, pensando che tanto la cosa si sarebbe risolta in un paio di mesi, massimo per giugno. Poi è arrivata l’estate ed i vari festival hanno iniziato ad essere cancellati o posticipati ma da un certo punto di vista ero sollevato, negli ultimi anni non ero mai stato a casa con la mia famiglia e quindi passare un’intera estate così mi ha reso molto felice. Senza pensieri su dove andare a suonare, ma esercitandomi a casa insieme alla famiglia. Poi le cose sembravano migliorare verso l’inizio dell’autunno, invece no, ancora in lock-down! E da questo momento in poi è stata dura sul serio, soprattutto dal punto di vista creativo. La fortuna è che sono riuscito a fare quasi tutto prima della seconda ondata e mi rimanevano solo due canzoni da concludere, ma non è stato affatto facile. Una di quelle da rifinire era proprio “Venerate Me”, di solito mi viene il lampo di genio, poi per un paio di giorni mi rilasso prima di rimettermi sotto. Questa volta passavano intere settimane senza un briciolo di idea, era proprio difficile trovare un’ispirazione. Una volta trovato ogni tassello siamo andati a registrare in studio molto presto, diciamo che per questo album abbiamo anticipato i tempi fin dal principio. Concludo che per me nella pandemia possiamo trovare cose buone e brutte.
Ho avuto la fortuna di partecipare a parecchi vostri live e penso siate una delle band in assoluto più divertenti da vedere dal vivo. Quanto è importante il live per una band e quanto vi è mancato in questo periodo?
Questa ovviamente è la parte peggiore, tolte tutte le morti per il Covid. Per tutti noi è stato veramente orribile non essere in tour e suonare su un palco davanti ai nostri fan che urlano e cantano insieme a noi. Per 25 anni è stata la nostra quotidianità, lo abbiamo fatto in modo massiccio e per 2 anni ci è stato tolto forzatamente. Non vedo l’ora davvero di tornare sullo stage e divertirmi anche con chi è in prima fila, insomma con tutto quello che si crea durante un concerto heavy-metal.
Agli esordi, ormai 25 anni fa, avete dato una bella scossa ad un genere che si stava decisamente perdendo, dopo tutto questo tempo come vedi lo stato di salute del power metal?
Sai non vorrei fare il professorino della situazione ma non mi piace definire gli Hammerfall “power metal”. Si c’era una scena power metal USA come i Metal Curch, Jag Panzer, Savatage ma con la quale noi non abbiamo molte cose in comune. Io considero gli Hammerfall una band heavy-metal, e quando a metà anni ’90 abbiamo registrato “Glory To The Brave” dire in giro che suonavi heavy-metal era quasi ridicolo. Si credeva fosse un genere morto e superato, che apparteneva al passato e la gente quando ci chiedeva che tipologia di metal suonassimo ci rideva dietro. Ti giuro che questo mi faceva arrabbiare come poche cose al mondo! Io credevo in quello che facevamo e da quel momento ho sempre detto che noi suoniamo Heavy-Metal e siamo orgogliosi della nostra musica. Per questo non mi piace che si venga associati al power metal, non c’entra nulla ma ci hanno etichettati nel tempo soprattutto verso la fine degli anni ’90. Mi va veramente troppo stretto essere definito “power metal”, si forse abbiamo mezzo piede dentro ma non siamo power.
Tornando alla tua domanda (ride ndr) in questo momento la nostra scena è in buona salute, come mai prima d’ora. Non hai idea di quante giovani band suonino questo genere ma è altresì complicato farsi notare. Ormai il music business è totalmente cambiato negli ultimi 20 anni, quindi per riuscire devi essere veramente devoto al 110% nella tua musica, nelle tue idee.
Come si è evoluto il tuo song-writing dopo oltre 30 anni di carriera?
Scrivo sempre col cuore all’inizio. Non mi chiedo se una cosa è giusta o meno, vado semplicemente con quello che mi capita. Poi ovviamente quando c’è lo scheletro inizio a lavorarci sopra in modo più metodico. Ed è il criterio che sto usando negli ultimi 25 anni di carriera, migliorando sempre più la creazione delle tante idee che andranno a donare un senso di conformità e unità musicale al disco. Parto con 4 o 5 pezzi e poi si continua in quella direzione.
Se ho voluto intervistarti è anche perché sono un fan della scena di Göteborg e del melodic death metal, se ti faccio vedere questo (gli mostro la cassetta dei Desecrator su Zoom ndr) qual è il primo ricordo che ti viene in mente? Qualsiasi cosa!
Innanzitutto è davvero incredibile che tu ne possegga una ed è stata la prima sessione di registrazione da professionista che abbia mai fatto. In realtà abbiamo registrato un demo prima ma nessuno sapeva quello che stava facendo. L’abbiamo registrato con Tomas Skogsberg, che ora è un rinomatissimo produttore, ed è stato il primo assaggio di cosa significa registrare in studio ed è una parte importantissima della mia vita.
Con la rivista abbiamo creato uno speciale di 3 articoli sui 30 anni della scena di Göteborg e di quanto sia stata influente la musica creata in Svezia. Qual è l’aspetto che secondo te si è evoluto maggiormente in tutti questi anni, non solo a livello musicale ma anche sociale?
È una domanda difficile! Ero appena 16enne quando iniziai ad uscire con Tompa (cantante At The Gates ndr), i ragazzi degli In Flames e con i Dark Tranquillity e all’epoca eravamo una comitiva di amici molto legata ed unita. Eravamo tutti contenti dei progressi che compivano gli altri, non c’era competizione in alcun modo. Appena uno di noi riusciva a trovare un accordo discografico si festeggiava, ma nello stesso momento mi dicevo “cazzo lo voglio anche io!”. Nessuno pensava male del prossimo ma si cercava di raggiungere gli obiettivi insieme. Quando poi si suonava, a quei tempi nelle prime file trovavi i componenti di altre band che headbangavano sulle tue note, ed è così che andavano le cose! Eravamo ragazzi più o meno della stessa età e sapevamo che stavamo facendo qualcosa di nuovo, non solo per noi ma per tutti inteso tutto il mondo. Era l’ibrido del movimento death metal, eravamo coscienti che stavamo creando qualcosa di incredibile, di grande! (Io non vi nego che a sentire queste parole mi sia venuta la pelle d’oca, ndr) E a livello sociale rispetto al passato la situazione è che la scena si sia un po’ calmata, raffreddata. Tanti fanno cose in modo individuale rispetto al passato, poi ho 50 anni, non seguo più la scena come una volta (ride ndr). Ma quegli anni sono stati essenziali per me, come persona e come musicista, mi hanno fatto capire cosa avrei dovuto fare più tardi con gli Hammerfall.
Anche se non suonate melodeath, gli Hammerfall sono tra le band più iconiche della Scandinavia e soprattutto della Svezia tanto da inserire “Hearts of Fire” come colonna sonora nelle olimpiadi del 2006 per il curling femminile. Vi sareste mai aspettati un successo simile nello stesso momento in cui c’era l’ascesa del death metal
Noi abbiamo semplicemente fatto il nostro per l’heavy metal. In più siamo tutti dei gran fan dello sport in generale, su tutti i livelli. La gente dovrebbe sapere che “Hearts On Fire” era già uscita da 4 anni; avevamo già girato il video ufficiale, fatto tour e registrato un altro album nel frattempo. Quando ci hanno chiesto se potevano filmare un video promozionale per il curling utilizzando la nostra canzone, abbiamo tutti pensato che era una cosa davvero piacevole! Non sapevamo come sarebbe uscito il video o che immagini contenesse, ma l’idea per noi era super divertente a prescindere ed era come essere parte dell’olimpiadi in qualche modo. Ma mai avrei pensato che poi sarebbe diventata così virale! Mi ricordo quando il team femminile di curling ci inviò una mail scrivendo che prima di ogni gara si caricavano ascoltando la nostra canzone e personalmente è come aver partecipato alla vittoria della medaglia d’oro!
I prossimi piani per gli Hammerfall quali sono?
Beh sembrerebbe che il Covid se ne stia andando o che perlomeno stia diventando endemico con questa variante, quindi incrocio le dita per tornare sul palco molto presto.
Il tuo live più bello?
Beh ne ho fatti talmente tanti che non ti saprei dire, ma probabilmente il primo mai fatto fuori dai confini svedesi. Era il Wacken, non grande come ora ma comunque grande per l’epoca, ed il nostro disco di debutto era uscito da solo 6 settimane. Ci hanno chiamato per suonare sul palco, presi dal coppino e buttati davanti a 25 mila persone che già erano in delirio e pronti per cantare i nostri pezzi. Io ero completamente esterrefatto dall’accoglienza, anche perché nemmeno in Svezia eravamo riusciti a suonare spesso quindi era tutto nuovo. Eppure ci siamo trovati di fronte un muro di persone preparate a pogare conoscendo a memoria il nostro album. Davvero una sensazione fantastica!
Ultima domanda: cosa stai ascoltando ultimamente?
Non sto ascoltando tanta musica come dovrei, ogni giorno mi prometto di concedermi almeno un’ora ma procrastino sempre e la cosa si ripete quotidianamente (ride ndr). Ah si, l’ultimo dei Sabaton è una bomba! Pensa che per il loro debutto rimasi quasi impassibile, carino certo ma nulla di più. Mi devo ricredere invece, mi sta piacendo davvero moltissimo. Anche i Cheap Trip, poi in realtà mi dedico di più a leggere libri e nello specifico le biografie. Nell’ultimo periodo ho letto quello sui Deicide, Rob Halford, Ronnie James Dio e quella di Tommy Lee, anche se secondo me è molto più romanzata rispetto alla realtà, un’americanata! Però è grazie a questo libro che ho ascoltato i Cheap Trip che ti ho menzionato poco fa, mettendo la playlist su Spotify dei loro brani migliori scoprendo in realtà che li conoscevo già. Son canzoni che ho già sentito in passato ma che non sapevo fossero state scritte da loro. Poi quando guido ne approfitto per ascoltare qualcosa, tipo i primi album dei Judas Priest o di King Diamond.
Bene la nostra mezzora è scoccata e non ho più domande, vuoi salutare i fans italiani o condividere qualcosa con me prima di salutarci?
Semplicemente che non vedo l’ora di tornare in tour e l’Italia è uno dei migliori posti dove suonare. So che sembra scontato dirtelo ma fidati il sud Europa è diverso. Non che nel resto del continente non siano belle serate ma voi, inteso Italia, Grecia e Spagna, avete quel qualcosa in più. Mostrate voi stessi in modo più naturale che vi rende unici rispetto a noi del Nord. È sempre bello sapere di avere una data del nostro tour in Italia!
Etichetta: Napalm Records Anno: 2022 Sito Web: https://www.hammerfall.net/ |