Grima – Recensione: Rotten Garden

Rotten Garden” è il quarto studio album per il duo fondato dai fratelli gemelli Maxim & Gleb Sysoev, in arte Morbius e Vilhelm, originari di Krasnoyarsk, cittadina della Siberia più profonda. Il progetto, fondato nel 2015, è espressione di un black metal atmosferico e al tempo stesso dinamico, che in uno spazio di tempo relativamente breve ha saputo distinguersi con perizia in mezzo a un underground, quello del black metal russo, in verità piuttosto minimalista e amatoriale. Cresciuti album dopo album, con “Will Of The Primordial” dello scorso anno, loro terza fatica nonché lavoro di grande spessore, i fratelli avevano già saputo dimostrare una maturità notevole: per mezzo di un atmospheric black non per nulla banale, fatto di blast-beats accompagnati da tastiere magniloquenti e buoni intermezzi solisti lo scopo di rievocare l’impatto emotivo e maestoso della madre terra siberiana. A favore delle composizioni ha sempre giovato anche l’impiego del “bajan”: la fisarmonica tipica del patrimonio culturale russo, contraddistinta da un maggior numero di ottave rispetto a quella classica, costituisce un ulteriore elemento di riconoscimento per una band già di suo in grado di dimostrarsi genuina senza dover ricorrere a particolari “effetti speciali”. In tal senso risalta la capacità di saper legare in modo omogeneo le sonorità folk, mai troppo invadenti e declinate in chiave pagan, per mezzo di un sound genericamente, ma in ogni caso correttamente definibile come “black metal”: ruvidi giri di chitarra accompagnati da insistenti blast beats e dall’uso di scream vocals piuttosto alti, all’insegna della tradizione slava, già dai precedenti lavori avevano saputo offrire una proposta originale e riconoscibile. Tutto questo, senza scadere nel pagan-folk più melenso e mellifluo offriva un biglietto da visita di prima scelta.

Certamente memori di influssi più o meno inconsciamente filtrati e abilmente inseriti dov’è necessario, senza peraltro risultare mai citazionali (vi è una lontana reminiscenza dei Cradle of Filth dei bei tempi che furono per le parti epiche, del compianto Windir e degli inossidabili Summining quando è tempo di mettere in gioco atmosfere sognanti, senza scordare gli ucraini Drukh per i brevi momenti di malonconica contemplazione), anche questa volta tutto è stato confezionato per bene: in virtù di una registrazione più pulita, accompagnata da un tasso tecnico in via di sviluppo, il nuovo “Rotten Garden” suona come il perfetto sequel di chi ha già saputo trovare la maturità sonora. Il lavoro in questione esprime un black metal atmosferico di pregio con brevi inserti folk, che viaggiando sulle stesse coordinate stilistiche del suo predecessore, casomai tende a potenziare la velocità e l’aggressività d’esecuzione. Considerando i singoli brani “Cesar & Owls”, ossia la opener track, porta i fratelli Sysoev a indossare da subito il loro abito migliore: il desiderio di mantenere la tipica impronta epico – malinconica dei precedenti dischi, alternata a sfuriate e a momenti più e riflessivi, ma sempre intrisi di melodia genera un’aura di magniloquenza sognante, dove un tessuto prevalentemente composto da chitarre e tastiere talvolta apre a pregevoli assoli melodici. La proposta giustifica la tendenza, peraltro tipica del genere proposto, a comporre canzoni particolarmente lunghe.

Alla successiva, trascurabile “Mourning Comes at Sunset”, esempio prematuro di maniera già raggiunta e codificata, con “At The Foot Of Red Mountains” si passa a un nuovo pezzo degno di nota, dove alla struttura fondante dei riff finalmente si accompagna il sapiente e già sperimentato uso del bajan, capace di creare sensazioni epiche e poeticamente strazianti, rievocative di una cavalcata nel bosco degna dei migliori gruppi est europei. La successiva “Old Oak” costituisce un piacevole intermezzo folk a base di chitarra acustica. Attenzione in ogni caso alla title – track “Rotten Garden”: piuttosto significativa, in quanto riassume pregi e difetti dell’intero album. L’intenzione di sposare aggressione sonora e sintetizzatori, come vuole il manuale del true synphonic black metal, è felicemente raggiunta: si notano intrecci melodici ben riusciti che pur puntando molto sull’atmosfera fanno sì che quest’ultima non risulti mai soverchiante. Eppure, in mancanza di nuove fonti d’ispirazione o meglio, in compartecipazione con una certa discontinuità di fondo, la proposta alla lunga si fa un po’pesante e ripetitiva: rispetto al precedente, freschissimo lavoro forse qualcosa si è perso per strada. Chiudendosi coi titoli di coda rappresentati da “Grom” e “Devotion To Lord 2020”, edizione riveduta e corretta del brano che dava il titolo al loro esordio, i Grima danno alla luce un lavoro che riconferma la summenzionata, ben riuscita, eppure assai già manierata interpretazione personale di un symphonic black metal veloce, non esente da suggestioni arcane, tramite il fitto dialogo fra tastiere e chitarre. Riuscire a mantenere l’attenzione lungo tutta la durata dell’album, va detto, è risultato assai arduo anche per chi si alimenta quotidianamente di queste sonorità; in concomitanza con un lavoro di fisarmonica più fine a se stesso, meno funzionale del solito alla scorrevolezza dei brani l’ascolto, laborioso e monolitico, pecca di un’eccessiva omogeneità che rende ardua la riconoscibilità dei pezzi. In definitiva, il nuovo “Rotten Garden” è un lavoro nella media del genere che, non fosse per la delusione generata dal confronto con il suo ispiratissimo predecessore, sarebbe lecito definire discreto. Ad ogni modo, l’attitudine e le capacità compositive mostrate anzi, riconfermatesi, fanno ben sperare circa l’attuale stato di salute di quel black metal melodico di nuova generazione, dall’anima pagan, espressione di un ambiente musicalmente impegnato e dedito alla sostanza. Finché vecchie e nuove band, come i russi Grima, si cimenteranno nell’inesauribile sperimentazione delle infinite varianti melodiche del black senza doversi per forza vendere al determinato trend “power-folk” mainstream di turno, danzereccio e di “pronta beva”, la possibilità di imbatterci in qualcosa di valido fioccheranno sempre.

Etichetta: Naturmacht Productions

Anno: 2021

Tracklist: 01. Cedar and owls 02. Mourning comes at sunset 03. the foot of the red mountains 04. Old oak 05. Rotten garden 06. Grom 07. Devotion to lord 2020

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