Non manca niente per un tuffo come si deve negli anni ’70. A pochi mesi di distanza dal suo ultimo passaggio in Italia, avvenuto lo scorso novembre, abbiamo di nuovo l’occasione di vedere dal vivo Glenn Hughes, con il suo Classic Deep Purple Live Tour. Da tempo, infatti, Hughes porta avanti esibizioni composte da brani eseguiti dai Deep Purple negli anni ’70, un lungo lasso di tempo che comprende da una parte grandi classici come “Burn” e “Smoke On The Water” (eseguita in medley con “Georgia On My Mnid”), dall’altra estratti come “Sail Away” e “You Keep On Moving” facenti parte di un repertorio non più previsto dalla formazione attuale dei Deep Purple. Glenn Hughes è un uomo anni ’70 a tutti gli effetti, nell’abbigliamento, nella tavolozza variopinta che compone la scenografia del palco e nell’atteggiamento complessivo. Come avevamo già avuto modo di notare alcuni mesi fa, non mancano gli intervalli fra un brano, e anzi si tratta di intervalli più lunghi del solito, affidati o a qualche stacco strumentale o a chiacchierate che servono a Hughes per mandare al pubblico energie positive. C’è anche occasione per ricordare i due grandi amici scomparsi Tommy Bolin e Jon Lord; a quest’ultimo, in particolare, viene dedicata “Holy Man”, che scopriamo essere stata eseguita per la prima volta proprio all’Estragon nel corso di questo tour. Glenn Hughes è un uomo appagato da tutti i punti di vista che, e questo è fondamentale, non ha perso lo smalto inconfondibile del suo clamoroso timbro vocale. Certo, le pause tra un pezzo e l’altro sono più lunghe, segno evidente di come Hughes abbia bisogno di tempo per ricaricare le batterie, ma con la giusta dose di pazienza il prodigio si può ripetere. In più di un’occasione, infine, Hughes trova anche il modo di ricordare lo storico concerto tenuto dai Deep Purple al festival California Jam nel 1974, uno dei primi live con Hughes e Coverdale nella band, di cui ricorre proprio in questi giorni il quarantacinquesimo anniversario. Serata nel complesso divertente, nella quale l’ex Deep Purple è riuscito ancora a una volta a ricerare la giusta atmosfera. Nessuna operazione nostalgia (anche se l’età media dei presenti fra il pubblico è abbastanza alta), bensì un’opportunità per immergersi in un tempo passato ma ancora attuale.