La stagione dei grandi concerti metal all’Ippodromo Snai di Milano si apre in un caldo lunedì pomeriggio di maggio. Già diverse ore prima dell’apertura dei cancelli, i muri dell’Ippodromo sono circondati da personaggi truccati, mascherati e dettagliatamente abbigliati. Una foltissima schiera di adepti in attesa del loro unico Dio: Papa Emeritus.
Lo Snai è infatti prossimo a veder salire sul palco una band che fino a qualche anno fa avremmo solo immaginato di veder suonare in una venue così grande: i Ghost, che tornano in Italia dopo una data da headliner al Forum di Assago (lo scorso maggio), e una di spalla ai Metallica (sempre a maggio, ma del 2019).
LUCIFER
Con circa mezz’ora di ritardo, i cancelli si spalancano, e parte la corsa alla transenna. Sono quasi le sette e manca davvero poco alla prima band, i Lucifer, che purtroppo suoneranno con un notevole margine di ritardo, con una conseguente riduzione di scaletta. Con il loro stile hard rock raffinatamente retrò, i Lucifer aprono la serata con una carica di heavy metal potente, dimostrandosi perfettamente in linea con il mood “satanico” della line-up.
Johanna Sadonis, con una dolcezza alla Fleetwood Mac e un’aggressività degna di un gruppo psychedelic rock (la grinta è la stessa della front-woman dei Blood Ceremony, passati qualche settimana fa proprio a Milano, assieme agli Uncle Acid, che fecero da spalla proprio ai Ghost al Forum di Assago), domina il palco, mentre le sue movenze grintose vengono rimarcate da riff di chitarra che mi ricordano tantissimo la nwobhm dei Diamond Head.
DEATH SS
È dunque il turno dei Death SS, una band che avevo già avuto occasione di vedere, ma che, di primo impatto, non mi aveva molto colpito. Come di consueto, il cambio palco porta in scena tutto l’occorrente per il “sabba” della band: croci, libri, e anche le tipiche “ancelle” dell’occulto non tarderanno a mancare, per la gioia del pubblico maschile presente sotto al palco.
Nonostante le componenti scenografiche siano in versione più “minimal” rispetto ai loro concerti in interno, la presenza scenica di Steve basta e avanza per consegnare nelle mani del pubblico una setlist “old school” davvero ben fatta, concentrata prevalentemente sui primi dischi della band. Un ottimo modo per deliziare i fan accorsi solo per i Death SS (davvero numerosi e giustificatamente scatenati), ma anche per avvicinare a questo tassello di storia del metal nostrano i nuovi giovani adepti arrivati esclusivamente per i Ghost.
I Death SS sono carichi, potenti, ed infiammano lo Snai con la voce graffiante di Steve, facendo pensare a molti che avrebbero meritato di essere gli headliner della serata.
Dopo aver ipnotizzato i presenti, al calar del sole Steve si ritira nella coltre di fumo che avvolge il palco dello Snai, come il vampiro protagonista di uno spettacolo decisamente riuscito.
GHOST
Dopo un altro cambio palco piuttosto rapido, è finalmente il turno dei Ghost. Scenograficamente parlando, per me che non avevo mai assistito a un loro spettacolo dal vivo, la macchina visiva che si cela dietro a questo show è davvero maestosa: vetrate di cattedrali gotiche dominano l’Ippodromo, facendo da cornice ai membri della band, che vengono sapientemente illuminati da un gioco di luci calibrato su ogni singolo brano, così come i costumi del frontman, adattati ad ogni momento della setlist.
Il pubblico è decisamente in delirio già dai primi pezzi, che vedono protagonisti gli album più recenti della band. La prima parte della setlist è dominata da atmosfere più soft, dove pare chiara l’influenza di riff anni ’80, che torneranno poi in chiave marcatamente dance sul finale.
Con il procedere della scaletta, ci si inoltra nella discografia meno recente della band, dal mio punto di vista sicuramente più orecchiabile, data la prevalenza di componenti più hard-rock.
Un concerto sicuramente molto apprezzato dai fan, ma dal mio punto di vista sporcato da un’eccessiva intrusione di generi. Un connubio di atmosfere (hard rock, pop, dance) suggestivo, ma che rende l’identità e la direzione musicale della band poco decifrabile a chi, come me, vi si avvicina per la prima volta. La discrepanza tra l’immagine visiva molto aggressiva che la band vuole offrire ed una linea melodica e vocale poco incisiva, molto annacquata da beat anni ’80 non perfettamente contestualizzati, mi rende davvero difficile godere a pieno della scaletta della band.
Tuttavia, mai dire mai. La prossima volta, come spesso capita, potrei ricredermi.