Per alcuni si trattava, e lo hanno ribadito a più riprese, del primo concerto visto “in condizioni normali” (ovvero in piedi e senza distanziamento) da due anni a questa parte. Questo elemento basta forse per identificare il live di Geoff Tate a Bologna (secondo di tre previsti in Italia e prime tappe del tour europeo) come eccezionale. Se poi ci aggiungiamo il fatto che il concerto ha visto l’esecuzione completa di due album del livello di “Rage For Order” ed “Empire“, avremo un quadro completo della grandiosità della serata.
SONS OF SOUNDS
I primi a esibirsi sono i tedeschi Sons of Sounds, dediti a un heavy metal abbastanza “quadrato”, classico ma non troppo ancorato al passato. Nonostante il locale non si sia ancora riempito molto (la maggior parte del pubblico arriverà più tardi), la band fa di tutto per attirare attenzione e simpatie, esegue otto brani e coinvolge a più riprese e i presenti.
DARKEST HOUR
Gli australiani Darkest Hour segnano un piccolo salto di qualità nel livello della serata. Le loro sonorità sono interessanti per i richiami evidenti ai Queensrÿche, che contribuiscono a preparare l’atmosfera per quello che verrà subito dopo e a dare coerenza maggiore allo stile dei gruppi. Anche in questo caso registriamo una tenuta di palco ottimale e qualità tecniche ottime da parte di tutta la band.
GEOFF TATE
Uno dei grandi motivi di interesse per la data è stato indubbiamente il fatto che Tate riproponesse per intero “Rage For Order“, disco fondamentale per l’evoluzione sonora dei Queensrÿche, per la sua decisa svolta in senso progressive e sperimentale. Quando era uscito non si era mai sentito qualcosa del genere, e da quando i Queensrÿche hanno iniziato a fare concerti in Italia, i brani di questo fondamentale album non sono mai stati molto riproposti. L’occasione è stata quindi unica per sentirli in sede live. E bisogna dire che un Tate in grandissima forma vocale, coadiuvato da una band ben rodata e del tutto all’altezza della situazione ha riservato dei momenti altissimi: ascoltare brani come “Walk in the Shadows”, “Gonna Get Close To You”, “Screaming in Digital” e la monumentale “London”, alcuni appunto per la prima volta in concerto, è stato straordinario e indimenticabile.
Il concerto si divide in due parti, poco più di due ore totali di durata. Tempo di un cambio d’abito per Tate e la band, il palco rimane tale e quale (una nota tecnica: tutti i musicisti usavano gli ear monitor, per cui non c’erano nè ampli nè spie sul palco, e la batteria era una Roland elettronica) e arriva il momento dell’esecuzione per intero di “Empire”. Certo, il momento più atteso è quello, verso la fine, in cui si esegue “Silent Lucidity“. Anche Tate, che durante il resto del concerto è abbastanza avaro di parole e fa giusto un breve accenno alla situazione in Ucraina e al fatto di essere contento di suonare, seppure davanti a poco più di cento persone, si dilunga un po’. Anche l’ultima volta in cui lo avevamo visto dal vivo (era fine dicembre 2019) il discorso su questo brano era stato quasi lo stesso. “Silent Lucidity” è per molti un portabandiera delle ballad hard rock, tanto da essere usata per celebrare matrimoni, funerali, nascite e tutto il resto. Ciò non toglie nulla al grande valore di “Empire” nella sua interezza, forse il secondo album più amato dai fan dei ‘Ryche dopo “Operation: Mindcrime”. Vanno quindi ricordate, quindi, anche le ottime esecuzioni di brani come “Best I Can“, “Jet City Woman” e la suggestiva “Anybody Listening?“, con cui si chiude la parte canonica del concerto. C’è ancora il tempo per un paio di bis, ovvero “Last Time In Paris” e “Take Hold The Flame“, eseguite a loro volta in modo perfetto, al pari di tutta la serata. Non abbiamo mai avuto dubbi che avremmo ritrovato un Geoff Tate in forma impeccabile (oltre che accompagnato da una band per metà italiana e sempre allìaltezza della situazione), avevamo solo bisogno di una conferma tangibile.