La seconda giornata di festival viene inaugurata da una forte pioggia che si scaglia sulle tende dei campeggiatori ancora immersi nel sonno, l’aria è fredda e le nuvole sporcano il cielo sovrastandolo.
Il mio risveglio anticipato, derivato dal rumore delle gocce piovane, è comunque gradevole e mi dà il tempo di godermi con calma una rinvigorente doccia mattutina seguita da una leggera colazione a base di caffè svedese e frutta, che mi preparano ad affrontare questa nuova giornata di metal.
GATECREEPER
Sono le 14.30 passate quando i Gatecreeper escono dal backstage pronti per portare la loro proposta death metal old school ai (non molti) presenti sotto al palco.
La band americana parte al massimo con la loro proposta, che spesso si accosta alle linee swedish death che tanto ci piacciono; ritmi serrati e gli
HM2 sono costanti che alimentano ogni brano garantendo una resa sonora di forte impatto necessaria anche a dare il via ai primi spintoni sotto al palco.
Lo show vede i nostri suonare materiale preso dalle varie uscite che fino ad oggi li hanno accompagnati in giro per il mondo e il pubblico accorso nel primo pomeriggio apprezza; purtroppo però la loro performance non avrà vita facile in quanto un guasto alla testata di Eric “The Darkest Cowboy” Wagner ne ridurrà la potenza, facendo inoltre perdere diverso tempo.
I Gatecreeper continuano lo show mentre il chitarrista, aiutato dalla sua crew, cerca di risolvere il problema della testata; non si possono non notare gli sguardi delusi da parte del cantante, che però torna immediatamente in forze aiutato anche dal sostegno del pubblico.
Dopo quella che è sembrata un’eternità, l’HM-2 del chitarrista americano torna a far ruotare la sua sega e la band può così portare a termine un live poco fortunato che li ha visti inaugurare il Fire stage in questa seconda giornata di festival.
FLESHGOD APOCALYPSE
Dopo averli visti a Clisson durante lo svolgimento della seconda parte dell’Hellfest, mi ritrovo nuovamente sotto al palco a sostenere i Fleshgod Apocalypse, band tricolore che è stata citata da molti svedesi durante delle conversazioni tenutesi nel campeggio in queste due notti passate.
Franceso Paoli e soci propongono una scaletta non molto diversa rispetto a quella sentita qualche settimana fa in Francia. Tra l’immancabile “The Violation” e la “nuova” hit “NO” i nostri riusciranno a far scatenare buona parte del pubblico che tra teste ondeggianti e spallate sembra divertirsi. Purtroppo i suoni non sono dei migliori, le chitarre sono quasi completamente sovrastate dal suono triggerato delle casse del batterista e dal piano; oltre a questo i nostri sembrano anche avere problemi sul palco. I continui sguardi del leader perugino verso i suoi collaboratori a bordo palco fanno presagire problematiche a noi sconosciute, anche se si ipotizzano problemi di volumi in uscita sul palco.
La band continua ugualmente la sua cavalcata proponendo “Monnalisa” e la malinconica ma aggressiva “Sugar”, dove non possono certo mancare le ripetute battute cantate dei presenti che con pugni in aria gridano “Push” sempre più violentemente. “The Forsaking” chiude un concerto non eccellente ma quantomeno divertente, la band italiana esce dal palco tra i grandi applausi dei presenti e li saluta invitandoli al meet & greet, che vedrà i Fleshgod Apocalypse firmare autografi e fare qualche foto con i propri fan.
AT THE GATES
Come per quanto riguarda la sera precedente, anche oggi il GOAT stage ospiterà una band death metal (svedese) d’eccezione. A esibirsi sul palco oggi saranno gli At The Gates, una delle band metal più famose di tutta la Svezia che negli anni novanta contribuì assieme a Dark Tranquillity e In Flames a creare il noto “Göteborg sound”. Pochi minuti prima dell’inizio dello show viene issato sullo sfondo il backdrop, rappresentante l’artwork dell’ultimo lavoro in studio ,”The Nightmare Of Being”, ed è proprio
da qui che i nostri inizieranno a suonare proponendo come brano iniziale della loro scaletta “Spectre Of Extinction”, il primo singolo che nel 2021 ha introdotto l’album.
Il breve intro che precede le violente ma melodiche linee del brano accompagna la band svedese sul palco che, accolta da un pubblico numeroso, scatena da subito la propria furia. Dietro alle pelli troviamo come sempre Adrian Erlandsson, che pare non essere minimamente provato per la prova sostenuta con i The Haunted nella giornata precedente. La sua andatura e precisione sono la colonna portante della band dall’ormai lontano 1990 e non ci possiamo domandare il perchè.
I suoni sono assolutamente gradevoli e rispecchiano la performance impeccabile dei nostri, che si giostrano sul palco con grande personalità. Il primo terzo di scaletta è tutto dedicato ai dischi usciti più recentemente, dalle due titletrack “At War With Reality” e “To Drink From the Night Itself” a “The Paradox”, e “Death and the Labyrinth”, lasciando il compito di chiudere questa prima parte della scaletta a “Touched by the White Hands of Death”. Concluso il brano i nostri tornano nel backstage per il tempo necessario a fare un cambio di bandiera; i rumors non mancavano, ma diciamo che vedere issare il backdrop di un certo album che nel 1995 ha scosso il mondo del metal, mi ha fatto emozionare non poco. Rumori di ferraglia richiamano i nostri sul palco, tutti hanno riconosciuto l’intro e sono pronti a scatenarsi sulle note del brano che aprirà le danze a questa
seconda parte di concerto dove gli At The Gates eseguiranno per intero il capolavoro musicale chiamato “Slaughter Of The Soul“.
“We are blind to the worlds within us waiting to be born”, quattro colpi sul rullante e si parte con “Blinded By Fear”, il primo estratto da questa pietra miliare. I nostri sul palco sono furenti quasi quanto i fan, che non sembravano attendere altro; c’è da dire che non è raro (anzi è quasi scontato) sentire dei brani estrapolati da SOTS durante una performance degli At The Gates, ma la consapevolezza di poter assistere ad uno show che vedrà riprodurre il già citato album per intero… beh, cambia completamente le carte in tavola.
La performance è spettacolare e porta i nostri a divertirsi sul palco come non mai, Tompa non manca di coinvolgere tutto il pubblico presente e con la sua grande personalità fa capire all’esercito di metallari presenti che non sarà possibile restare fermi durante questa performance. I brani si susseguono uno ad uno, “Slaughter Of The Soul”, “Cold”, “Under A Serpent Sun”, non manca nulla e anzi lo show sembra durare troppo poco, perchè senza accorgermene in un batter d’occhio l’album è già finito.
Sebbene sia un’estratto di “At War With Reality”, il compito di chiudere la setlist è affidato all’ormai scontata “The Night Eternal”, che come sempre vede i membri degli At The Gates uscire dal palco uno a uno, lasciando “Jonas Björler” e “Jonas Stålhammar ” soli al centro dello stage.
Il concerto ha pienamente soddisfatto le mie aspettative anzi, sembra quasi che davanti ai proprio connazionali gli At The Gates abbiano anche una marcia in più. Ringraziamenti e lanci delle tanto osannate “reliquie” pongono fine alla permanenza del gruppo svedese sul GOAT stage, prova più che eccellente.
EMPEROR
Sono sempre le 22, siamo sempre di fronte al GOAT stage e anche quella che stiamo per vedere stasera è una band di grande culto appartenente però alla scena black metal.
Gli Emperor sono un’istituzione quasi intoccabile, il loro percorso musicale ha spesso avuto momenti difficili e la loro creazione di musica (in veste di gruppo) si è conclusa nel 2001 con “Prometheus: The Discipline of Fire & Demise”. Da lì i nostri (o meglio, Ihsahn e Samoth, parlando di fondatori) hanno proseguito la loro carriera su strade diverse, eccezion fatta per la serie occasionale di show speciali che hanno tenuto dal 2005 fino ai giorni odierni, e oggi sono qua al Gefle Metal Festival per quello che (a detta di Ihsahn) sarà uno show veramente speciale.
L’intro del loro primo album, scritto nel 1994 (“In the Nightside Eclipse”) li scorta su un palco carico di musicisti e i nostri, accolti naturalmente da un boato, iniziano la loro performance che li vedrà suonare “Wordless Chamber” come primo brano di quella che sarà una scaletta piacevole.
Non si prova quella sensazione di oscurità che mi sarei aspettato, anzi la prima idea che mi viene in mente è che la resa scenica della band sia alquanto simile al progetto solista del leader norvegese. Detto questo, non ci si può però lamentare, i suoni sono perfetti e la maestria dei nostri sul palco è invidiabile. Ihsahn è senza ombra di dubbio al centro della scena e consapevole di questo dà del suo meglio, esibendosi in una performance eccellente, dove riesce a dare il meglio di sè sia nel reparto vocale che in quello chitarristico. Gli altri membri, Samoth compreso, sembrano invece rimanere più nell’ombra, a differenza del cantante norvegese che si muove costantemente cercando di coinvolgere anche i suoi colleghi, questi prediligono una postura alquanto statica e seriosa.
Durante le poche pause dello show, Ihsahn cerca di intrattenere il pubblico in qualche modo, colloquiando con i presenti in quello che sembra un misto tra norvegese e svedese ma finendo poi con il parlare in inglese. Il cantante sembra quasi divertito e spiritoso mentre si ritrova da solo a tu per tu con il pubblico. Verso circa metà dello show però, ecco la svolta che tutti aspettavano. “Ave Satani” spezza lo show e decreta un cambio di line up. Sul palco fanno la loro comparsa Mortiis e Faust, che si inseriscono immediatamente nel contesto e si uniscono alla band per dare il via alla cover dei Bathory “Call From The Grave”.
Il concerto da qui in poi si arricchisce di classici, da “Wrath Of The Tyrant” a “Inno A Satana”, dove Ihsahn chiama il pubblico a urlare insieme a lui il titolo del brano, fino all’immancabile “Black Wizards” che, con le sue melodie oscure, incanta i presenti ora intenti a cantare il testo del capolavoro tratto da “In the Nightside Eclipse”.
Arrivati a fine show posso solo dire che è stato un concerto mozzafiato e in particolare ho trovato eccellente la performance di Ihsahn che mi ha veramente sorpreso per la sua grande tecnica e precisione durante i brani, riuscendo inoltre a cambiare il suo tono vocale a seconda del contesto.
“I visit again the eternally ancient caves, before a mighty Emperor there upon came.”
MAYHEM
Doppietta di capostipidi del black metal stasera. Finito lo show degli Emperor mi dirigo infatti all’assai vicino FIRE stage per lo show dei Mayhem, senza ombra di dubbio la band black metal più conosciuta al mondo. Sul palcoscenico sono presenti due totem e un backdrop che per la maggior parte dello show sarà coperto dal ghiaccio secco e dal gioco di luci costante che seguirà ogni canzone. Il numero dei partecipanti è maggiore rispetto a quello presente durante la performance dei Marduk durante la sera prima. I nostri si presentano alla Svezia con “Falsified And Hated”, estratto del loro ultimo album “Daemon”; dei suoni tutt’altro che definiti e carichi di gain vengono sparati dalle casse a volumi elevati lasciando nell’aria quel senso di intontimento generale che ben si accosta ai giochi di luce aggressivi che attaccano il palco. Come già visto durante i concerti passati, i Mayhem proporranno una scaletta divisa in tre sezioni: la prima costruita dai lavori più recenti e “meno cult” della band, la seconda dedicata alla bestia anticristiana di “De Mysteriis Dom Sathanas” e la terza che vedrà “Deathcrush” dominare sullo stage con la sua aggressività ben poco misericordiosa.
Sebbene la lineup non sia (e per ovvie ragioni non sarà mai) quella tanto ambita che comprende Euronymous alla chitarra e Dead alla voce, i nostri, guidati da un sempre eminente Attila danno sul palco una chiara dimostrazione di come suonare black metal, e poco importa se i tempi sono cambiati, la malvagità intrinseca dei brani rimane.
“Voces Ab Alta”, singolo uscito nel 2021, chiude la prima parte di show; i Mayhem escono dallo stage per tornare poco dopo in vesti diverse, sullo stage sono infatti ora tutti incappucciati e pronti a eseguire “Freezing Moon”. “When it’s cold and when it’s dark, the freezing moon can obsess you”, inizia così l’esecuzione del famossimo brano che vede i tre strumenti a corda a centro palco avvolti da una spessa nube viola.
Poter ascoltare dal vivo questo brano è sempre un’emozione, così come lo è vedere dietro le pelli Hellhammer e Necrobutcher con il suo basso.
Il terzo atto vede ancora una volta i nostri in abiti diversi, i cappucci e i mantelli vengono rimossi in favore di comuni magliette o canotte (rigorosamente nere), ma sebbene l’abito sia cambiato, non cambia la proposta musicale violenta e spietata, dato che si riparte con “Deathcrush”, titletrack dell’Ep rosso sangue uscito nel 1983. Lo show dei Mayhem si conclude sulle note di “Pure Fucking Armageddon”; la band poi si ferma per qualche secondo in più sul palcoscenico per gettare verso il pubblico qualche scaletta sporca del sudore dei nostri, orgogliosi e consapevoli di aver fatto un grande show.
Anche la seconda giornata si conclude con una band black metal di grande rilievo, nelle mie orecchie ancora rimbombano i colpi mortali che hanno concluso la performance dei Mayhem e avviandomi verso la tenda sento ancora qualcuno che ripete goliardicamente la celebre frase cha ha aperto “Freezing Moon”.
L’aria è fredda ma non abbastanza da vietare un fine serata in compagnia di svedesi e birra, e mentre ci si rilassa, ci si accorge che il festival sta già per giungere alla sua conclusione.