Recensione: Future Ice-Age

I Synthphonia Suprema tagliano spediti il traguardo del secondo disco con “Future Ice-Age”, concentrato di power metal infarcito da arrangiamenti elettronici. Se alla base delle song c’è un canonico metal melodico e robusto di matrice teutonica, è l’uso delle tastiere a rappresentare la variazione sul tema introdotta dai nostri emiliani. Già i Labyrinth ai tempi di “No Limits” avevano provato con successo questa strada, ma i Synthphonia Suprema amplificano ulteriormente l’utilizzo di synth che siamo abituati ad ascoltare nelle canzoni dance/trance. “Dominatron” chiarisce subito le idee e ci introduce nel mondo plastificato e futuristico della band, terremotante nella sezione ritmica e trascinante nell’orecchiabile ritornello, mentre in “Iced Waterfalls” un caldo pianoforte si intreccia ai freddi inserti di keys. I brani si muovono su tempi veloci, alternando momenti speed a cavalcate telluriche, con intuizioni moderne nell’uso di loop e qua e là di filtri sulla voce. Ma i puristi del genere non si spaventino: il power dei Synthponia Suprema è assolutamente fruibile e, superato lo scoglio iniziale, non faticherete a canticchiare e memorizzare le canzoni di “Future Ice-Age”. I fan dei Dragonforce ameranno alla follia i Synthphonia Suprema, tutti gli altri possono cogliere l’occasione di inserire nella propria discografia un album moderno, non perfetto, ma assolutamente coraggioso.

Alessandro Battini

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E’ il sinfonico della compagnia. Dai Savatage ai Dimmu Borgir, passando per i Rhapsody, predilige tutto ciò che è arricchito da arrangiamenti sontuosi ed orchestrazioni boombastiche. Nato e cresciuto a pane e power degli anni ’90, si divide tra cronache calcistiche, come inviato del Corriere Dello Sport, qualità in azienda e la passione per la musica. Collezionista incallito di cd, dvd, fumetti, stivali, magliette dei concerti, exogini e cianfrusaglie di ogni tipo, trova anche il tempo per suonare in due band.

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