“Un’Ultima Volta con Passo Pesante.
Diario di un Ultimo tour” non era uno scherzo. Abbiamo sempre pensato che fare musica fosse un’urgenza interiore condivisa. Quello che volevamo dire con il progetto Folkstone lo abbiamo detto in questi intensi anni passati a condividere con voi la nostra musica ed il nostro modo di farla. O almeno ci abbiamo provato, mettendo noi stessi in toto. Ecco quindi che si chiude un cerchio, i Folkstone si sciolgono. Volge alla fine una stupenda e profonda storia di musica, volti, parole ed amicizia.
Non ci vogliamo dilungare troppo. Tra poco si riparte con l’ultimo tour, per concederci la preziosa opportunità di potervi salutare a dovere, come solo voi che ci avete sostenuto album dopo album, concerto dopo concerto, anno dopo anno, meritate. Lo dicono tutti, ma noi lo crediamo davvero, siete il miglior pubblico che un “artista” possa chiedere. Grazie a tutti/e, .ci vediamo per i saluti finali prima che il sipario cali per l’ultima volta.”
Il 5 ottobre, al Club Revolver di San Donà di Piave (Venezia) è la prima data (di nove, sette sparse sul suolo italico, una in Svizzera e la finale in Germania) del minitour di addio dei Fokstone. La folk metal band bergamasca si può amare oppure odiare con la stessa intensità, ma le va dato atto di aver creato dal niente un genere musicale che in Italia prima di loro semplicemente non c’era, e di averlo portato avanti con estreme passioni e coerenza, fino alla fine, ammettendo di aver dato e detto tutto quello che si poteva fare e dire, ringraziando un folto gruppo di fans fedelissimi che li hanno sostenuti sempre e comunque, in un panorama musicale sterile in cui la band ha ottenuto lodevoli risultati soltanto con il sudore dei concerti e con una manciata di rabbiosi inni che rimarranno, grazie alla rude poesia dei testi ed a quello intreccio speciale tra metal e cornamuse, flauti e arpe, sempre in mezzo alla tempesta, con la prua contro il nulla, sempre insieme, sempre avanti. Si potrebbero aggiungere mille diverse considerazioni, molti li ritengono sopravvalutati, troppo ripetitivi e ruvidi, altri che se fossero stati di nazionalità tedesca e avessero cantato in quell’idioma avrebbero venduto una marea di dischi, o che probabilmente se avessero scelto la lingua inglese per i loro testi forse sarebbe stata una scelta commerciale più redditizia.
E invece i Folkstone hanno fatto sempre di testa loro, guadagnando un ruolo unico nel panorama musicale e metal italiano. Oggi le considerazioni lasciano il tempo che trovano, e chi vi scrive per una volta sarà di parte: GRAZIE Folkstone per tutto, grazie una volta ancora.
Il clima nel club è incandescente e c’è il totale sold out, nessuna band di supporto e l’idea di festeggiare al massimo la band senza farsi prendere dalla tristezza dell’occasione. Sembra una normale attesa di un normale concerto della band, mentre si inganna il tempo con una birra e sentiamo le cornamuse al piano di sopra provare in attesa dell’inizio. Un ragazzo accanto a noi ci confessa che è giunto fin da Pesaro per questa occasione, ben tre ore e trenta di viaggio, ed una grande voglia di celebrare i Folkstone. Nessuno vuole dire addio, questa è la verità.
Alle 22.35 i ragazzi (e la ragazza, la sempre incandescente Roberta Rota) piombano sul piccolo palco, sono in otto e “Diario di Un Ultimo” apre le danze, senza troppe chiacchere e convenevoli. Lorenzo Marchesi sembra a tratti teso e la sua voce si scioglie pian piano, ringraziando il pubblico più volte ed emozionandosi senza paura e vergogna, regalando un buffetto affettuoso a tutti i suoi compagni di avventura. I classici non possono mancare, con “Nebbie”,“In Caduta Libera”, “Respiro Avido”, “Rocce Nere”, “Voci della Sera”, “Mercanti Anonimi”, “Prua Contro”, “Anime Dannate”, “Non Sarò Mai”, “In Taberna”, (recuperata dopo anni di assenza, semplicemente grandiosa) alternate alle recentissime “La Maggioranza”, “Astri”, “Elicriso” (un capolavoro, senza se e senza ma), per un viaggio sonoro lungo 28 canzoni e ben due ore e trenta di sangue, sudore, lacrime e grandi sorrisi. La fiducia reciproca è tutto per “Lore”, che si tuffa tra il pubblico e viene sostenuto senza cadere, mentre tutta la band incita i presenti a cantare e battere le mani, senza sosta, e così sarà fino all’una di notte, quando “Con Passo Pesante”si conclude la battaglia, con i Folkstone quasi spaesati sul palco, tra un inchino incerto e forse la voglia di non lasciare quel calore, che continua a bruciare intenso.
Tutto sembra finito, ma qualcuno torna indietro, la band confabula e si guarda intorno, mentre nessuno tra il pubblico ha smesso di incitarli e no, non se ne vanno, non vogliono andarsene, non ancora.
“Storia che ha inizio ma una fine non ha
Nato in un angolo di mondo io fui
Son figlio di luoghi e di giorni effimeri
Di volti e delle voci e dei profumi che le notti portavano a me”
“Omnia Fert Aetas” parte piano, quasi timida e cresce sempre di più, cantata da tutti a pieni polmoni, fino all’ultima nota. Un ideale sipario si chiude, sarà per sempre?
“Piangerò, riderò con il vino addosso
E sarò come te, con te accanto
E vivo con te nell’incanto che sarà per me il fuoco.
Viaggerò, scoprirò con il cuore addosso
Tu sarai come me, con me accanto
E vivi con me nell’incanto che sarà per te il fuoco.”
