Ci avreste mai creduto che un nuovo album dei Fear Factory, da sogno, sarebbe divenuto solida realtà? Ebbene, l’attesa di uno stuolo di (sempre meno) pazienti fan sta finalmente per essere ripagata: il 18 giugno vedrà finalmente la luce “Aggression Continuum”, decimo album in studio della band californiana.
La storia che ruota attorno alla realizzazione di questo disco, che arriva a ben sei anni dal suo predecessore “Genexus”, è tanto travagliata quanto ampiamente documentata, via social, dal gruppo stesso: cambi di line up, costose cause legali (non solo con ex membri, ma anche con ex mogli…), l’impossibilità di terminare le registrazioni a causa dei suddetti problemi finanziari, ed infine la richiesta ai propri aficionados di un sostegno economico tramite una campagna su Gofundme. Insomma, diciamo che le premesse non lasciavano presagire un risultato proprio esaltante.
A smentirci, però, ci pensa già il primo singolo estratto dal nuovo lavoro, “Disruptor”, rilasciato lo scorso aprile: una bordata di pura cattiveria che racchiude perfettamente lo spirito dei Fear Factory, costituito da riff incazzosi dal retrogusto industriale, violente raffiche di batteria, tastiere prepotenti e l’abituale alternanza di growl e cantato pulito di Burton C. Bell. Insomma, volendo immaginare un’ipotetica versione di Sarabanda in salsa metal, questo sarebbe il pezzo di cui, dopo poche battute, chiunque indovinerebbe gli autori.
E visto che lo abbiamo citato, specifichiamo che questo a quanto pare sarà l’ultimo disco in cui sentiremo la voce dello storico cantante della band, dopo un sodalizio trentennale. Burton C. Bell ha infatti definitivamente lasciato il gruppo per dedicarsi al progetto Ascension of the Watchers – per chi volesse approfondire le motivazioni, una rapida ricerca di Google vi riporterà le sue dichiarazioni a tal proposito. In sintesi, i Fear Factory oggi sono sono Dino Cazares alla chitarra (unico membro della formazione originale nonché proprietario del marchio e del nome della band), Tony Campos al basso e Mike Heller alla batteria.
Ma torniamo alla musica: come anticipato in precedenza, Aggression Continuum è un disco che non delude minimamente le aspettative. Esalta e fomenta già a partire dalla prima traccia, “Recode”, che parte con soft con un’intro parlata per poi esplodere in una micidiale mitragliata di batteria e un innesto di tastiere e suoni industriali. Ed è solo l’inizio di un crescendo che trova in “Fuel Injected Suicide Machine”, scelta come secondo singolo, il suo apice. La traccia, ispirata dall’apocalittico Mad Max del 1979, sottolinea ancora una volta l’abilità di questo gruppo nel creare atmosfere cupe e distopiche, accostandole a linee melodiche di pregio (non provate a dire che il ritornello non è accattivante!).
Si apre con un futuristico avviso di evacuazione “Collapse”, prima di trascinare l’ascoltatore in un groove lento e robotico, ma non meno martellante delle tracce che la precedono; segnaliamo anche la furiosa “Cognitive Dissonance”, un mix prodigioso di batteria e sintetizzatori EDM che vi farà venir voglia di sfasciare con una mazza tutto quello che vi circonda. “Monolith”, indicata inizialmente da Bell come title track, è la traccia più “commerciale” del disco, nonché quella che più strizza l’occhio alle sonorità di “Digimortal”, del 2001 – si scala una marcia a livello di potenza, ma si vince l’unico vero assolo di chitarra del disco. Con “End of Line” finisce la corsa, ed è un ultimo giro che si snoda piacevolmente fra la potenza canora di Bell ed i soliti buoni spunti melodici del gruppo.
Aggressivo, spietato, immediato ed efficiente: questi gli aggettivi con i quali descriveremmo “Aggression Continuum”: tutto è perfettamente incastonato al suo posto, eseguito con precisione chirurgica e riesce a suonare nuovo senza perdere quella abituale aria di familiarità. Con i Fear Factory il futuro non è mai cosa certa, ma per il momento, con questo ultimo lavoro, non sarà difficile mantenere vivo l’affetto del proprio fandom. E se quella di Burton C. Bell è stata davvero l’ultima apparizione con il gruppo, il suo canto del cigno merita solo applausi.