Faces Of Death Tour: Live Report del festival con Rivers Of Nihil, Fallujah e altri

Appuntamento imperdibile questo 13 novembre allo Slaughter Club di Milano, teatro dell’unica data italiana per il Faces of Death Tour, con protagonisti nomi di spicco della scena technical deathcore. Essendo domenica il traffico milanese è leggermente meno intenso del solito, il che mi consente di arrivare in anticipo e di godermi appieno tutte le band cominciando con l’unica band europea della serata: gli inglesi Harbinger.

HARBRINGER

Provengono da Londra, con un solo full-lenght all’attivo del 2019, ma contano già ben tre date in Italia, portano un death-core melodico molto standard e poco interessante. Si presentano sul palco puntuali ma, per delle piccole incomprensioni col fonico, iniziano a suonare leggermente in ritardo (nulla di preoccupante però). Si muovono bene e provano in tutti i modi ad attirare a sé i pochi presenti nel locale con risultati scarsi, un problema dovuto probabilmente sia alla poca fama che hanno raccolto qui da noi, sia da canzoni che hanno poco a che vedere con il resto del bill. Tolto questo, gli Harbringer suonano per meno di mezz’ora ma non trasmettono nulla di particolare; sicuramente accattivanti sul palco, ma la loro proposta è ormai superata.

INFERI

Il secondo gruppo invece sono gli Inferi, che insieme agli Harbinger, Fallujah e Rivers of Nihil hanno dovuto sostituire quella che fu la prima proposta di questo tour, con gli Archspire come headliner, che però hanno dovuto abbandonare la nave per problemi logistici.

Gli Inferi provengono dalla California e almeno in USA hanno raccolto tantissimi successi grazie ai loro album molto variegati e ben costruiti, ma soprattutto per le incredibili doti vocali del frontman Stevie Boiser, che però viene sostituito dal cantante dei Flub Michael Alzarez in quanto Stevie è diventato papà poche settimane prima del tour europeo. Ovviamente le differenze tra i due sono evidenti e non possono essere equiparabili, ma in ogni caso Alzarez ha eseguito un ottimo lavoro grazie anche al suo mood californiano (sale infatti sul palco con costume e camicia floreale). Oltre a questo, la band sul palco suona come un metronomo, in modo veramente super, con un impatto acustico che asfalta completamente la band di apertura. Le doti tecniche sono probabilmente l’elemento più appariscente della band, che ha saputo farsi amare anche oltre oceano, qui alla loro prima calata in suolo tricolore. Tutta la band si mette a disposizione sparandoci senza pause la loro scaletta che copre la mezz’ora messa a loro disposizione, composta da cinque brani, estratti da quattro album diversi. Troppo pochi per coloro che non ne hanno mai sentito parlare e per farsi un’idea del calibro della band. Il mio consiglio è quello di andarli a scoprire perché, nel movimento del deathcore contemporaneo, sono probabilmente una delle band più sottovalutate, ma meritevoli.

Setlist:

  • No Gods But Our Flesh
  • Maelstrom Prison
  • Eldritch Evolution
  • Behold The Bearer Of Light
  • Aeons Torn

ALLEGAEON

Cambio palco rapidissimo ed ecco che possiamo gustarci l’unica band rimasta fin dall’annuncio del tour: gli Allegaeon. Anche nel loro caso dobbiamo riscontrare qualche cambio di formazione; infatti alla voce ritroviamo Ezra Haynes, fondatore della band, che sostituisce Riley McShane dopo sette anni di attività, e non sarà l’ultima sorpresa di oggi.

Anche qui vale lo stesso discorso fatto poc’anzi con gli Inferi: le tonalità vocali dei due frontmen sono veramente diverse, ma comunque Ezra si cala in pieno nelle difficoltà proposte con l’ultima fatica “DAMNUM”, fra cori puliti e diversi cambi rapidi di voce. Partono a sorpresa con un brano del 2016, “Proponent For Sentience”, e proseguono in canna con “Vermin” e il singolo meglio riuscito dell’ultimo discom, ovvero “Into Embers”. Il risultato vocale di Ezra non dispiace, ma si distacca veramente tanto da Riley, togliendo tante sfaccettature alle canzoni a causa della diversità di voce. Se poi aggiungiamo che sul palco è assente anche il bassista Brandon Michaels, che però non è stato sostituito, possiamo immaginare come questo comporti altra perdita di suono e di compattezza al risultato finale dell’esibizione. Questi problemi hanno portato non pochi fastidi, però è sempre meglio rispetto a non assistere proprio a nessun concerto.

Gli Allegaeon concludono il set però con due brani portabandiera, con protagonista finalmente il nostro Haynes: la hit immensa chiamata “1.618” e la finale “Behold (God I Am)”. Le mie considerazioni sono che purtroppo non ho assistito al loro migliore concerto, ma che comunque sul piatto hanno portato un’esibizione ottima per quel che abbiamo visto. L’impegno comunque di portare a termine il tour con tutte le difficoltà fa molto onore, soprattutto per l’impegno nel risolvere i tanti problemi che si sono presentati poi e che sarebbero stati impossibili da sistemare in determinate situazioni.

Setlist:

  • Proponent For Sentience
  • Vermin
  • Into Embers
  • 1.618
  • Behold (God I Am)

FALLUJAH

Cosa ci è rimasto dei Fallujah? Un bel mucchio di niente”, inizierei questo report così mettendo nero su bianco il famosissimo meme. Li avevo visti moltissimi anni orsono e probabilmente con la line-up ufficiale, ora, come un serpente, hanno cambiato completamente pelle e troviamo tante facce nuove. Nuovo cantante, Kyle Schaefer, nuovo bassista, Evan Brewer, che però per questo tour viene sostituito da Kilian Duarte (il bassista degli Abiotic) e infine nuovo secondo chitarrista, Sam Mooradian. Riprendiamo fiato e a malincuore affermo che a questo punto si dovrebbe prendere una decisione seria rispetto a questa band, che ha sfornato capolavori della musica estrema, compreso l’ultimo “Empyrean”, ma che in queste condizioni si fa davvero fatica a trovare un senso alla loro continuazione. Kyle sul palco è evidentemente impacciato e non sa come gestirlo, non per colpa sua ma per via del fatto che è la sua prima vera esperienza in una band di un certo livello nell’ambiente. Fatica molto ad immergersi in questo mondo e penso che portarlo in un tour europeo di queste dimensioni non sia stata cosa saggia. Il resto della band storica vede in Andrew e Scott (rispettivamente batteria e chitarra solista) i capisaldi cercando di proseguire in un percorso che ritengo ostico e pieno di insidie.

Il live infatti è sembrato molto statico e quasi da band alle prime armi; questi nuovi Fallujah dovevano necessariamente avere più tempo per amalgamarsi tra di loro e dare una dimensione al tutto. Un vero peccato, in quanto ho ottimi ricordi dei live passati.

Setlist:

  • The Void Alone
  • Radiant Ascension
  • Embrace Oblivion
  • Into The Eventide
  • Amber Gaze
  • Eden’s Lament
  • Carved From Stone
  • Mindless Omnipotent Master

RIVERS OF NIHIL

Arriviamo dunque alla fine con i Rivers of Nihil, anche loro con qualche novità purtroppo: Jake Dieffenbach, storico frontman del gruppo, ha lasciato il progetto pochi mesi prima di questo tour. Una vera e propria ecatombe (il nome di questo “Faces Of Death” è quasi preso alla lettera), ma i Rivers non hanno mollato di un centimetro e hanno trasformato così l’attuale bassista Adam Biggs facendolo diventare anche cantante. La sua performance è davvero di ottimo livello e non fa quasi rimpiangere il buon vecchio Jake. L’ultima modifica che registriamo oggi è quella alla seconda chitarra, con l’uscita dal gruppo di Jon Totopore a favore del turnista Andy Thomas, ospite già in passato per i Rivers of Nihilis nella traccia “Where Owls Know My Name”.

Con questo marasma di nomi, cose e città possiamo finalmente iniziare il concerto degli americani, che vedranno la scaletta concentrata al 50% sull’ultimo e fenomenale album “The Work”, con brani come “Clean”, “Episode”, “Focus”, “MORE?” e “The Void From Which No Sound Escapes”. Il tutto gestito alla perfezione da Adam, calato perfettamente nelle vesti di nuovo cantante. I suoni sono ottimi e il locale è quasi pieno nonostante oggi a Milano si registrino concerti metal in tutti gli altri locali e con band molto più famose.

Tolto ciò, l’ora a disposizione dei Rivers fila liscia come l’olio, con ben poca interazione col pubblico per dare spazio alla musica, davvero pochi scambi e battute, se non per l’introduzione delle varie canzoni. Il pogo fino a questo momento non è stato molto vivo, e si continua sulla stessa filosofia anche durante questa esibizione, con qualche ultima fiammata qua e là nelle canzoni un po’ più spinte.

Il concerto si conclude con “Where Owls Know My Name”, che sancisce anche la fine della serata per la data in Italia del Faces of Death Tour. Speriamo di rivedere l’anno prossimo ancora lo stesso tour, ma magari con qualche cambiamento in meno tra band e musicisti.

Setlist:

  • The Void From Which No Sound Escapes
  • A Home
  • Sand Baptism
  • Focus
  • The Silent Life
  • Clean
  • MORE?
  • Episode
  • Where Owls Know My Name


Anno: 2022


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