Evergrey: Live report e foto delle date di Bologna e Retorbido

C’era davvero attesa per l’arrivo degli Evergrey in terra italiana dopo l’ultimo nato “The Atlantic”, ed i nostri non hanno risparmiato l’impegno proponendo ben 4 date. Siamo stati testimoni delle esibizioni live di Bologna e Retorbido (provincia di Pavia). Queste sono le nostre impressioni, parole ed immagini (almeno per quanto riguarda la data dell’Alchemica).

Buona lettura.

Crossing Eternity

Che dire dei Crossing Eternity? Onesti e determinati “mestieranti del metallo” (detto ovviamente con un profondissimo rispetto), chiamati per riscaldare una platea in constante crescita. Gabriel Nicholas alla voce e Manu Savu alla chitarra ci sanno fare, sono ben determinati nel portare avanti un robustissimo heavy metal, ma niente di più. Il quartetto è ben rodato, ma le canzoni non sono esplosive nonostante la grande passione dimostrata. “Ghost Of A Storm” e “Winter Poem”, sono discrete da disco e buone per presa live, ma nulla di più. Bravi, ma niente di indimenticabile.

Genus Ordinis Dei

Cambiamo decisamente mood con gli Italiani Genus Ordinis Dei. I lombardi si dimostrano convincenti ed ispirati. Il loro black/death (un po’ Dimmu Borgir, un po’ Behemoth e qualche scoria death made in USA) sono bravi e piacciono anche dal vivo.  Bene Nick dietro al microfono (e chitarra) costantemente impegnato nell’incitare un pubblico ed urlare con forza “You Die In Rome”, “Red Snake” ed “Hall Of Human Delights”. Buona anche la resa sonora, le trame dei nostri hanno dimostrato una buona forza anche in sede live.

A spiazzare – ma non troppo – la cover di “Hail And Kill” dei Manowar. Ripresa ovviamente seguendo al strada black/death ben intrapresa dai nostri.  Personalmente una bella scoperta.

Bloodred Hourglass 

Dalla Finlandia solcando il breve tratto di mare fino alla Svezia del “Suono di Göteborg”. Quindi death metal melodico, buone spirali ritmiche e tanto mestiere per 5 i ragazzi originari di Mikkeli. Molto precisa nell’esecuzione la band, ma il materiale proposto certo non brilla d’inventiva. Piacciono però per l’energia e per la presa sul pubblico. A comandare le danze il cantante Jarkko Koukonen che arringa i presenti (via via sempre più numerosi anche in vista degli headliner) sgranando un rosario composto da “Where The Sinners Crawl”, “Six Feet Saviour” e “Castle Ahstray”.  Tra meno di un mese (31 maggio) uscirà il nuovo “Godsend”, resta da capire quale strada imboccheranno i nostri.

Evergrey

Finalmente faccio “pace” con un live della band svedese. I fatti risalgono a quasi tre lustri fa (a.D. 2005), quando il quintetto di Tom Englund venne piazzato in apertura alle 10 di mattina di un Gods Of Metal bolognese. All’epoca si era giovani, imbranati con i trasporti e squattrinati e quindi viaggio della speranza con la cara vecchia Trenitalia. Nonostante l’arrivo in “quasi orario” mi ritrovai con uno show praticamente finito (una sola canzone sentita per intero) e una profonda sensazione di amarezza per aver perso una band che all’epoca consideravo semplicemente “interessante”.

Ma il tempo è galantuomo, risana le “ferite” ed anche le occasioni perse durante la costruzione di una carriera solida ed invidiabile. Da quel 2005 sono passati tanti anni, verissimo, ma solo nel 2019 si sono allineati stelle e pianeti permettendo di cicatrizzare una ferita mai del tutto guarita.

Si spengono le luci ed il quintetto inizia subito a picchiare con una determinazione feroce. Englund è decisamente in palla ed ispirato e le trame del nuovo “The Atlantic” trovano un respiro invidiabile nella scaletta dei nostri. Apertura d’obbligo con “A Silent Arc” e “Weightless” a dimostrazione che la potenza dei nostri non è mero artificio da studio. Piacciono poi in trame più complesse come in “Distance”, dove Englund ed Henrik Danhage dialogano all’interno di una delle canzoni più riuscite del set.

Un piccolo tuffo nel passato con “Leave It All Behind Us” e “My Allied Ocean” prima di “All I Have” cantata a squarciagola dal pubblico. Piccola pausa e poi rientro a mille all’ora con “The Grand Collapse”, accoppiata ad una “Recreation Day” da applausi. Quest’ultima unico vero recupero “storico” dalla discografia dei nostri, e personale cruccio del sottoscritto che avrebbe gradito più “classici”. Un piccolo dettaglio personale all’interno di un concerto davvero intenso. Chiusura con “King Of Errors” e tanti applausi per una band dalle nostre parti davvero apprezzata.

(Saverio Spadavecchia & Romina Pantanetti @ Alchemica Music Club)

È un sabato di Pasqua all’insegna del metal quello che abbiamo trascorso la settimana scorsa presso il sempre ricettivo Dagda Club, con una menzione particolare per la factotum Angela, persona sempre gentile ed entusiasta.

Per un personale ritardo dovuto ad impegni imprevisti non sono riuscito a vedere/sentire l’esibizione dei Crossing Eternity, dei quali non mi ha particolarmente colpito il recente “The Rising World” mentre entrando nel locale dell’Oltrepo Pavese sono stato subito investito dalla potenza dei Genus Ordinis Dei, band lombarda dedita ad un convincente death metal sinfonico con richiami a Dimmu Borgir ma anche ad alcuni numi tutelari dell’estremo come i Morbid Angel; da conoscitore superficiale della band mi è capitato di apprezzare l’ultimo album “Great Olden Dynasty”e dal vivo il simpatico Nick K e compagni hanno davvero riversato il trasporto necessario per uno show riuscito e professionale nonostante l’affluenza non numerosa di pubblico.

Purtroppo i pochi astanti, sicuramente arrivati sul posto per gli headliner, non hanno ricevuto in maniera infervorata i Bloodred Hourglass, che nonostante una buona professionalità on stage non hanno convinto in toto; i finlandesi che pubblicheranno a breve il loro quarto album a titolo “Godsend” sono chiaramente ispirati dalla scena di Göteborg ed in particolare sono innegabili i punti di contatto con gli In Flames anche nel tentativo di inserire elementi moderni all’interno di un death melodico invero monocorde e noioso.

Di tutt’altra fattura lo show degli Evergrey, che già avevamo trovato in uno splendido stato di forma un paio d’anni fa al Legend di Milano; valore aggiunto di questa esibizione è stato il fatto che il recente “The Atlantic” in promozione proprio in questo tour europeo è una delle uscite più convincenti di questo non esaltante 2019 (qualitativamente parlando); la formula è semplice fatta di riff portentosi e ritornelli catchy ma funziona dannatamente bene.

Il ricongiungimento con Henrik Danhage e Jonas Ekdahl di qualche anno addietro ha portato gli svedesi a vivere una seconda giovinezza artistica e lo dimostra il livello altissimo degli ultimi tre album da studio e l’inarrestabile attività live ai quali si sono sottoposti; a questo giro sono le splendide “A Silent Arc” e “Weightless” ad aprire le danze senza dimenticare i brani più convincenti in sede live del loro repertorio recente come “Passing Through”, “Leave It Behind Us” e una “My Allied Ocean” davvero in your face.

La band è davvero rodata con una menzione particolare proprio per Danhage alle parti soliste e il motore incessante di Ekdahl dietro al drumkit; ci è sembrato un filo giù di voce invece il leader Tom Englund che comunque ha sopperito con esperienza forte anche del suo ruolo di notevole chitarrista; sarei curioso di sapere cos’abbiano pensato dell’esibizione del loro illustre collega Fabio Lione e Andrea Ferro presenti tra il pubblico del Dagda.

Chiudono la setlist due gemme come “A Touch Of Blessing” e “King Of Errors” tra il tripudio generale e la conferma che ormai gli Evergrey siano una delle certezze del metal progressivo moderno e non solo.

Alberto Capettini (@Dagda Club)

Alberto Capettini

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Fan di rock pesante non esattamente di primo pelo, segue la scena sotto mentite spoglie (in realtà è un supereroe del sales department) dal lontano 1987; la quotidianità familiare e l’enogastronomia lo distraggono dalla sua dedizione quasi maniacale alla materia metal (dall’AOR al death). È uno dei “vecchi zii” della redazione ma l’entusiasmo rimane assolutamente immutato.

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