Eric Sardinas – Recensione: Midnight Junction

Nato in Florida nel 1970, Eric Sardinas è un virtuoso blues-rocker noto non solo per le proprie capacità artistiche ma anche, come riporta Wikipedia, “per la sua abitudine di dare fuoco allo strumento durante le sue esibizioni dal vivo, che nel 2000, durante uno spettacolo a Sydney, in Australia, gli ha causato un’ustione di terzo grado al polso sinistro”. Curriculum pirotecnico a parte, il musicista americano può in realtà vantare una produzione discografica rilevante che, con la pubblicazione di otto album in ventiquattro anni, ne testimonia la prolificità ed un estro creativo rimasto vivo nel tempo. L’ultimo tassello di questa carriera è “Midnight Junction”, disco pubblicato da un’etichetta con artisti di un certo qual peso a catalogo (Alice Cooper, Blackmore’s Night, Deep Purple, Extreme, Foreigner, Joe Satriani…) e realizzato con una formazione che comprende al suo interno Chris Frazier (Whitesnake, Foreigner) alla batteria, Koko Powell (Lenny Kravitz, Sheila E) al basso e David Schulz (The Goo Goo Dolls, Bo Diddley) alle tastiere. Disponibile anche in vinile e generosamente spalmato su tredici tracce, l’album si apre con una traccia che più blues non si potrebbe: dalla ritmica ai cori, dall’attitudine dello stesso Sardinas alla voce all’atmosfera fumosa evocata dall’insieme, “Long Shot” è esattamente il tipo di brano che ci aspetterebbe leggendo la storia di questo artista e soffermandosi sulla copertina ruvida del suo ultimo lavoro.

Autenticità e consistenza, qualche dotto masterchef potrebbe anche parlare di texture, sono quindi le caratteristiche che si apprezzano con maggiore immediatezza quando si decide di passare quest’oretta con Sardinas, che con il suo spirito ammiccante e divertito (“Tonight”) sembra donarci musica e soprattutto compagnia. Come in quei programmi chiamati an evening with, nei quali la personalità dell’ospite è il richiamo maggiore, il modo in cui “Midnight Junction” sa accoglierti e metterti a tuo agio è il primo punto a favore, senza farti pesare i tecnicismi né ostentare la qualità della sua produzione. Qui si sente l’odore delle assi di legno e delle gocce di whisky rovesciato, si immaginano gli applausi del pubblico alla fine di ogni brano anche se in realtà non ci sono, si segue una canzone semplice come “Said And Done” con un battito di mani che diventa naturalmente simbolo di trasporto e complicità. E si seguono le evoluzioni di questo chitarrista (“Miracle Mile”) che, con l’eleganza del proprio tocco southern, la chitarra – ed in particolare quella resofonica creata per gli arpeggi veloci – riesce ad incendiarla anche senza ricorrere al fuoco.

Con la stessa trasparenza con la quale si esaltano le doti di questo piccolo grande disco, bisogna anche dire che esso rappresenta un prodotto destinato soprattutto agli appassionati del blues nella sua veste tradizionale, perché – se si escludono un paio di episodi dall’impatto leggermente più massiccio (come una “Planks Of Pine” alla Days Of The New o una “Laundromat” in puro e trascinante stile rock’n’roll) – Sardinas non si discosta mai dalle sonorità che gli sono da tanti anni care. Il rock insomma è più nell’attitudine che tra i solchi e, statene certi, ai rari episodi meno ortodossi seguono sempre canzoni fatte apposta per smorzare l’entusiasmo del lettore irriducibile, che un po’ di metal vorrebbe sentirlo ovunque. Ma quando il tutto suona così straordinariamente fisico e reale, è impossibile parlare di un more of the same, perché la fisicità gospel di “Muddy Water” o la coralità vibrante di “White Lightnin’” si insinuano sottopelle al punto che averne abbastanza e stancarsi del contatto, della carezza, non è – almeno da vivi – nemmeno immaginabile.

Midnight Junction” è, senza mezzi termini, un bel disco, perché offre ciò che promette, perché descrive il talento del suo autore con un’onestà che conquista, perché possiede il potere di trasportarci in quel profondo sud degli Stati Uniti terra di conquiste e di bluesman che forse ad alcuni di noi dicono meno, ma in ogni caso rappresentano un pezzo importante di quella musica che il metal ha contribuito a crearlo. Traboccanti di chitarra, armonica ed atmosfera (“Swamp Cooler”), questi tredici brani ci portano in un’America più lenta e rilassata, orgogliosa delle proprie conquiste e forte di un senso di appartenenza che Sardinas e la sua band esaltano come sanno fare gli artisti migliori. Con una pennata decisa o un cantato sofferto, con l’unione potente di un coro e la caparbietà di un giro di basso ribelle, ma senza il bisogno di descriverlo né la presunzione di insegnarlo.

Etichetta: earMUSIC

Anno: 2023

Tracklist: 01. Long Shot 02. Tonight 03. Said And Done 04. Planks Of Pine 05. Julep 06. Swamp Cooler 07. Miracle Mile 08. Laundromat 09. Muddy Water 10. Lock And Key 11. White Lightnin’ 12. Liquor Store 13. Emilia
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Marco Soprani

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Folgorato in tenera età dalle note ruvide di Rock'n'Roll dei Motorhead (1987), Marco ama fare & imparare: batterista/compositore di incompresa grandezza ed efficace comunicatore, ha venduto case, lavorato in un sindacato, scritto dialoghi per una skill di cucina e preso una laurea. Sfuggente ed allo stesso tempo bisognoso di attenzioni come certi gatti, è un romagnolo-aspirante-scandinavo appassionato di storytelling, efficienza ed interfacce, assai determinato a non decidere mai - nemmeno se privato delle sue collezioni di videogiochi e cuffie HiFi - cosa farà da grande.

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