Entombed: Live Report della data di Treviso

Serata all’insegna della Svezia più selvaggia al New Age di Treviso. Stasera, infatti, il palco ospita tre formazioni apparentemente diverse dal lato stilistico, ma assolutamente uguali se andiamo più a fondo e ci soffermiamo su ciò che viene comunemente definito "amore per il rock’n’roll". Spostiamoci tutti e diamo spazio a Disfear, Nine e ai signori Entombed.

Aprono dunque i Disfear capitanati da Tomas Lindberg – personaggio già noto nell’ambiente svedese per il suo passato con At The Gates e The Crown – il quale appare come un guru della generazione attitudinalmente "pesante", quella stessa generazione che proviene dal punk/hardcore ma che per tanti anni ha strizzato l’occhio al thrash e al death. La band sul palco appare sicura e molto capace dal punto di vista tecnico, un ottimo lavoro in fase di soundcheck è complice di una performance degna di interesse caratterizzata da un muro sonoro praticamente devastante. Fra sudore, litri di birra e cafonerie assortite i nostri ci schiaffeggiano con brani provenienti da album precedenti puntando molto di più sugli episodi della loro ultima fatica intitolata ‘Misanthropic Generation’ (Relapse Record). Quello dei Disfear è uno show che si mantiene su buoni livelli dall’inizio alla fine e il pubblico sembra apprezzare.

Avevamo già recentemente trattato dei Nine, in occasione dell’uscita di ‘Killing Angels’ (Burning Heart Record) e ora la conferma è arrivata: la band appare fresca, convincente e sa badare al fatto proprio anche dal vivo. I brani di ‘Lights Out’ (pubblicato nel 2001) come ‘I’, ‘Time Has Come’, ‘Anaemic’ e la rockeggiante ‘…And The Wolves Want More’ vengono eseguiti con la stessa spinta adrenalinica delle nuove ‘Euthanasia’, ‘Watching The Train Go By’ e ‘Inferno’, tanto per fare un esempio. I suoni sono azzeccati anche per loro, tutto appare lineare e tondeggiante, tutto prosegue nel migliore dei modi, il palco si tramuta in un simpatico inferno con quattro diavoletti sopra che sparano rapide pallottole sonore senza mai sbagliare mira. Teniamoli sott’occhio.

Arriva il momento che, probabilmente, il pubblico attendeva con maggiore curiosità ed entusiasmo: gli Entombed si presentano a mezzanotte sul palco ma durante i primi brani alcuni problemi tecnici – risolti all’istante – sono causa di fischi al microfono. Nessun timore, subito dopo L.G. Petrov e soci tornano fedeli al suono che li ha differenziati da tutto il resto e che li ha elevati ad entità suprema/estrema di riferimento per gran parte della scena "nordica". Fra un headbanging e l’altro scorrono via brani tratti da ‘Inferno’, ‘Left Hand Path’, ‘Clandestine’ tutti eseguiti con una professionalità da primi della lista. Il loro death’n’roll macchiato di punk alla vecchia maniera fa felici i fan che rispondono alle incitazioni provenienti dal gruppo: sembra davvero di trovarsi nel più grezzo angolo di un luogo maledetto da qualche divinità dove le regole vengono dettate dalla sporcizia sonora di un basso spesso distorto e dalla singolare voce del frontman. Ancora una volta gli Entombed si rivelano una certezza, una realtà musicale unica, un esempio di come sia possibile mantenere un’identità solida e ben delineata senza uscire dagli affascinanti schemi dell’underground.

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