One man band partorita dal basco Eöl, gli Elffor vanno considerati in tutto e per tutto come una band storica, in quanto presenti sulla scena ben dal lontano 1995 con ben 17 releases (!) all’attivo. Capace, pur con risultati alterni, di ideare un black metal che mai ha tradito le aspettative tipiche di un certo symphonic black metal, a tratti paganeggiante e dal sapore novantiano, nel quale amalgamare felicemente le anime sonore di vecchie glorie come Emperor, Summoning, Graveland, Falkenbach, primissimi Dimmu Borgir e Wongraven (storico progetto ambient di Satyr dei Satyricon datato 1995), gli elfi oscuri muniti di borchie, corna da divinità boschive celtiche e cotte di maglia hanno saputo subito ritagliarsi una nicchia nel mondo black dark – fantasy.
Dotati di un bagaglio culturale assai particolare, vista l’origine basca che il frontman e tastierista Ëol da sempre vanta in storica contrapposizione con il regime oppressivo attuato dalla Spagna, che, ricordiamolo, diede il consenso ai tedeschi per il bombardamento di Guernica, per chi non li conoscesse gli Elffor si sono saputi distinguere negli anni con punte di eccellenza: spaziando con la memoria è impossibile non citare il black ambient sognante di “Heriotz Sustraiak” del 2012 e il bellicoso ed etereo “Malkhedant” del 2016.
Ciononostante, da quando la Northern Production, stampata parte della loro discografia più di dodici anni or sono li lasciò al loro destino, gli Elffor vivono ai margini del mondo musicale estremo . Ecco perché, a torto o a ragione, la maggior parte dei loro lavori è autoprodotta. A torto, perché hanno saputo sfornare capolavori in grado, anche in presenza di influssi folk locali (cornamuse) e aperture tastieristiche veramente notevoli, di dare un’interpretazione black particolarmente epica a concepts mistici ispirati alla terra d’origine. A ragione perché, come del resto tante altre band, la loro produzione è stata segnata da una profonda e derivativa discontinuità. Il nuovo corso che dapprima ha visto “Dra-Sad III” (2019), seguito a ruota libera da “Unholy Thrones of Doom” (2020) e dal più recente “Condemned to Wander” (2021) trova una band adagiata peraltro immotivatamente, su platter lunghissimi dai brani della lunghezza minima di 10 minuti ,dove il talento torna a percepirsi in modo latente, ma anche represso.
Tesi a dilatare tempi e atmosfere, su “Condemned to Wander” (2021), pur suonando bene gli Elffor, divenuti incapaci di stupire, tanto che non cambiano mai mai ritmo, né sentono la necessità di doverlo fare: fra chitarre ronzanti, tastiere invadenti e batteria sparata dall’inizio alla fine, definirli monolitici è fin troppo poco Premesso che la vena “ripetitiva” e rituale rappresenta un mantra tipico di un certo black metal, personalmente apprezzatissimo, va anche detto che a tutto c’è un limite, limite, in questa sede, ampiamente oltrepassato. Se però ci sentiamo per correttezza di confrontare “Condemned to Wander” degli Elffor con lavori come l’altrettanto recente “Rotten Garden” dei russi Grima o ancora meglio, con gli ultimi due lavori degli osannatissimi inglesi Wynterfilleth, che rispettivamente con “The Hallowing of Heirdom” (2018) e “The Reckoning Dawn” (2020) si sono dimostrati ugualmente, anzi ancora più soporiferi, allora questo nuovo CD degli Elffor, peraltro ottimamente registrato e per nulla dotato di brani pessimi potrà certamente rivelarsi fresco e intenso, a molti ascoltatori di differente opinione.
Etichetta: Autoprodotto Anno: 2021 Tracklist: 01..Over Emerald Frost 02..The Burial Mound 03. Old Icy Tomb 04. Hlighre Sito Web: http://elffor.com/ |