Recensione: Sovran

Gli svedesi Draconian, classe 1994, sono insieme ai più noti Lake Of Tears tra i principali esponenti del panorama gothic/doom metal in madrepatria. Originatisi circa un lustro dopo i padri britannici (Paradise Lost, Anathema, My Dying Bride, riconoscibili tra le pieghe del disco), i Draconian sono stati protagonisti di un percorso evolutivo simile e parallelo che li ha portati dagli esordi dal taglio death metal ai lidi di un gothic/doom poetico e affascinante che punta in modo deciso sul romanticismo senza incappare nella trappola della ruffianeria.

Il 2015 rappresenta un anno zero per i nostri, perchè dopo l’abbandono della vocalist Lisa Johansson (con loro dal 2002) dotata di un timbro caratteristico e ormai un trademark per la band, sarebbe stato complesso sostituirla. Il gruppo sceglie Heike Langhans (che milita nel progetto electro/dark dei :LOR3L3I:), il cui tono cristallino si rivela assolutamente adatto al contesto. “Sovran” non introduce novità di rilievo al sound dei Draconian, ma è una piacevole conferma di come il gruppo , senza rivoluzonare i dettami del genere, riesca a infilare melodie sognanti, cariche di torpore e tutte orientate al riscontro emozionale.

“Heavy Lies The Crown” è un brano che risponde ai canoni più classici del doom/goth, una sorta di lacrimevole litania à la My Dying Bride dove a vincere è l’introspezione, con la brava Heike subito sugli scudi mentre la band irrora il tutto di plumbee melodie. Le tastiere di Anders Jacobsson incontrano le chitarre dell’asse Ericson/Arvidsson, spesso autori di assoli coinvolgenti e immediatamente fuibili. Non sono molte le variazioni, solo ottimi esempi di genere che arrivano sottopelle senza indugiare in esercizi di stile. “Pale Tortured Blue”, “Stellar Tombs”, “Rivers Between Us” (in collaborazione con il vocalist  Daniel Änghede, dai post rockers inglesi Crippled Black Phoenix) e ancora “The Marriage Of Attaris”, sono episodi semplicemente belli e drammatici.

Davvero bravi i Draconian, autori di un platter che ormai elude il fattore sorpresa, ma solido esempio del valore artisitco e della credibilità dell’ensemble svedese.

Andrea Sacchi

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Poser di professione, è in realtà un darkettone che nel tempo libero ascolta black metal, doom e gothic, i generi che recensisce su Metallus. Non essendo molto trve, adora ballare la new wave e andare al mare. Ha un debole per la piadina crudo e squacquerone, è rimasto fermo ai 16-bit e preferisce di gran lunga il vinile al digitale.

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