Dirty Honey: Live Report della data di Milano

Dopo la data bolognese dell’anno scorso (qua il relativo live report) tornano in Italia, ai Magazzini Generali di Milano, gli hard rockers californiani Dirty Honey come headliner. Il locale, cambiato rispetto al più piccolo Legend, per la grandissima richiesta, era in effetti pieno di gente e forse addirittura leggermente sottodimensionato rispetto all’afflusso, segnale che fa ben sperare per il futuro della band e forse anche di un certo genere musicale.

In apertura gli inglesi The Wild Things, band capitanata dalla cantante e chitarrista Sydney Rae White (anche attrice) e prodotti addirittura da Pete Townsend. Autori di un rock un po’ indie, un po’ post grunge, un po’ a tinte moderne senza infamia ne lode, hanno eseguito la loro quarantina di minuti a disposizione senza sedimentare un granché. L’unico rammarico è la considerazione che nel nostro paese ci sarebbero decine di band di caratura clamorosamente superiore che avrebbero potuto prendere il loro posto nella circostanza con ben maggiore coerenza musicale rispetto agli headliner, ma ovviamente i gruppi spalla dipendono da questioni contrattuali ed è andata così. Pazienza.

In questa data milanese i Dirty Honey hanno dato delle conferme, con anche qualcosa in più. Che siano una delle nuove giovani band più interessanti e valide dell’attuale panorama hard – classic rock è un dato di fatto, ma qua hanno dimostrato di avere veramente una marcia in più. Rispetto alla data bolognese dell’anno scorso infatti i ragazzi di Los Angeles hanno suonato in modo ancora più convinto e consapevole, da veri headliner del tutto padroni della situazione.

Con un repertorio tratto dalle loro due uscite discografiche (unite l’anno scorso in un doppio cd) hanno pienamente convinto il pubblico presente con un concentrato di energia, sound perfetto e singole capacità, sempre a servizio della band e dei brani, come l’iniziale assalto di “Gypsy” o in brani più cadenzati (Heartbreaker) e nelle ballate, come “Another Last Time”, cantata a squarciagola da tutto il pubblico. C’è anche stato lo spazio per un paio di cover, “Last Child”, capolavoro degli Aerosmith anni ‘70 e una versione hard rock di “Let’s Go Crazy” di Prince. Le inedite “Ride On” e “Make Up Your Mind” sono ottimi brani che fanno ben sperare per le prossime uscite discografiche della band. La zeppeliniana “When I’m Gone” ha chiuso il set, prima dell’acclamato bis affidato a “Rolling 7s”.

Marc La Belle si è confermato un cantante di razza, con padronanza vocale e del palco, John Notto una sorta di Jimmy Page al testosterone, con tanto di citazioni hendrixiane all’occorrenza, il bassista Justin Smolian e il nuovo batterista Jaydon Bean una sezione ritmica potente e dinamica, con il giusto spazio anche per i loro momenti solisti.

In definitiva un grande concerto da parte di una band carica al massimo, sulla soglia di fare l’auspicato salto di qualità a livello di successo commerciale, che si spera, dal momento che arriverà, non snaturi l’essenza dei Dirty Honey con suoni e approcci “modernizzati” a causa di qualche produttore o major che li vuole più “adeguati ai tempi”. Loro vanno benissimo così come sono, in perfetto equilibrio fra passato e attualità, capaci di riempire un locale di media grandezza in un qualsiasi martedì italiano, e richiamando un pubblico di tutte le età, dai vecchi rocker ingrigiti (come chi vi scrive) ai più giovani, finalmente contenti di non dover ascoltare questa musica solo dai settantenni. Li riteniamo un patrimonio da coltivare e sostenere, la dimostrazione che il classico hard rock intrecciato col blues e il southern ha ancora tantissimo da dire, risultando ancora fresco e godibile, se approcciato come fanno loro, senza peraltro look e atteggiamenti ridicoli o scimmiottamenti che rasentano la clonazione del passato. Averli visti in una fase in cui hanno le energie e le motivazioni per spaccare il mondo è stata un’opportunità da ricordare, e l’affluenza e il riscontro del pubblico, come dicevamo, di tutte le età, fa ben sperare. Per una volta tanto, e senza ironia, possiamo finalmente dire con convinzione “largo ai giovani”. Questa volta i presupposti ci sono tutti.

Setlist:

1. Gypsy

2. Break You

3. Heartbreaker

4. The Wire

5. Scars

6. Tier Up

7. Last Child

8. No Warning

9. Down The Road

10. Ride On

11. Let’s Go Crazy

12. Make Up Your Mind

13. California Dreamin’

14. Another Last Time

15. When I’m Gone

16. Rolling 7s

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